“La malattia è arrivata al momento giusto, perché forse mi sarei persa” afferma la giovane Chiara a 17 anni, poco prima di conoscere la diagnosi del tumore che, in poco più di un anno, porrà fine alla sua vita. La sofferenza rimane per noi un mistero, ma “ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo […]. Nella sofferenza è come contenuta una particolare chiamata alla virtù della perseveranza nel sopportare ciò che disturba e fa male”. In questo modo, egli non solo “scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto diventa un uomo completamente nuovo” (S. Giovanni Paolo II, Salvifici doloris).
Chiara, un dono del cielo
Chiara nasce in Liguria, nel piccolo paese di Sassello (SV), il 29 ottobre 1971. I genitori, Ruggero e Maria Teresa, avevano atteso a lungo la nascita di un figlio, che alla fine giunge dopo undici anni di matrimonio e la preghiera fatta a Maria, presso il Santuario della Madonna delle Rocche di Ovada. Chiara è accolta nella famiglia Badano come dono prezioso e custodita con tanto amore dalla mamma, che le testimonia da subito i valori morali e la fede in cui crede. È una bimba vivace, curiosa, allegra, sensibile e aperta agli altri, non ha difficoltà a farsi degli amici e a giocare con loro, la sua maestra d’asilo testimonia che “le piaceva molto cantare e recitare, ma era anche capace di grande altruismo”.
Ha un temperamento volitivo, che non si piega facilmente, ma che sa anche fare marcia indietro, quando necessario, come testimoniano alcuni episodi della sua infanzia. Una volta la mamma le propose di recitare le preghiere, e si sentì rispondere: “No, io non prego!” – “allora pregherò io per te” continuò la mamma, che poco dopo udì nella stanza vicina Chiara che recitava le sue preghierine. Un’altra volta le propose di donare alcuni dei suoi tanti giocattoli ai bambini poveri, e si sentì rispondere: “No!, mamma, sono i miei!”. Maria Teresa, evitando di contrariarla all’istante, se ne andò in cucina a dedicarsi ad altre faccende. Dopo un poco sentì la piccola che, nella sua stanza, ad alta voce divideva i suoi giocattoli in due gruppi: quelli più belli e gli altri, quelli più usati. Poco dopo si recò dalla mamma e chiese una borsa per mettervi quelli più nuovi, e davanti allo sguardo sorpreso di Maria Teresa disse: “Beh, ai poveri non si possono mica regalare i giochi rovinati!”.
Questi tratti della piccola Chiara, caratterizzeranno anche il suo originale modo di porsi di fronte alle sfide, piccole e grandi, che la vita le metterà di fronte: un contrasto deciso e risoluto alla novità lasciava poi spazio alla riflessione e, in ultimo, a una decisione consapevole guidata dalla ricerca del bene.
La Parola di vita
Alle scuole elementari, nel piccolo paese di Sassello, Chiara si fa conoscere per la sua intelligenza, le sue risposte, s’inserisce bene nel gruppo dei compagni e, come afferma uno dei primi giudizi scolastici, è “affettuosa, buona, vivace, ed ha predisposizione per la musica”. Nel 1979 riceve la prima Comunione e, per l’occasione, il parroco fa dono a ogni bambino di un piccolo Vangelo: per Chiara quel libro diventerà una parola da ascoltare e di cui alimentarsi, e l’accompagnerà negli anni a venire divenendo fonte di ispirazione nelle sue piccole e grandi scelte.
All’età di 9 anni viene in contatto con il Movimento dei Focolari, conosce alcune ragazze e con loro vive un’amicizia coinvolgente. Quasi ogni settimana s’incontrano ad Albissola Marina, vicino a Sassello, per raccontarsi le loro esperienze di vita, leggere la parola del Vangelo e gli scritti della fondatrice, Chiara Lubich, alla quale inviano anche il loro proposito di vita: “Abbiamo cominciato la nostra avventura: fare la volontà di Dio nell’attimo presente. Col Vangelo sotto braccio faremo grandi cose!”.
Un testimone, Franz Coriasco, racconta che questi incontri erano contrassegnati da un clima di grande gioia e spontaneità, e dopo una prima parte dedicata alla condivisione spirituale ne iniziava una ludica: “merende a base di Nutella, e poi via ai giochi di società, alle coreografie improvvisate […] a volte costruite sui dischi di Springsteen e degli U2”. Racconta Chicca, intima amica di Chiara: “ci divertivamo come matte: ogni scusa era buona per inventarsi un gioco: una gimkana casalinga, un mini torneo sportivo o una gara di aeroplanini di carta. E quando arrivava la bella stagione andavamo in spiaggia e facevamo bagni interminabili”.
La Parola nella vita
Il 30 settembre 1984 Chiara riceve la Cresima, vive quel momento con grande gioia e decide di regalare i soldi ricevuti in dono ai bambini poveri e alle necessità del Movimento. A 14 anni scrive di aver “riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce”, avendo capito di non essere stata una cristiana autentica, e dichiara di voler far divenire quel “magnifico libro” il suo “unico scopo della vita. Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio. Come per me è facile imparare l’alfabeto, così deve esserlo anche vivere il Vangelo”. Si aiuta con le parabole per correggere il proprio carattere e ce n’è una in particolare che predilige, quella dei due figli chiamati a lavorare nella vigna (cfr. Mt 21,28-31), dove il primo dice “Sì” al padre, e poi non ci va, il secondo è invece recalcitrante, ma poi ci va, identificando in quest’ultimo il suo originale modo di amare il Signore.
Crescendo, entra sempre più in un colloquio frequente ed intimo con il Signore, partecipando alla Messa e ad altre pratiche di pietà. Ed è proprio davanti al tabernacolo che Chiara, intransigente con se stessa, esclama al Signore di “voler amare chi mi sta antipatico!”. “Quest’anno – racconta – frequento la prima media. In questa scuola c’è un professore un po’ difficile da amare, ma io con tutto l’amore possibile cerco di volergli bene e questo mio sacrificio Gesù l’ha visto e mi ha subito ricompensata, perché ora, quando per disattenzione non lo saluto, è lui il primo a farlo e questo mi dà la forza di continuare ad amarlo fino in fondo e di continuare a crescere in Dio”.
Nella scuola media Chiara è un riferimento per i suoi compagni, carina e intelligente, solare e disponibile con tutti, è capace di ascoltare davvero ed è ricercata per i consigli spassionati che sa offrire a chi glieli chiede. Non le piacciono i complimenti, non ama stare al centro dell’attenzione, e tra i compagni preferisce intrattenersi con quelli più emarginati e introversi. È suo desiderio vivere concretamente la Parola, non le piace far sapere della spiritualità alla quale si forma, non mette distanze tra Vangelo e vita, e non vuole comunicarlo a parole. Alla mamma confida: “Io non devo parlare di Gesù, glielo devo dare… Prima di tutto mettendomi in atteggiamento d’ascolto, col mio modo di vestire, ma soprattutto col mio modo d’amare”.
Sogna di divenire un medico e recarsi in Africa, di sposarsi e avere bambini. È coraggiosa Chiara, vuole vivere secondo il Vangelo, ma è conscia di quanto sia arduo per la presenza delle tentazioni del mondo, tanto che ammetterà: “Com’è difficile andare controcorrente!”. È attratta dalla figura di Gesù Crocifisso, il suo “primo sposo” che lei chiama “Gesù abbandonato”, come le viene presentato dai Focolari, proponendosi di “accoglierlo con gioia e soprattutto con tutto l’amore possibile”.
E le occasioni non le mancano: quando s’iscrive al liceo classico Chiabrera di Savona, nel primo anno, a causa dell’insufficienza avuta in una materia e delle difficoltà createsi con un’insegnante, viene bocciata. Dopo un primo momento di sconforto e senso di fallimento, forse il primo grande dolore della sua vita, avverte dentro questa crisi la possibilità di unirsi alle sofferenze di Gesù, che per amore, per salvare l’umanità, incontra il dolore della Croce e l’abbandono del Padre, e con l’aiuto della sua amica Chicca, affronta la sconfitta con fede. “Ho scoperto che Gesù abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio sceglierlo come mio primo sposo e prepararmi per quando viene. Preferirlo!”.
Dai fatidici 25 minuti alla festa in cielo
Frequenta il liceo classico quando, a 17 anni, le viene diagnosticato un osteosarcoma. All’infausta diagnosi – racconta la mamma – seguì una breve ma intensa lotta interiore, vissuta in solitudine, della durata di 25 lunghissimi e silenziosi minuti, al termine della quale la giovane pronuncia il suo coraggioso “sì”, colto da Maria Teresa nel suo volto luminoso e sorridente, frutto del suo confidente abbraccio a Gesù abbandonato: “Mi sento così piccola e la strada da compiere è così ardua, spesso mi sento sopraffatta da dolore. Ma è lo Sposo che viene a trovarmi. Ripeto: se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anche io!”. Comincia così per Chiara un doloroso calvario che per grazia, essendosi lei affidata alla volontà di Dio, si trasforma in una meravigliosa e significativa “storia d’amore”: “Voi non potete immaginare qual è, adesso, il mio rapporto con Gesù […]. A me interessa solo fare la volontà di Dio, fare bene quella, nell’attimo presente: stare al gioco di Dio”.
Negli ultimi mesi di vita le giunge anche la risposta alla richiesta inviata tempo prima a Chiara Lubich, di ricevere un nome nuovo, che la identificasse: Chiara “Luce”! Nel suo corpo martoriato dal cancro e dalle sofferenze da esso causate, la giovane diviene una testimonianza di luce, incarnando la più autentica fede cristiana, offrendo tutto a Dio. Chiara, infatti, mostra praticamente, con la sua stessa vita, nella sua carne, la capacità salvifica della sofferenza, alimentando il profondo desiderio di “farsi uno” con gli altri. Arriverà a rifiutare la morfina per non privarsi della sofferenza, l’unica cosa che le resta da offrire a Dio: “Vedi, io non ho più nulla, ma ho ancora il cuore, e con questo posso ancora amare”. E alla mamma, poco prima di spirare dice: “Tu fidati di Dio e poi hai fatto tutto. Quando non ci sarò più, segui Lui e troverai la forza per andare avanti! Quando mi vorrai cercare, guarda il Cielo, mi troverai in una stellina”.
Chiara muore a Sassello, il 7 ottobre 1990, festa della beata Vergine del Rosario, e per il proprio funerale chiede che le venga cucito un abito da sposa da indossare per l’incontro con Gesù, lo Sposo. Nel suo ultimo viaggio lascia in dono le cornee, i suoi bellissimi occhi per donare la luce della vista a dei giovani. Poco prima di morire dirà: “Nessuno deve piangere al mio funerale, perché quando una giovane di diciotto anni arriva in Cielo, in Cielo si fa festa”. Riposa nel cimitero di Sassello (SV). Il 25 settembre 2010, Chiara Luce è stata proclamata Beata.
In DIRE CRISTO, di Massimo Reschiglian e Maria Letizia Tomassoni
dal n. 2/2021 della Rivista Porziuncola
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