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La vita, l’offerta e la testimonianza della santa d’Assisi 11 Ago 2015

Chiara come Francesco

di p. Stefano Orsi

 

Ogni discepolo di Cristo è chiamato ad essere un tralcio, che unito alla vite, porta molto frutto. Senza il Signore, senza una continua comunione con Lui, noi non possiamo fare nulla. Siamo esposti al rischio di inaridirci quando vogliamo vivere disuniti da Cristo.

Chiara d’Assisi ha capito fino in fondo questa verità e per realizzare al meglio l’unione con il suo Amato s’innesta in Lui tramite il suo grande fratello Francesco.

Chiara ama definirsi «pianticella» di Francesco e con lui, viva immagine di Cristo povero e crocifisso, è certa di essere in comunione piena di vita con il Cristo Signore.

L’ esistenza di Chiara, spesa tra le mura di San Damiano, produce molto frutto perché mai si allontana dalla vite: dal suo cuore grande si innalza la lode continua a Dio, dalle mani generose sbocciano gesti concreti e semplici di vera carità verso le sorelle, dalla sua passione per la salvezza degli uomini sorge incessante la preghiera d’intercessione per tutti.

A Francesco, come racconta la «Legenda Clarae», nasce nel cuore il desiderio di «strappare dal mondo quell’anima tanto nobile, per darla al suo Signore».

Chiara sa che il figlio del ricco mercante d’Assisi vive alla Porziuncola in estrema povertà, ma anche in santa letizia; serve i lebbrosi e predice la penitenza. Ha probabilmente ascoltato le sue parole, semplici ma persuasive, nella chiesa di San Giorgio a pochi passi dalla casa paterna. Si è fatta la convinzione di aver trovato in Francesco il suo ideale di vita.

È prossima la solennità delle Palme, quando Chiara, vestita a festa abbandona la casa, la città e i parenti, e si reca a Santa Maria della Porziuncola: il Poverello e i suoi frati la stanno aspettando, hanno le torce accese per indicarle la via e, insieme con lei, entrano in chiesa.

Qui la giovane, davanti all’altare della Madonna, si consacra a Dio e, come segno di rinuncia totale al mondo, Francesco le taglia i capelli. Nasce così il Secondo Ordine delle”Povere Dame”, che in seguito diventeranno note con il nome di “Clarisse”

Al sorgere del giorno, Francesco conduce la novella sposa di Cristo in abito di mendicante al monastero di San Paolo delle Abadesse nei pressi di Bastia, finché non venga trovata una casa per lei.

Il giorno seguente si presentano al monastero alcuni uomini del suo casato per riprendere a forza la fuggitiva, ma Chiara si aggrappa all’altare con tale fermezza, che essi devono desistere.

L’anno seguente il Vescovo di Assisi concede a Francesco la chiesette di San Damiano, che egli ha restaurato, con il piccolo edificio attiguo. Qui Chiara porta alle estreme conseguenze le linee ascetiche di Francesco.

La sua preghiera, pone al centro la contemplazione di Cristo povero, umile, crocifisso per nostro amore.

Cristo è lo sposo, l’amante, per il quale Chiara offre tutta la sua vita nella clausura di San Damiano assieme alle sorelle che Egli le ha donato.

Amare, contemplare Cristo e imitarlo sono tre momenti di un’unica scelta di sequela di Cristo povero e crocifisso, così che preghiera e vita evangelica formano per Chiara un’unica realtà. Tutto è incentrato su Cristo, tutto parte da Cristo ed a Cristo converge.

La preghiera liturgica di lode e l’Eucaristia sono per Chiara e le sue sorelle il momento forte della «festa con lo sposo», che è la loro vita, festa che prosegue senza soluzioni di continuità nell’ esperienza fraterna vita caratterizzata dalla «santa unità e dall’altissima povertà».

La Santa, come Francesco, ritiene che l’osservanza della povertà sia per le sue monache, una «torre» di difesa.

Nella lettera indirizzata ad Agnese di Praga, compone quasi un inno alla povertà: «O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa».

Nel suo testamento ribadisce: «Ed io, Chiara, che sono, benché indegna, la serva di Cristo… poiché meditavo, assieme alle mie sorelle, la nostra altissima professione… più volte liberamente ci siamo obbligate alla signora nostra, la santissima povertà, perché dopo la mia morte, le sorelle che sono con noi e quelle che verranno in seguito abbiano la forza di non allontanarsi mai da essa in nessuna maniera».

Chiara, pietra primaria e nobile fondamento del suo Ordine, fin dal principio si attiva per impostare l’edificio di tutte le virtù sul fondamento della santa umiltà. Promette santa obbedienza al beato Francesco, e mai si scosta in alcun modo da questo impegno, e così tre anni dopo la sua conversione rifiutando il nome e la carica di Abbadessa vorrebbe umilmente servire invece di essere servita. Costretta, tuttavia dal beato Francesco, assume la guida delle sorelle e nel suo cuore ciò provoca timore e non arroganza, e vi crescono non l’ indipendenza, ma lo spirito e la pratica del servizio. Per questa fedeltà all’eredità di Francesco, Chiara è un modello luminoso per noi oggi.

L’umile chiesetta e il povero monastero di San Damiano restano un’ammonizione eloquente per ogni tempo. L’ Ordine Francescano, se vuol restare fedele ai suoi ideali, sarà sempre «fuori moda», ma per il bene del mondo e della Chiesa.

Molte volte noi cristiani misuriamo la consistenza della nostra fede con una serie di atti e di gesti, e riteniamo che più cose facciamo, più meritevoli siamo. Però sappiamo bene che così, perché non possiamo misurare il nostro amore per una persona dal numero di volte che lo incontriamo.

Così il nostro amore e la nostra dedizione al Cristo non sono rappresentati dalla quantità di cose che facciamo (preghiere, sacramenti, penitenze ecc.), ma dall’ intenzione con cui ci rapportiamo a Lui stesso.

Il Signore non obbliga nessuno: la nostra vita di fede deve essere libera, consenziente, intelligente, ma, soprattutto, deve essere vissuta nella gioia e nell’incontro con Cristo.

Nella nostra epoca è necessario rendere sempre più viva la testimonianza dell’amore di Dio che Francesco e Chiara hanno vissuto e annunciano con tutta la loro passione. Si tratta di un impegno vitale per il mondo e per la Chiesa. Un contributo importante in questo senso ci viene proprio da coloro che ancora oggi, sulle orme dei Santi di Assisi, vivono nel silenzio e nella preghiera, per offrire tutto a Dio e a lui presentare le gioie e le sofferenze del mondo, le domande e le attese dei popoli.

Francesco e Chiara, che si sono aperti con gratitudine all’annuncio del Vangelo, hanno sparso nel mondo, con umiltà e semplicità, il seme della Parola.

Riscopriamo anche noi, sui loro passi la volontà di vivere solo per Dio, imparando a crescere, giorno dopo giorno, nella fede, nella speranza e nella carità.



Clarisse Santa Chiara

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