Francesco “plurale” è il titolo, originale e intrigante, di un convegno tenutosi a Greccio (2016), in cui si è affrontato il tema delle diverse rappresentazioni di Francesco d’Assisi nel corso del tempo.
Ma è anche l’esperienza di tutti coloro che oggi si pongono in ascolto di san Francesco, cercando di cogliere il nucleo autentico del suo messaggio e della sua esperienza umana e spirituale.
Di fronte alle numerose “letture” e rappresentazioni del Poverello, affiora inevitabilmente l’interrogativo che Chiara Frugoni ha scelto come titolo del suo libro sugli affreschi della Basilica Superiore di Assisi: Quale Francesco?
Nel tentativo di comprendere il significato della “pluralità” di frate Francesco, gli studiosi hanno individuato due poli attorno ai quali classificare le numerose immagini del Santo: le rappresentazioni in cui prevale la ricerca del “Francesco in sé” (il Francesco della storia) e quelle più attente a cogliere il “Francesco per noi” (le diverse rappresentazioni di Francesco proposte, ad esempio, nell’arte, nella cinematografia, nella letteratura e nella pietà popolare). A ben vedere, questa “duplicità” non deve sorprendere: è il semplice corollario della singolare ricchezza dell’esperienza di Francesco d’Assisi che ha segnato l’immaginario dell’Occidente, e non solo.
A queste rappresentazioni, spesso, non è estraneo un certo grado di ambiguità e così al santo più popolare del cattolicesimo è toccato in sorte lo stesso destino del suo Maestro, il Signore Gesù Cristo: ogni epoca lo ha compreso e rappresentato in modo diverso, sottolineando spesso aspetti in linea con lo “spirito del tempo”, talvolta senza prestare la dovuta attenzione alle fonti più autorevoli.
In questo modo, osserva Giovanni Grado Merlo nell’articolo Unicità di frate Francesco e pluralità di san Francesco, in Credere Oggi (n. 219 - 3/2017, nella foto la copertina), il Santo di Assisi viene rappresentato sotto variegate “colorazioni” ideologiche: «si passa dal san Francesco rosso (socialista, comunista, terzomondista, internazionalista, movimentista), al san Francesco nero (nazionalista, littoriale), al san Francesco verde (ecologista, ambientalista, animalista, naturalista, planetario), al san Francesco rosa (femminileggiante, femminista)».
La pluralità è fisiologica, e anche auspicabile, poiché appartiene alle dinamiche proprie del processo ermeneutico, a condizione, però, che ciò avvenga «nel contesto di un filologicamente rigoroso impegno di ricerca che sia fattuale e, nello stesso tempo, interpretativo».
Accade, invece, che la figura di Francesco sia strumentalizzata, se non manipolata, così che da testimone di Cristo, il Santo di Assisi diviene il testimonial di campagne ideologiche o propagandistiche che non hanno nulla a che vedere con l’ispirazione evangelica che lo animò.
La molteplicità delle rappresentazioni di Francesco non è un fenomeno esclusivo dei nostri tempi, poiché la figura dell’Assisiate è stata “plurale” fin dalle origini: le prime lettere pontificie di Gregorio IX (Sicut phiale aureae e Mira circa nos) in cui si annunciava la decisione di inserire il Poverello tra il novero dei santi, la nutrita letteratura sanfrancescana dei secoli XIII e XIV e l’antica produzione iconografica in cui si poneva in luce il carattere esemplare della sua esperienza cristiana, da proporre come modello per i suoi seguaci, in particolare i frati.
Nei tempi più recenti, la pluralità della figura di Francesco si è ulteriormente accentuata in ambiti espressivi quali la produzione cinematografica e letteraria, in cui però sembra prevalere l’immagine di un “Francesco per noi”, con un ampio margine alla creatività degli autori, spesso liberi nel loro rapporto con le fonti storiche.
I caratteri autentici dell’esperienza del figlio di Pietro di Bernardone si sono stemperati, cedendo il passo alle esigenze proprie del mezzo espressivo, sia esso il cinema o la letteratura, come anche la genialità e la cultura dell’artista o dell’interprete.
Alla luce di tutto ciò, dunque, ci si deve chiedere come accostarsi, in modo consapevole e critico, all’esperienza evangelica di frate Francesco.
Una proposta convincente è formulata da Giovanni Grado Merlo, il quale individua un percorso che consente di affrontare il tema dell’unicità di frate Francesco nel suo rapporto con la pluralità di rappresentazioni che di lui sono state suggerite.
In primo luogo, gli “scritti” del Santo, il punto di partenza più solido per una conoscenza di prima mano del Poverello; in secondo luogo, le bioagiografie del XIII e XIV secolo, materiale prezioso, ma non sempre facile da maneggiare, perché è già evidente l’opera di trasformazione di “frate Francesco” in “san Francesco”, con tutto ciò che questa operazione comporta in termini di riproduzione stilizzata del personaggio Francesco secondo i canoni e gli stereotipi della santità.
Si tratta perciò di attingere a quelle che sono state definite le “fonti francescane”.
Più spesso, invece, osserva Merlo, la strada percorsa è quella dell’approccio selettivo alle fonti, mediante la scelta di una delle narrazioni più gradite, a partire dalla quale l’interprete elabora un suo “nuovo” racconto, proponendo – su carta, su tela o su pellicola – la creazione del “proprio” san Francesco, nel tentativo di renderlo più vicino alla sensibilità contemporanea.
Come si può rilevare, la questione diviene complessa, forse insolubile, perché, come ricorda ancora Merlo, i due poli del confronto – il “Francesco in sé” e il “Francesco per noi” – non necessariamente si escludono: anche se bisogna preferire la via della ricerca storica, con tutto il suo rigore metodologico, la produzione orientata al “Francesco per noi” è comunque preziosa, perché rimane uno stimolo costante «a non fissarsi su apparenti sicurezze cognitive su Francesco, la cui fisionomia autentica sfugge a delineazioni definitive e ad appropriazioni indebite».
di Germano Scaglioni OFMConv,
docente di Nuovo Testamento e direttore di testata di Credere Oggi
per “San Bonaventura informa“ (Settembre 2017)
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