Il Dossale con Incoronazione della Vergine, San Francesco stimmatizzato, San Girolamo penitente, Annunciazione, Natività, Adorazione dei Magi è un trittico in terracotta invetriata, attualmente custodito all’interno del Museo della Porziuncola, realizzato intorno al 1475 dal fiorentino Andrea della Robbia (1435-1525) per la cappella fatta erigere nei pressi della Porziuncola da Braccio Baglioni (1419-1479), signore di Perugia.
Lo straordinario dossale robbiano, composto da 67 pezzi assemblati ad incastro, è quindi una delle poche opere superstiti provenienti da quegli oratori e sacelli che erano stati edificati attorno alla piccola chiesa presso il romitorio di Santa Maria degli Angeli dopo la morte di San Francesco e che furono demoliti nel XVII secolo mano a mano che si procedeva con la costruzione della grandiosa basilica progettata da Galeazzo Alessi.
È molto probabile che il trittico sia stato commissionato da Anastasia Sforza, moglie di Braccio Baglioni signore di Perugia. Evidenti sono le analogie del trittico angelano con l’opera realizzata per Santa Fiora sul Monte Amiata, simile ad esso sia nella struttura che nella scelta delle immagini rappresentate, con tematiche molto care alla devozione francescana e in particolare agli Osservanti, che si erano stabiliti alla Porziuncola dal 1417.
Un trittico in cui Maria è protagonista
Nella parte superiore la pala è costituita da tre scene principali, inquadrate da un architrave sorretto da eleganti lesene; nella parte inferiore c’è una predella, anch’essa tripartita.
Il riquadro principale raffigura l’Incoronazione della Vergine ed è affiancato, a destra, dall’episodio di San Francesco Stimmatizzato e, a sinistra, da San Girolamo penitente.
Nelle paraste centrali della predella compaiono le insegne della famiglia Baglioni e si possono riconoscere gli episodi dell’Annunciazione, della Natività e dell’Adorazione dei Magi.
Le opere robbiane erano estremamente apprezzate dai Frati Minori poiché erano costituite di un materiale povero, che nasceva dalla modellazione dell’umile terra, dall’acqua e dal fuoco ma che era, nel contempo, assai resistente allo scorrere del tempo e alle intemperie e soprattutto straordinariamente espressivo e simbolico, grazie alla sua candida, mistica, lucentezza.
Nel trittico, attraverso le scene che narrano il percorso di Maria a partire dall’annuncio della nascita del Redentore, si evidenzia il fondamentale ruolo della Madonna che, Avvocata e Mediatrice per la salvezza dell’umanità, giunge a ricevere dal Figlio la corona di gloria. Questo tema è particolarmente caro ai religiosi del santuario dedicato alla Vergine degli Angeli e, in generale, a tutta l’Osservanza francescana.
Le due raffigurazioni non mariane, le Stimmate di san Francesco e la Penitenza di San Girolamo, alludono invece al duro cammino di fede dei cristiani, che devono lottare contro le avversità guardando costantemente al Cristo crocefisso glorioso.
Collocato, in seguito alla costruzione della Basilica Alessiana e alla conseguente demolizione della Cappella Baglioni, sull’altare dedicato a San Giuseppe nel transetto sinistro, il dossale rimase in quel luogo fino al 1969 allorché, in seguito al ritrovamento di resti di fondazioni di fabbriche medievali, fu costruita sotto il presbiterio della Basilica la cripta. Nel 1999 la pala è stata restaurata e trasferita nel più idoneo spazio del rinnovato Museo.
La predella: il mistero dell’Incarnazione
La prima delle formelle nella predella raffigura l’Annunciazione. La scena è intima e allo stesso tempo solenne: l’arcangelo Gabriele, che in mano reca alcuni candidi gigli (simboli della purezza e della verginità di Maria), con l’indice puntato verso l’alto indica che quanto avverrà è opera dello Spirito Santo, raffigurato sotto forma di colomba. Maria, umile ed assorta, accostando a sé il volume delle Scritture che aveva tra le mani, ascolta l’annuncio dell’angelo inginocchiato dinanzi a lei. Il libro aperto sul leggio mostra le parole del profeta Isaia: “Ecce virgo concípiet, et páriet fílium, et vocábitur nomen eius Emmánuel. Butyrum et mel” (“Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Egli mangerà panna e miele”).
La seconda formella mostra la Nascita del Salvatore nella sua iconografi a classica. La Sacra famiglia si è rifugiata all’interno di una cavità rupestre: il piccolo Gesù è deposto sulla paglia e viene riscaldato dall’asino e dal bue. I due animali, così come la grotta, non compaiono nei Vangeli canonici ma derivano dal racconto apocrifo dello Pseudo-Matteo, che nella loro presenza vede il compimento di profezie veterotestamentarie: nel libro di Isaia si legge infatti che “Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone”.
Giuseppe e Maria (le dimensioni della quale sono leggermente maggiori perché è la Madre di Dio) si protendono verso Gesù in adorazione: il padre putativo del Signore è raffigurato, secondo una tradizione derivante dagli apocrifi, come un uomo molto maturo, per mettere ulteriormente in evidenza la paternità divina di Cristo. Il bastone, suo tradizionale attributo iconografico, in questo caso è quello da viandante/pellegrino.
Nella scena in secondo piano si scorge, infine, l’angelo che porta al pastore, sull’altura assieme al suo gregge, il lieto annuncio della nascita del Messia.
L’ultima formella della predella è quella che presenta maggiori difficoltà interpretative. Essa raffigura l’Adorazione dei Magi. Maria, rappresentata come “trono della Sapienza”, siede con il Bambino sulle ginocchia e il piccolo si protende leggermente in avanti alzando la mano in segno di benedizione. Nel trittico robbiano i Magi sono vestiti in abiti rinascimentali, con le mani coperte da guanti in segno di rispetto per il Signore. Essi sono accompagnati da un multietnico corteo di altrettanti personaggi che simboleggiano tutta l’umanità proveniente dai tre continenti all’epoca conosciuti (l’Europa, l’Asia e l’Africa, rappresentata dal guerriero moro con la spada) in cammino verso Cristo. Le diverse età dei Magi indicano invece le tre età dell’uomo.
In PARLANO I COLORI, di Silvia Rosati
dal n. 1/2015 della Rivista Porziuncola
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