“Avvicinatevi a me,
voi che mi desiderate,
e saziatevi dei miei frutti”
(Sir 24,18)
Carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi doni la sua pace e la sua misericordia!
Il mese scorso, mentre visitavo i frati nella regione del Chiapas, in Messico, vicino al confine con il Guatemala, ho incontrato una famiglia che stava scappando dal proprio paese d’origine, El Salvador. Il loro esilio era provocato da un avvenimento molto preoccupante: le percosse e la scomparsa del loro figlio quindicenne Emilio. Fin dall’età di 11 anni, il ragazzo è stato costretto ad unirsi a una delle bande rivali. Per quattro anni, il padre, saldatore di mestiere, e la madre hanno tentato di tenere unita la famiglia. C’erano altri tre fratelli: una figlia di 13 anni, un figlio di 9 e una bimba di 4. Un giorno, giunse la notizia che il figlio era stato pubblicamente picchiato da una banda rivale, le dita amputate e poi portato in un luogo sconosciuto. I genitori contattarono la polizia per cercare di avere aiuto, ma non successe nulla. Passarono quattro mesi senza una parola riguardante loro figlio. Fu allora che il padre decise che non poteva più correre il rischio di continuare a vivere in El Salvador. Quello che era successo al loro primo figlio poteva succedere anche al secondo. Temeva anche per sua moglie e le due figlie. Con l’aiuto di trafficanti pagati, la famiglia fu trasportata in una piccola città in Messico, nella regione del Chiapas, a miglia dal confine con il Guatemala. La famiglia pensava che il loro incubo di violenza fosse finito, e che il loro sogno di arrivare in un posto dove poter ricostruire le loro vite stesse diventando realtà.
Ma la storia di violenza non era ancora finita per la famiglia. Durante la seconda settimana dal loro arrivo in Messico, alcuni membri di una banda messicana presero la figlia dalla folla e la portarono in una casa abbandonata dove la violentarono. Tre mesi dopo l’avvenimento, la famiglia scoprì che la ragazza era incinta e anche positiva all’HIV, un’innocente ragazzina di 13 anni. Mentre ascoltavamo la storia, sulla faccia del padre, della madre e della figlia cominciarono a scorrere le lacrime. Due altri frati ed io, presenti nella stanza con la famiglia, abbiamo combattuto per controllare le nostre emozioni e trattenere le lacrime mentre ascoltavamo tale sofferenza e tragedia umana.
Da quasi sette mesi, la famiglia era ospite del centro francescano di “La Setenta y dos” in Messico. È un centro che accoglie chi scappa da ogni forma di violenza e da ogni forma di oppressione, chi necessita di sicurezza, rifugio, cura umana e speranza. A mano a mano che il padre continuava a raccontare della vita della sua famiglia, non abbiamo sentito grida di rabbia, né ha chiesto vendetta. Egli ci ha chiesto di pregare per lui, per sua moglie, per suo figlio scomparso Emilio, per la loro figlia incinta e infetta, per gli altri due figli, e per i membri della estesa famiglia che erano rimasti in El Salvador. Ha chiesto anche preghiere perché lui e la sua famiglia potessero perdonare coloro che avevano rapito il loro figlio Emilio, coloro che avevano violentato, messo incinta e infettato la loro figlia con il virus dell’HIV.
Il padre ci chiese di pregare per loro affinché non fossero consumati dall’odio o dalla vendetta, né dalla continua memoria della violenza sperimentata, mentre loro pregavano per Emilio, per la figlia e per le persone amate che avevano lasciato in El Salvador. Ci chiese di pregare affinché potessero raggiungere la pace circa quanto accaduto, e che Dio potesse cambiare i cuori di coloro che avevano causato loro tale sofferenza, che avevano perpetrato tali orribili atti di violenza. Mentre il mondo direbbe loro che hanno diritto alla giustizia e alla vendetta, essi dicevano al mondo – a noi – che occhio per occhio rende il mondo cieco. Il perdono è l’unico strumento per dare vita alla pace, alla guarigione e alla gioia autentica.
Come potete ben immaginare, non sono riuscito a dimenticare la storia, o il padre, le facce della madre, delle due figlie e del figlio. Inoltre non sono stato capace di smettere di pregare per Emilio, il figlio scomparso, né per la figlia infetta o per il desiderio del padre che la famiglia riceva il dono del perdono e della misericordia.
“Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E non ci indurre in tentazione …la tentazione di perdere la fede, di perseguire l’odio, e di permettere che rabbia e dolore rubino la nostra identità di figli di Dio, amati e perdonati, chiamati ad essere “ambasciatori di riconciliazione” per un’umanità e comunità mondiale ferita. Queste parole, “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi i peccati di altri” sono parole molto ben conosciute a tutti noi. Le preghiamo privatamente e anche quando ci riuniamo per pregare nelle nostre comunità cristiane. La famiglia di El Salvador, nonostante il travolgente dolore della tragedia e della perdita, ha accolto le parole di perdono e misericordia pronunciate da Gesù che ci invita anche ad unirci a lui nel suo coraggioso atto di perdonare gli altri per il male che hanno commesso contro di lui, contro l’umanità intera.
Per cosa stiamo pregando noi qui in questi giorni a Santa Maria degli Angeli, alla Porziuncola? Stiamo pregando che il Signore ci possa assolvere dai nostri peccati? Ciò va bene ed è buono, perché siamo pellegrini sul cammino della misericordia e del perdono. Ma, io credo anche che, come la famiglia di El Salvador, Gesù ci stia invitando ad aprire i nostri cuori alla sua grazia, una grazia che perdona gli altri, una grazia che ci trasforma in agenti attivi che promuovono il perdono, la riconciliazione e l’amore tra tutte le persone iniziando da quelli a noi più vicini e cari, ma sempre estendendoci all’esterno per abbracciare tutte le persone, anche quelle che abbiamo identificato come nostri “Nemici”. Come ci ricorda S. Giovanni Paolo II nella sua Enciclica sulla misericordia ed il perdono, Dives in misericordia (13 Novembre 1980, Part 3, par. 3): “Il mondo degli uomini può diventare «sempre più umano» solo quando in tutti i rapporti reciproci, che plasmano il suo volto morale, introdurremo il momento del perdono così essenziale per il Vangelo. Il perdono attesta che nel mondo è presente l’amore più potente del peccato. Il perdono è, inoltre, la fondamentale condizione della riconciliazione non soltanto nel rapporto di Dio con l’uomo, ma anche nelle reciproche relazioni tra gli uomini”.
“Avvicinatevi a me!” Fratelli e sorelle, uniamoci a Gesù, a Giovanni Paolo II e alla famiglia di El Salvador per pregare per il perdono – per noi e per quelli che amiamo. Ricostruiamo su questa esperienza di amore e perdono, raggiungendo tutto il popolo di Dio senza esclusioni o eccezioni, offrendo a tutti un segno della grazia del perdono e della misericordia che abbiamo ricevuto e che ora siamo chiamati a condividere con tutti come ambasciatori dell’amore riconciliante di Dio! Possa la grazia abbondante di Dio, che celebriamo qui nella festa di S. Maria degli Angeli, festa di misericordia, perdono, amore e speranza, trasformarci dall’interno verso l’esterno e da sotto verso l’alto in modo che le nostre vite possano dare gloria e onore a Dio, sorgente di ogni vita e speranza.
Buona Festa della Porziuncola.
Basilica di Santa Maria degli Angeli Michael Perry Ministro generale Omelia Perdono di Assisi Porziuncola
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