Sabato 13 luglio nella Chiesa parrocchiale di Sant'Antonio di Quartu Sant'Elena si è celebrata la liturgia delle esequie di Fr. Pasquale Dettori, della Provincia dei Frati minori di Umbria-Sardegna. Il Ministro provinciale, Fr. Francesco Piloni (essendo imposibilitato ad essere presente per un altro impegno in agenda), ha incaricato Fr. Priamo Etzi, Guardiano della Fraternità dell'infermeria dove risiedeva Fr. Pasquale al momento della morte, a presiedere il funerale.
Nato a Bonorva (SS) il 25 febbraio 1942, dopo il Noviziato alla Verna emise la Prima professione nel 1960. Seguì gli studi teologici a Bologna per fare la Professione solenne nel 1966 e ricevere l'Ordinazione Presbiterale a Bologna il 22 marzo 1969. Svolse numerosi incarichi tra i quali: Parroco della Parrocchia Stella Maris ad Arbatax (1981-1988); Guardiano del Convento S. Mauro di Cagliari (1990-1993); Guardiano del Convento S. Lucia a S. Gavino Monreale (1993-2000); Parroco della Parrocchia Madonna delle Grazie a Sassari (2006-2009): Penitenziere e Santuarista a S. Pietro in Silki a Sassari fino al 2011. Dal 2011 al giorno della sua morte (11 luglio 2024), è vissuto all’Infermeria del Convento S. Antonio in Quartu S. Elena.
Dopo la licenza in Sacra Liturgia all’Anselmianum di Roma fu, tra l'altro, Direttore Ufficio liturgico diocesano a Lanusei; Presidente Commissione liturgica regionale; Membro della Commissione preparatoria del Concilio sardo e della Commissione liturgica interfrancescana; Docente all’Istituto Scienze Religioso di Sassari; Docente di Liturgia presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna negli anni 1976 al 1991 e quindi a Cagliari negli anni 1991-'93.
Di seguito alcuni stralci dell'Omelia pronunciata da Fr. Priamo Etzi. "Oggi il Signore, pur ponendoci una volta di più davanti al mistero doloroso della morte, ci invita tuttavia ad annunciare la Vita, quella vera e senza fine che Egli ci ha conquistando assumendo “la carne della nostra fragile umanità” e portando sulla croce il nostro morire, per ridonarcela eterna con la sua risurrezione. E’ dunque la Pasqua di Gesù Cristo quella che celebriamo e proclamiamo nel giorno in cui è entrato definitivamente in essa anche il nostro caro p. Pasquale Dettori. Abbiamo sentito le date e alcuni dei fatti più salienti dell’esistenza del nostro confratello defunto, che costituiscono per così dire la trama e la sintesi, nello spazio e nel tempo, della sua vita, ma che certo non ne esauriscono il mistero, restando essa, come per ogni battezzato, “ormai nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 3).
Pertanto vorrei fermarmi sulla soglia, senza varcarla, del ricordo di P. Pasquale, che conservano come tesoro geloso, le persone che lo hanno conosciuto e amato. Questo ricordo in primo luogo appartiene, ora che della sua famiglia terrena non sopravvive più nessuno, alla sua famiglia d’elezione: quella dei Frati Minori della Provincia della Provincia Serafica di Umbria e Sardegna. Voglio ricordare un piccolo aneddoto personale, che mi sembra dica molto di p. Pasquale.
Ai tempi in cui ero studente di teologia e vivevo nel convento cagliaritano di S. Mauro, egli era parroco ad Arbatax, in Ogliastra e non avendo mai preso la patente per raggiungere il capoluogo doveva sottoporsi allora ad un lungo ed estenuante viaggio in corriera. Giungeva a destinazione comprensibilmente trafelato, stanco e accaldato, ma sempre sorridente, contento di scambiare subito saluti e impressioni con i confratelli, scherzoso, aperto, desideroso di condividere e accogliere fraternità e amicizia… amava scherzare e sapeva stare allo scherzo e i pretesti , sempre comunque bonari e amichevoli, invero non mancavano, specie a partire dai suoi, per così dire, “vezzi” liturgici (era un liturgista il p. Pasquale): i suoi paramenti sacri confezionati su misura un po’ secondo lo “stile bolognese” del cardinal Lercaro (come abbiamo sentito p. Pasquale fu studente di teologia a Bologna proprio ai tempi del Concilio e nell’immediato post-concilio, quando era Arcivescovo della Città felsinea appunto il cardinale Giacomo Lercaro, che delle riforme conciliari specie in ambito liturgico fu uno dei più rappresentativi ed influenti protagonisti) e un po’ alla bizantina; il calice della sua ordinazione presbiterale, da lui qualificato “pezzo unico ed artistico” e perciò gelosamente conservato e orgogliosamente esibito; lo stesso che oggi useremo come ulteriore piccolo tributo d’affetto alla sua memoria.
Voglio però far parlare, innanzitutto, l’unica Parola degna d’essere pronunciata in circostanze come questa: la Parola del Signore che, specie nelle esequie di un religioso e di un sacerdote, ripercorre per tutti i credenti, l’unica nostra speranza che consiste nella Pasqua di Gesù. E’ in questa Pasqua che p. Pasquale ha trovato la sorgente della sua gioia qui sulla terra e questa gioia ora la sperimenta nella certezza della contemplazione del Volto del suo Signore. Ci ha detto Gesù nel Vangelo che abbiamo ascoltato (Gv 12, 24) che il chicco di frumento deve prima morire, “marcire” tra le zolle di terra, per non rimanere sterile nel suo isolamento ma abbia invece a portare molto frutto, dilatando gli spazi della fede e dell’amore. P. Pasquale ha preso sul serio queste parole di Gesù. Ha trovato nel servizio del Signore l’incandescenza di un amore che si rinnova continuamente e per il quale vale la pena vivere e, se necessario, anche morire. Ha desiderato essere servo, come Gesù, della gioia degli altri.
Ha scelto di diventare Frate minore e Sacerdote per mettersi al servizio di una gioia che non teme nulla, di una gioia che non rincorre facili scorciatoie ma che è capace di sostenere anche le vicende drammatiche della vita, come è stata la sua lunga e dolorosa malattia; una gioia che non teme nemmeno la morte perché è la gioia di Gesù Risorto. E, credetemi, queste non sono parole di circostanza, all’insegna della massima latina secondo cui dei morti non si deve dire altro che bene, “de mortuis nisi bonum”: tutti noi frati di questa casa, le nostre care assistenti dell’infermeria, gli amici parrocchiani sappiamo che p. Pasquale, da buon francescano, questa missione di testimone della “perfetta letizia” l’ha vissuta fino in fondo. Ogni volta che gli si chiedeva come stesse, ha risposto immancabilmente, anche in punto di morte, “Bene!”.
Nel momento della morte di Gesù si fa buio su tutta la terra e Gesù squarcia il buio con un grido (Mt, 27, 45.50). La morte di Pasquale, come ogni morte, ci fa sentire l’eco di questo grido di desolazione. Non possiamo tacere questa realtà. Quel grido di Gesù ha squarciato il velo del tempio e ha donato agli uomini il vero volto di Dio in quell’Uomo appeso in croce. Quel grido genera subito la risurrezione di molti (Mt 27, 51-52). Così, penso, anche p. Pasquale vorrebbe che la sua morte, pur nella tristezza, ci aiutasse a confidare in un amore che squarcia le notti buie della nostra esistenza.
Noi siamo qui a pregare in questa S. Messa perché il Signore accolga nella sua pace p. Pasquale, perché la sua gioia sia piena nella visione finalmente faccia a faccia del Risorto. Ma preghiamo anche per i suoi cari, per i suoi amici, per noi suoi confratelli, per questa comunità.
Preghiamo per tutti noi, e vorrei farlo con le parole di una mistica contemporanea, Madeleine Delbrêl: “Rivelaci (Signore) la grande orchestra dei tuoi disegni: in essa, quel che tu permetti dà suoni strani nella serenità di quel che tu vuoi. Insegnaci a indossare ogni giorno la condizione umana come un vestito da ballo, che ci farà amare di te tutti i particolari. Come indispensabili gioielli. Facci vivere la nostra vita, non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l’universo d’amore. Signore vieni ad invitarci” (da “Il ballo dell’obbedienza”).
Francesco Piloni Morte Priamo Etzi Provincia Serafica Sardegna
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