Cari fratelli e sorelle!
“Ascolta la voce del creato” è il tema e l’invito del Tempo del Creato di quest’anno. Il periodo ecumenico inizia il 1° settembre con la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato e si conclude il 4 ottobre con la festa di San Francesco. È un momento speciale per tutti i cristiani per pregare e prendersi cura insieme della nostra casa comune. Originariamente ispirato dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, questo tempo è un’opportunità per coltivare la nostra “conversione ecologica”, una conversione incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla “catastrofe ecologica” preannunciata da San Paolo VI già nel 1970. Se impariamo ad ascoltarla, notiamo nella voce del creato una sorta di dissonanza.
Da un lato, è un dolce canto che loda il nostro amato Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti umani. Il dolce canto del creato ci invita a praticare una «spiritualità ecologica» (Lett. enc. Laudato si’, 216), attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’«amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale» (LS, 220). Per i discepoli di Cristo, in particolare, tale luminosa esperienza rafforza la consapevolezza che «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). In questo Tempo del Creato, riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del «grandioso coro cosmico» di innumerevoli creature che cantano le lodi a Dio. Uniamoci a San Francesco d’Assisi nel cantare: “Sii lodato, mio Signore, con tutte le tue creature” (cfr Cantico di frate sole). Uniamoci al Salmista nel cantare: «Ogni vivente dia lode al Signore!» (Sal 150,6).
Purtroppo, quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» (LS, 68), agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando «un grido che sale al cielo» (Esort. Ap. postsin. Querida Amazonia, 9).
Infine, gridano i nostri figli. Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta. (continua a leggere su vatican.va)
Photo credit: Juanma Clemente-Alloza su Unsplash
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