La conversione di san Francesco spesso è letta alla luce del brano evangelico in cui si narra del giovane ricco cui Gesù indicò di vendere tutto per darlo ai poveri e poi seguirlo (Mt 19,16-22). Mentre l’interlocutore «udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni», l’Assisiate optò di vivere alla sequela di Cristo. L’esito finale della via intrapresa da frate Francesco fu la letizia espressa nel Cantico di frate sole mentre quello della scelta del giovane fu l’anonimato: strade divergenti che interpellarono la libertà di entrambi e con risultati e frutti altrettanto diversi.
In effetti, comparando le due storie risalta maggiormente che Cristo è la risposta adeguata alla domanda di eterna giovinezza insita in ogni uomo e donna, come ebbe a spiegare Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica Dilecti amici (indirizzata nel 1985 ai giovani e alle giovani del mondo in occasione dell’anno internazionale della gioventù).
In ciò può essere di aiuto il libro di Roberto Contu Il Vangelo secondo il ragazzo (Castelvecchi editore, Roma 2017), frutto di vari anni di approfondimenti: «Scrivere questo libro è stato anzitutto conoscere il testo evangelico, provare a entrarci dentro per una via laterale, la via dell’immaginazione personale, la via della letteratura […] La notte in cui arrestano il Cristo compare il ragazzo. Ne parla soltanto il Vangelo di Marco. Non è noto chi sia il ragazzo, perché fosse lì, quale sia stata poi la sua vita».
Di seguito il brano in cui si narra dell’incontro del ragazzo con il giovane ricco.
Arrivati in prossimità del pozzo lo trovarono deserto, se non per un giovane seduto all’ombra di una palma poco distante.
Il padre e il figlio si avvicinarono al pozzo senza dare confidenza, pur notando entrambi il vestito prezioso e l’acconciatura, indizi certi della sua ricchezza e quindi del suo essere fuori luogo in quella posta per viaggiatori. Fu lui e interpellarli appena si accostarono al pozzo per dissetarsi.
«Da dove venite, viaggiatori?».
«Da nord», rispose il padre, con il tono di chi voleva tagliare corto.
«Allora conoscerete di sicuro Gesù di Nàzaret», disse senza espressione alcuna il giovane.
«Non ci interessa», rispose il padre.
Ma il giovane continuò a parlare, senza nemmeno guardarli, come a ripetere a se stesso una storia che lo turbava.
«Sono arrivato a inginocchiarmi di fronte a lui. Gli ho domandato l’eredità della vita eterna».
Padre e ragazzo si fermarono diffidenti all’udire i toni sommessi di un delirio sussurrato.
Il giovane continuò.
«Ho osservato da sempre la Legge. Lui stesso me ne ha chiesto conto. Ho avuto in dono da Dio una vita retta e il segno privilegiato della sua benedizione: abbondanza di beni terreni e ricchezza».
«E che ti ha detto Lui?», chiese il ragazzo, contravvenendo al comando implicito del padre di non farsi trascinare.
«Mi ha guardato. Mi ha guardato, come ti guardava tuo padre quando tu gli ridevi da bambino. Mi ha guardato e mi ha voluto bene».
Il ragazzo non capì il senso delle parole del giovane.
«Perché non l’hai seguito, quindi?», domandò inaspettatamente il padre. Il giovane si voltò verso l’uomo. Poi guardò oltre, verso le mura di Faselide.
«Mi ha chiesto una cosa insensata».
«Di lasciare tutto», lo anticipò d’istinto il ragazzo, con grande sorpresa del padre.
Il giovane lo guardò scuro in volto, come colto a tradimento.
«Di lasciare tutto, di sperperare tutto, di sprecarlo per i poveri. Questo mi ha chiesto», disse il giovane, sibilando in un accennato moto di rabbia che declinò subito nell’espressione palpabile di tristezza.
«Ho molti beni», disse il giovane, «e so di essere io nel giusto. Maledetto me che mi sono umiliato a quell’uomo. Si è voltato attorno, verso i suoi seguaci. Ha detto loro di rinnegare beni, fratelli, sorelle e genitori promettendo il cento per uno. Ha bestemmiato contro la Legge e i Comandi. Maledetto me che mi sono umiliato a quell’uomo».
Il padre e il ragazzo non aggiunsero altro. Fecero la scorta dell’acqua e nonostante il caldo già opprimente a fine inverno decisero di tornare comunque sulla strada. Quel poco di brezza che si era sollevata avrebbe reso più tollerabile il cammino, più tollerabile comunque del rimanere in quell’alone pastoso di angoscia che avevano vissuto attorno al giovane triste.
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