«La piccola sorgente che divenne un fiume» (Est 10,3c), così Mardocheo definisce Ester, la giovane orfana ebrea di umili origini che, divenuta regina, salvò il suo popolo dallo sterminio ordito da Aman, il potente ministro del re di Persia. La sua storia è riportata nell’omonimo libro biblico, libro che è stato scelto come testo di studio e riflessione nella XXX Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2019). Le vicende che hanno come protagonista Ester sono state rievocate anche in occasione della festa di Purim, il 14 e il 15 del mese di Adàr (20 e 21 marzo), quando nel mondo ebraico si fa memoria del “rovesciamento delle sorti”. Definita anche il “Carnevale ebraico” per le sue maschere e i suoi travestimenti, la festa di Purim è molto partecipata e vissuta come momento di gioia, a ricordo dello scampato pericolo e della vittoria sui nemici che avevano pianificato il genocidio del popolo ebraico disperso nei territori dell’impero persiano. La festa si caratterizza per alcune norme: lettura del rotolo di Ester per ben due volte (la sera d’inizio e il giorno successivo), scambio di doni alimentari, aiuto ai poveri e un ricco pasto festivo, durante il quale all’ebreo è consentito bere vino in quantità superiori alla norma, fino a non saper più distinguere tra Aman (il “malvagio”) e Mardocheo (il “buono”, zio e tutore di Ester, che contribuì anch’egli in modo decisivo a sventare il piano di annientamento degli ebrei).
La vicenda narrata nel libro di Ester si svolge in epoca persiana (538-313 a.C.) ed è ambientata in Babilonia, nella città di Susa, dimora della corte durante il tempo invernale. Intorno al 480 a.C., il re Assuero che «regnava dall’India fino all’Etiopia sopra centoventisette province» (1,1), in occasione di un banchetto per i notabili del regno, volle mostrare agli invitati la bellezza della regina Vasti. A motivo del suo rifiuto, il re, infuriato e offeso, la ripudiò, destituendola dalla carica. Al suo posto fu scelta la “cenerentola” Ester, «di bella presenza e di aspetto avvenente» (2,7), sulla quale «il re pose la corona regale, facendola regina al posto di Vasti» (2,17). Dopo non molto tempo, si creò un dissidio tra Mardocheo e il visir Aman, il quale per vendicarsi di un’offesa subita, ordì un complotto per eliminare Mardocheo, insieme a tutti gli ebrei presenti nel regno di Persia. I preparativi per l’attuazione del piano furono realizzati in segreto (era stato anche tirato a sorte il giorno preciso dello sterminio), ma Mardocheo ne venne a conoscenza. Non potendo opporsi al decreto, egli si rivolse alla regina Ester con queste parole: «Chi sa che tu non sia diventata regina proprio per questa circostanza?» (4,14). È uno dei temi teologici fondamentali del libro di Ester: la provvidenza di Dio dispone gli avvenimenti secondo un piano imperscrutabile, ma efficace. Animata da profonda religiosità, Ester diede prova di intelligenza e coraggio, dimostrando anche un forte attaccamento al suo popolo, quando si trattò di confrontarsi con una scelta drammatica: rischiare la propria vita per salvare il popolo oppure mettersi in salvo, ma abbandonando il popolo al suo destino di morte. Ester non esitò: «Contravvenendo alla legge, entrerò dal re, anche se dovessi morire» (4,16). Il testo greco riferisce la sua preghiera prima dell’incontro con il re di Persia: «Signore, dà a me coraggio, […] metti sulla mia bocca una parola ben misurata […] e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore» (4,17r-17t). Conquistato dal suo coraggio, il re acconsentì alle richieste. Ester ingannò il malvagio Aman e in occasione di un banchetto ufficiale, svelò al re il complotto tramato dal suo potente ministro, cioè l’annientamento degli ebrei che vivevano nel regno di Persia. La vicenda si concluse con il “rovesciamento delle sorti”: Aman, il carnefice, si trasformò in vittima e trovò la morte proprio sul palo che egli stesso aveva fatto erigere per giustiziarvi Mardocheo. Il giorno fatale per gli ebrei si era trasformato così in un giorno di vittoria e rivalsa: la cattiva sorte si era cambiata in buona sorte. Per ricordare quel giorno, fu istituita la festa di Purim, la festa del “ribaltamento della sorte” (pur è la parola persiana che significa “sorte”, passata all’ebraico nella forma plurale purim). «Semplice e limpida, retta e coraggiosa, Ester è la trasparenza del bene dentro un groviglio di intrighi, di gelosie e di odi, di lotte per il potere e di tradimenti» (Maria Ko Ha-Fong).
L’agiografo la presenta come modello di fede in Dio e di attaccamento al suo popolo, segno di speranza e gioia. Ma Ester è anche un paradigma della figura femminile nella Bibbia: come lei, vi furono donne che in situazioni sfavorevoli seppero in modo giusto e al momento giusto conservare la fede in Dio, trovando nella preghiera il coraggio e la forza per “ribaltare le sorti”. Basti ricordare le madri d’Israele (Sara, Rebecca, Rachele), altre donne dal forte carisma (Miriam e Debora), come anche Rut e Giuditta che nei momenti di crisi, raccolsero la sfida, rivelando così che Dio agiva per mezzo di donne per salvare il popolo dalla rovina o dalla morte. Il rotolo di Ester rappresenta un unicum nel panorama della letteratura biblica. Anzitutto, del libro esistono due recensioni: la prima, più breve, è scritta in ebraico, mentre la seconda, più lunga, è stata composta in greco. Tenendo conto di questo tratto peculiare, La Sacra Bibbia a cura della Conferenza Episcopale Italiana (2008), ha scelto di riportare nella stessa pagina i due testi: quello greco nella parte superiore, il testo ebraico in quella inferiore. Dopo aver precisato che la Chiesa ritiene ispirate entrambe le forme, la nota editoriale spiega come la decisione di stampare il testo greco nella parte superiore della pagina intenda segnalare «la sua preminenza nella liturgia della Chiesa cattolica». Il testo ebraico si compone di dieci capitoli, mentre il testo greco con i suoi sedici capitoli offre una versione più ampia. Per la Vulgata, Girolamo (347-420), cultore dell’hebraica veritas, tradusse la versione ebraica di Ester, ma non ignorò l’altra tradizione testuale, collocando in appendice le sei aggiunte del testo greco. Come ricordato, invece, la traduzione italiana a cura della CEI (2008) ha optato per una soluzione diversa: riportare entrambe le versioni in forma integrale, nel rispetto delle due diverse tradizioni testuali. Le due versioni si differenziano non solo per la lingua e l’estensione, ma anche per la sensibilità religiosa.
Un aspetto certamente da segnalare riguarda il testo ebraico, nel quale non compare mai esplicitamente il nome divino (l’unica eccezione si trova forse in Est 4,4). Per Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, la spiegazione più plausibile è che questa “mancanza” rappresenti «l’apparente invisibilità e assenza divina nella storia, in contrasto con quella prepotente del potere umano». In effetti, la radice di melek (termine ebraico per indicare il “re”) compare 251 volte nel rotolo di Ester: si tratta di una fine ironia per dimostrare come benché onnipresente sul palcoscenico della storia, non è certamente il re a governare la storia e gli avvenimenti. Dio nasconde il suo volto, ma non significa che scompaia: come osserva il rabbino Di Segni «la provvidenza continuerà ad agire, ma in modo nascosto».
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