Dal Documento Ascoltate e vivrete: Linee guida per costituire una Fraternità di Eremo o Casa di preghiera. Per il testo con le note, cf. sito OFM.ORG.
La vicenda stessa di Francesco d’Assisi è stata definita come un’alternanza tra Eremo e Città e secondo gli agiografi del Santo la questione del modo di vivere si presentò presto alla Fraternitas minoritica. Infatti, Tommaso da Celano nella Vita beati Francisci afferma che si chiedevano quale tipo di vita scegliere, ossia «se dovevano svolgere la loro vita tra gli uomini o ritirarsi in luoghi solitari». San Francesco «scelse di vivere non soltanto per sé, ma per Colui che è morto per tutti, ben consapevole di essere stato inviato per guadagnare a Dio le anime, che il diavolo tentava di rapire». Da questo risulta che non v’è tensione tra contemplazione e predicazione, ma un’alternanza e ciò non solo come fraternitas, ma personalmente nella vita dello stesso Santo: «Perciò cercava di frequente luoghi solitari per poter rivolgere completamente la sua anima in Dio; tuttavia, quando lo riteneva opportuno, non esitava un istante a passare all’azione per dedicarsi volentieri alla salvezza del prossimo». Il desiderio di Francesco era «dividere e destinare il tempo che gli era concesso per acquistar grazie», e prendeva «con sé pochissimi compagni, tra i più intimi e partecipi della sua vita, perché lo salvaguardassero dalle visite e dal disturbo degli uomini e fossero custodi amorosi e fedeli della sua quiete».
Bonaventura nella Vita beati Francisci, detta normalmente Legenda maior, riprende quanto detto da Tommaso da Celano circa la domanda se darsi alla contemplazione oppure anche alla predicazione, ma finisce per dire che la risposta di Francesco fosse solo la predicazione: «[…] il volere divino era che egli, araldo di Cristo, uscisse a predicare» (LM XII, 1). Pietro di Giovanni Olivi si espresse in termini assai equilibrati e nella sostanziale fedeltà a quella che fu l’ispirazione originaria dell’iniziale Fraternitas minoritica; infatti, dichiara come più perfetta la vita di Cristo, degli apostoli e di san Francesco in cui del tempo è dedicato alla solitudine eremitica e altro alla predicazione.
Bernardino da Siena di san Francesco diceva: «La vita mista la prese Cristo, attendendo a Dio e al prossimo. […] Così similmente fece santo Francesco […] che considerava Iddio e l’uomo, dando a l’uno e a l’altro parte di tempo». Tale vita attribuita dal Senese al Santo assisano era un modello di vita per i Frati Minori, che aderivano all’Osservanza, tanto che non meraviglia quanto Girolamo da Udine scrisse nel 1457 in merito al suo compagno di predicazione Giovanni da Capestrano, l’anno successivo alla sua morte avvenuta nel 1456: «Poiché tutto della sua vita si traduceva in azione, lo si trovava applicato o nella preghiera o nella predicazione o nella lettura o in attività egregie. Non potrei convincermi, perciò, che si trovasse un uomo più beato, capace di esercitarsi nella contemplazione durante l’azione, oppure compiere azioni durante la contemplazione».
Assumendo la strada dell’alternanza, dobbiamo fare riferimento a Pietro d’Alcantara (1499-1562), in cui troviamo un impulso fecondo di riforma nell’Ordine, richiamando i frati alle origini francescane. L’eccezionale santità di vita trova valida attestazione nei suoi numerosi scritti, il più noto è il Trattato della preghiera e meditazione. Nel Santo rimane straordinario l’esempio della sua vita e dell’altissimo grado di contemplazione, dell’austerità personale e dei doni mistici di cui fu favorito da Dio. Precisa nel Trattato che «il servo di Dio deve preoccuparsi di avere il tempo stabilito per occuparsi di Dio, ma che oltre a questo tempo, usuale di ogni giorno, deve ogni tanto liberarsi da ogni genere di occupazioni, per tante che siano, per dedicarsi tutto agli esercizi spirituali e dare alla sua anima un pasto abbondante con cui recuperare quello che ogni giorno si disperde a causa dei propri difetti e acquisire nuove forze per andare più avanti».
Il cappuccino Mattia Bellintani da Salò nella Vita, morte e miracoli del beato Felice da Cantalice afferma che «egli era mezzano tra il mondo e la religione, portando a quello la necessità di lei, et a quella le provisioni di lui; così egli era mezzano tra Dio e gli huomini, a lui i bisogni loro offerendo, e da lui a loro le gratie rapportando». L’essere “mezzano” per l’agiografo diventa anche uno stile di vita personale di san Felice da Cantalice «Aveva egli spartiti i tempi della notte e del giorno: dava la notte a Dio, il giorno al prossimo, et in ambe santificava se medesimo».
Tale indicazione per i frati non influenzò solo il loro stile di vita adottato, ma anche le narrazioni degli agiografi; così, ad esempio, Pacifico da Rimini narrando Della vita e delle eroiche virtù del Venerabile padre Leopoldo da Gaiche – che sulla scia di san Leonardo da Porto Maurizio diffuse la Via crucis così che le persone potessero risorgere a vita nuova – scrisse che «avea le occupazioni del giorno e della notte in così savio modo disposte, che ora accomodando sé ai negozi ora i negozi a sé soddisfaceva a un tempo stesso e con perfetta vicenda agli svariati uffici delle due sorelle Marta e Maria, al vantaggio dei prossimi del pari che alla propria santificazione inalterabilmente attendendo».
Nel secolo XX l’alternanza tra vita contemplativa e predicazione è percepita come un aspetto nevralgico della vita francescana. Ad esempio, Gerardo Cardaropoli, scrivendo di Fr. Gabriele Allegra, afferma: «Qual è il carisma intrinseco alla vocazione francescana? Fr. Allegra lo ha detto esplicitamente più volte: è il rapporto tra la radice contemplativa e la sua concretizzazione nell’apostolato; la contemplazione, intesa come ricerca della volontà di Dio e l’apostolato come concretizzazione del mandato ricevuto».
In una frase della preghiera al beato Leopoldo da Gaiche – per usare le stesse parole di Fr. Allegra: “Lo spirito, il carisma dell’Ordine è espresso con dolcezza e con forza nell’orazione al beato Leopoldo” – allora, Fr. Gabriele intravede il “suo programma di vita”: «le quattro grazie» del carisma francescano, cioé, la santità, l’apostolato, la sapienza, il martirio ovvero l’amore per il Padre Celeste, vivente in Gesù, l’amore per la Madre Immacolata, l’amore per la Chiesa. E aggiunge: «Finalmente le parole che si leggono (o si leggevano) nell’orazione al beato Leopoldo da Gaiche: in solitudine Deum quarere et in medio populi tui salutem operari…» (cf. G. Cardaropoli, P. Gabriele Maria Allegra un francescano del secolo XX, Ed. Porziuncola, Assisi 1996, 35-37).
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