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Terza meditazione di don Giuseppe Pulcinelli nel Triduo di San Giuseppe 19 Mar 2021

“Giuseppe fece come gli aveva detto l'angelo”

Nell’ultima meditazione del Triduo (I – II serata) che ci prepara alla solennità di san Giuseppe, don Giuseppe Pulcinelli si è concentrato sul suo rapporto con Gesù. Fin dall’inizio, Giuseppe accetta che sia Dio a guidare ogni tappa.

Egli, infatti, accetta di dare al figlio il nome che l’angelo gli ha indicato: “si chiamerà Gesù perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Dentro quel nome, vi è dunque la vocazione e la missione alla quale Giuseppe dovrà preparare questo figlio: il dono di sé per essere Salvatore. Egli rappresenta il punto di riferimento più importante per la formazione di Gesù, colui che lo fa divenire quell’uomo adulto che poi abbiamo conosciuto come il maestro di Nazareth.

Come per ogni essere umano che viene al mondo, anche per Gesù tutto ciò che è diventato lo deve in grandissima parte alle cose che ha ricevuto dalla famiglia, da Maria e da Giuseppe. Come osserva Papa Francesco nella Patris Corde: “Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe”. Egli lo introduce pure nella conoscenza della torah perché nel giudaismo l’educazione religiosa dei figli maschi è affidata alla figura paterna.

Oggi più che mai si sente a tutti i livelli il bisogno di avere dei padri, che sappiano accogliere, accompagnare, far fiorire e soprattutto anche lasciare andare i propri figli. Proprio questo aspetto della paternità è quello che comporta una maggiore sofferenza. Non trattenere il proprio figlio significa renderlo capace di scelte di libertà. Giuseppe lo avrà sperimentato quando smarrisce Gesù nel tempio, sarà stato per lui come un vivere in anticipo il Venerdì Santo vissuto poi da Maria. Egli però si dimostra capace di lasciare andare il figlio e allora la nostra invocazione deve essere quella di insegnarci a vivere la paternità in questo modo, nel più totale affidamento al Padre Celeste.



Anno di san Giuseppe Catechesi Porziuncola Quaresima San Giuseppe Triduo

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