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Omelia del Ministro generale alla Celebrazione di “apertura del Perdono” 01 Ago 2018

Avvicinateci e saziatevi: il perdono crei ponti, non barriere

Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti (Sir 24, 19)

Carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi doni la sua pace!

Ogni anno abbiamo la grazia di stare insieme per celebrare il dono del Perdono in questa città che ormai è diventata un simbolo del dialogo, la riconciliazione e la pace; un simbolo di cui fate parte anche voi che vi abitate. Rendiamo grazie al Signore per questo.

Permettetemi di focalizzare questo breve pensiero guardando il contenuto della prima lettura tratta dal libro del Siracide, poiché essendo qui, in un santuario della preghiera e la contemplazione, considero che queste parole ci possano offrire elementi importanti nella celebrazione di questa importante ricorrenza.

La Sapienza viene personificata tramite una figura femminile che dice: “Sono uscita dalla bocca dell’Altissimo, e ho posto la mia dimora lassù”. Con queste parole si ribadisce la preesistenza e coabitazione della Sapienza con il Dio creatore. Inoltre, racconta che il creatore le diede l’ordine di “piantare la tenda in Giacobbe” (Sir 24,8). Una immagine che raffigura lo spostamento della Sapienza da una realtà celeste ad una terrestre, simile a ciò che viene narrato nel prologo del vangelo di Giovanni quando dice: “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Gli ebrei adoperano la parola “shekinà”, che significa “presenza”, per far riferimento alla tenda che contiene l’arca dell’Alleanza, e che avverte la presenza di Dio mentre accompagna il popolo pellegrino nel deserto.

Per il giudaismo osservante la Sapienza certamente è identificata con la legge, per noi cristiani, e oserei dire per noi, seguaci di Gesù alla maniera di Francesco e Chiara, significa un qualcosa molto più grande. La Sapienza è la stessa persona di Gesù che ci viene incontro con il profondo desiderio di abitare in mezzo a noi, ed essendo uno di noi, vuole aprirci le porte del paradiso poiché - come dice il Vangelo - “il Signore Dio gli darà il trono di Davide e regnerà per sempre… in un regno che non avrà mai fine” (Cf. Lc 1, 32-33).

Il testo del Siracide conclude poi con un appello a tutti quanti: “Avvicinatevi a me, saziatevi dei miei frutti”. Questa frase inevitabilmente fa pensare a lo sconvolgimento che provo quando vedo il modo in cui nel mondo, e particolarmente in Europa e gli USA, le politiche migratorie diventano sempre più escludenti e chiuse. Le immagini che negli ultimi giorni abbiamo visto nelle coste libiche fanno comprendere quanto insensibile possa diventare il cuore nei confronti del dolore altrui. Mi ha proprio sconvolto, lo scorso 17 luglio, vedere quella donna, Josefa, di origine camerunense, “aggrappata al gommone sgonfio, con gli occhi sgranati dalla paura, mentre al suo fianco una donna” (Corriere della Sera, 10/07-2018, p.9) e il suo bambino erano ormai privi di vita e appoggiati a quello che restava del gommone, e come questi tanti altri episodi si consumano nei nostri mari.

Proprio per questo, la Parola di Dio oggi ci vuole incoraggiare a combattere quella cultura di esclusione e distanziamento che sembra imbattibile. Il Signore stesso dice, “avvicinatevi” e “saziatevi”. Questi due verbi sono un appello che contrasta con la mentalità egoista di chi sta bene e non vuole essere disturbato. Sono parole che ci spingono, come direbbe papa Francesco, ad aprirci a un incontro personale, che contempla un tempo adeguato per accogliere, conoscere e riconoscere l’altro. (SS. Francesco, Omelia, giornata mondiale del migrante e del rifugiato, 2018). Carissimi, viviamo questa festa del perdono con la consapevolezza che Dio vuole fare la sua dimora in mezzo a noi e che oggi si identifica particolarmente con lo straniero accolto o il rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43).

Preghiamo per tutti loro!



Dialogo Michael Perry Ministro generale Omelia Perdono di Assisi Solidarietà

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