Al Santuario del Beato Antonio e dell’Ave Maria di Stroncone, dal 3 al 7 febbraio 2022, si celebra il transito del beato Antonio Vici da Stroncone, patrono del paese. Domenica 6 febbraio alle ore 18 la solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta dal vescovo di Terni-Narni-Amelia S.E. mons. Francesco Antonio Soddu, alla presenza del ministro provinciale dei Frati Minori di Umbria-Sardegna fr. Francesco Piloni, del parroco di Stroncone fr. Mario Macrì e del guardiano del convento San Francesco di Stroncone fr. Danilo Cruciani. Presenti il sindaco di Stroncone Giuseppe Malventani, il vicesindaco di Assisi Valter Stoppini, i rappresentanti dell’ente “agosto stronconese” e dei tamburini della sfilata storica. È stata benedetta la nuova statua del beato Antonio Vici che dal 27 febbraio al 14 agosto sarà in pellegrinaggio tra le famiglie del territorio di Stroncone.
Antonio nacque agli inizi del 1381 a Stroncone, da Vico e Isabella della nobile famiglia Vici. A 12 anni circa entrò come frate minore nel convento del suo paese, in cui vigeva la riforma dell’Osservanza. Dopo la professione religiosa, si trasferì in Toscana presso suo zio, fr. Giovanni da Stroncone, di cui aveva conosciuta la fama di santità. Giovanni era il primo vicario del beato Paolo Trinci da Foligno, iniziatore della riforma dell’Osservanza. Successivamente, Antonio fu inviato in Maremma e in Corsica, dove si adoperò per la diffusione della riforma. Tornato in Umbria, dimorò nei conventi di Perugia e Bettona; per circa trent’anni dimorò all’Eremo delle Carceri di Assisi, abitando in una grotta della selva; infine fu a San Damiano.
Religioso non sacerdote, come la maggior parte degli osservanti della prima generazione, Antonio condusse una vita di contemplazione unita ad una grande austerità: mangiava solo pane e acqua, andava sempre scalzo, portava solo una tunica; si ricorda poi che praticasse nella giovinezza la “gummodia”, consistente nel fare mille genuflessioni ogni giorno. Passava molti giorni senza mangiare cosa alcuna, in particolare dal Giovedì santo fino alla Domenica di Resurrezione. Divenuto anziano, gli altri frati gli dicevano di mangiare carne, o pesce; ma Antonio rispondeva loro che quei cibi gli facevano male. Chiedendogli come potessero fargli male vivande così buone, soggiunse: “fanno male all’anima mia”. Austero con se stesso, fu invece generoso con i fratelli e con i secolari che lo avvicinavano. Rifuggiva l’ozio e, tra le altre mansioni, svolgeva il servizio di sacrestano. Coltivò sempre e con grande impegno l’umiltà, prestandosi per i più vili servizi della fraternità, terminati i quali si rinchiudeva nel silenzio della contemplazione. Accettava per amore di Dio le tribolazioni della vita e le umiliazioni da parte del prossimo.
Il Signore gli concesse lo spirito di profezia, tanto da essere noto ed ammirato da persone umili e da personaggi di rango, dai confratelli semplici e da quelli più acculturati, tra cui san Giacomo della Marca.
Dopo 68 anni di vita religiosa e dopo aver riconsegnato al guardiano le piccole cose che aveva avuto in uso, per esempio il libro delle preghiere, passò alla vita eterna il 7 febbraio 1461 nel convento di San Damiano. Il suo sepolcro fu illustrato da numerosi miracoli. Il suo corpo, riesumato e trovato intatto, fu traslato nel 1809 nella chiesa di San Francesco a Stroncone.
Il suo culto fu confermato da papa Innocenzo XI il 28 giugno 1687.
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