LETTURE: 2Re 4,42-44 • Sal 144 • Ef 4,1-6 • Gv 6,1-15
La scena della moltiplicazione dei pani la liturgia di questa domenica; fatto che anche i cristiani meno assidui alla pratica religiosa conoscono fin dai tempi del catechismo. Tutti e quattro gli evangelisti la narrano con abbondanza di particolari, ognuno secondo la tradizione ricevuta, il proprio orientamento letterario e le rispettive sottolineature catechetiche. Giovanni è certamente il più ricco di risonanze bibliche. Per questo la liturgia oggi lo ha scelto, lasciando in disparte, per qualche domenica, il vangelo secondo Marco.
La prima lettura fa un po’ da ouverture: narra del profeta Eliseo, che ordinò all’uomo, che gli aveva portato in dono venti pani di orzo novello, di distribuirli fra un centinaio di circostanti. A nulla valse l’obiezione che non sarebbero bastati. Prefigurando, nel piccolo, quanto avrebbe fatto Gesù otto secoli più tardi, ce ne fu in abbondanza per tutti. Abbiamo dunque una ricca catechesi sulla potenza di Dio, e sulla generosa condivisione tra gli uomini.
Il vangelo secondo Giovanni, come si è detto, è ricco di risonanze bibliche, che non siamo abituati a percepire, perché spesso leggiamo con orecchio superficiale. Chi ascolta con attenzione il brano odierno, non ha difficoltà a scorgere sullo sfondo, come in filigrana, le tracce dei fatti narrati nel libro dell’Esodo. Al centro di tutto c’è quel pane gratuitamente mangiato dai cinquemila, che richiama la manna, con cui Dio nutrì gratuitamente, per quaranta anni, il suo popolo durante la lunga marcia verso la Terra Promessa.
Il racconto comincia dicendo che “Gesù passò all’altra riva del Mare di Galilea”; a somiglianza della traversata del Mare dei Giunchi, che portò il popolo dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà del deserto(Es.14). Si aggiunge che una “grande folla lo seguiva”, simile a quella che anticamente seguiva Mosè nel deserto. Poi è scritto che “Gesù salì sul monte”, come Mosè che salì sul monte Sinai, dove riceverà la Legge. L’accenno alla vicina “Pasqua dei Giudei”, intende collegare l’antica Pasqua ebraica alla nuova realtà cristiana, dove si mangerà un pane “che non si corrompe”, il pane eucaristico, preludio del futuro banchetto nel Regno dei Cieli.
All’interno di questo scenario, l’azione ha inizio con una catechesi di Gesù agli apostoli. Per prima cosa provoca Filippo: come faremo a dar da mangiare a tutta questa gente? Filippo risponde in termini mercatili: duecento denari sarebbero ancora insufficienti. Andrea va un pochino più avanti, accennando un timidamente alla possibilità di una condivisione; ma si riprende subito, pensando di aver detto una banalità: ci sono disponibili cinque pani e due pasci; roba da ridere…per tanta gente. L’evangelista del resto ci aveva già prevenuto, avvertendoci che Gesù sapeva quello che stava per fare. I due apostoli e i loro compagni fra poco sperimenteranno che l’opera di Dio va ben oltre i loro schemi mentali.
Gesù verrà personalmente incontro alla fame della folla; come a significare che Dio ha cura anche dei nostri problemi materiali, del mangiare, del vestire, della necessità di riposare, del banchettare in comune. Ordinerà di far sedere tutti sull’erba. Non dovrà essere come quando si fa la fila per la distribuzione del rancio, che poi ognuno sbocconcella come può, ma sarà un banchetto in piena regola. L’abbondante erba del posto allude ai “ricchi pascoli”, di cui parla il salmo (Sl .23). L’evangelista Luca precisa che sedettero ordinatamente, a gruppi di cento e di cinquanta (Lc.9,14). E gli apostoli facevano i camerieri. Gesù compie gli stessi gesti e dice le stesse parole, dell’Ultima Cena, quando istituirà il sacramento dell’Eucarestia: prese i pani, rese grazie a Dio, li diede a quelli che erano seduti. Si aggiunge: “quanti ne volevano”. La manna, che i loro padri avevano mangiato nel deserto, era misurata. Dice il libro dell’Esodo: un omer a testa (Es.16,16). Loro mangiarono pane e pesce a sazietà, senza risparmio. Ma anche senza sprechi. A fine pasto, Gesù ordinerà infatti di raccogliere gli avanzi “perché nulla vada perduto”. L’evangelista precisa che ne avanzarono “dodici canestri”. Nel mondo della Bibbia, il numero dodici ha sempre un significato pregnante: dodici sono le tribù in cui è suddiviso il popolo d’Israele. Un canestro per ciascuna tribù. Vale a dire che Dio ha pensato anche a tutti quelli che non erano lì quella sera, perché la salvezza è per tutti. Il racconto si conclude con l’entusiasmo della gente, che pensa di avere trovato finalmente un capo che gli risolverà magicamente qualsiasi problema economico. Gesù non ci casca e sparisce. Non avevano capito niente di quello che era realmente accaduto. Glielo rimprovererà il giorno dopo a Cafarnao, come sentiremo nelle prossime domeniche.
Anno B Bruno Pennacchini Commento alla Parola Riflessione XVII Domenica del T.O.
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