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La storia di Marco Gallo 26 Lug 2022

Il desiderio di cose grandi e il nome della felicità - 2/2

Seconda parte dell’articolo di Massimo Reschiglian e Maria Letizia Tomassoni (I parte)

Qualche mese prima della sua morte Marco scrive: “Quando ero un bambino la bellezza del papà, dei giochi, del sole e della luce del giorno, tutto mi rendeva felice. Ora son grande, e continuo a desiderare il sole, ma voglio un sole più grande, più splendente. Ho creduto negli amici, nella ragazza, nell’amore e anche nell’imprevisto, eppure tutto il mondo mi dice: ‘Rinuncia! Non pensarci, non troverai nulla qui’. Perché il mondo mi dice questo? […]. Ebbene qui una cosa racconto: anche se tutto il mondo mi dicesse di mollare, io non mollerò”. Dirà di lui Simone, compagno di banco: “Nulla ti è mai bastato, nel tuo modo irrequieto”.

“La felicità è reale solo se condivisa”
Negli anni del liceo Marco attraversa una fase di ricerca più intensa. Oltre la scuola e gli amici, si dedica all’atletica, si appassiona nei viaggi, partecipa alle attività di Gioventù Studentesca e di CL, fa attività caritativa, va con volontari a spalare fango a Monterosso dopo l’esondazione del 2011. Ma interiormente vive un’inquietudine, una ricerca che non trova risposte, riguardo al senso delle cose, alla fede e, alla felicità. A Marco non bastano le cose, gli amici, i suoi successi, come non è soddisfatto di una fede fatta di nozioni o annunci, la scuola gli sta stretta e ne sente il peso.

Nella sua inesausta ricerca di felicità scrive: “La mia confusione mi portò a: felicità= amici=uscire sabato sera… che era il mio nuovo ideale. Così passarono due anni”. È affascinato dalla testimonianza di Chris McCandless, il ragazzo americano del film Into the wild, che “finito il liceo, ha mollato tutto ed è partito per un lungo viaggio, si è spinto fino in Alaska, ha sacrificato la sua vita alla ricerca di qualcosa che neanche lui conosceva, ma che cercava. Ed è giunto a questo: la felicità è reale solo se condivisa”.

“Marco ha sempre desiderato una vita straordinaria – dice la mamma – per essere straordinariamente felice. Ma ora capisce che attraverso un incontro straordinario, un Mistero che lo abbraccia ora, può iniziare a vivere anche l’ordinario”. In terza liceo, nel 2009, Marco vive come un tempo nuovo, una svolta: “divenni socialmente più abile, e osservai il vuoto dei sabati sera come il senso di tutto”. Al seguito di alcuni incontri con persone autentiche e riflessioni personali, arriva la sintesi: la felicità è dentro il suo quotidiano, è l’incontro autentico con il Cristo che abita nella persona di un amico, nel perdono donato e ricevuto nella Chiesa, nella realtà della vita.

“Il gusto della vita – scrive in un sms – non è precluso a chi sbaglia, ma a chi ignora il senso dell’infinito, il legame tra quello che è qui e il destino. Però, in questo percorso, bisogna non esser soli, non basta che uno ci metta il cuore. Io sto conoscendo Cristo in ciò che accade e lo sto conoscendo sempre di più. Il mio ideale è Cristo: la sua veridicità mi si continua a mostrare […]. Lo vivo seguendo persone vive”. E trascrive le sue intuizioni in un testo da lui intitolato: “Il metodo per vivere pienamente la vita per rispondere alle domande ultime; scritto per i giovani, raccontato da un giovane”.

“Marco ti faceva sentire come se tu fossi l’unico al mondo per lui”, dice Beppe, un compagno di scuola. Matteo, un cugino, ricorda che lui: “chiedeva sempre – ma come stai? Voleva sapere come stavo veramente, lui voleva sempre l’incontro con la persona con cui parlava, ti domandava di te. La sua fede la trasformava in azione e opere: in questo era il suo altruismo […]. Non si faceva paranoie, lui andava dritto al punto, piccoli gesti in cui lui c’era tutto, un sorriso, un abbraccio, anche uno scherzo, ma lui era tutto in quel sorriso, abbraccio o scherzo”.

“Dio mi ha parlato!”
In una lettera, inviata da Marco al settimanale Tempi, all’indomani della beatificazione di Giovanni Paolo II (1.5.2011), alla quale ha partecipato, scrive: “sono rimasto profondamente colpito da queste sue parole: ‘Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo […]. Cristo sa cosa è dentro l’uomo, solo lui lo sa. Oggi spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, nel suo cuore, così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra; è invaso dal dubbio, che si tramuta in disperazione. Permettete quindi, vi prego, vi imploro con umiltà e fiducia, permettete a Cristo di parlare all’uomo, solo lui ha parole di vita, sì!, di vita eterna’.

È come se finalmente qualcuno mi abbia capito. Una comprensione che va oltre quella degli amici e delle persone che ho incontrato. Come se tutto il segreto della vita fosse racchiuso qui, in queste parole. Cavolo, sono andato in chiesa, e per la prima volta in moltissimo tempo ho pregato intensamente, affinché queste parole rimanessero bene incise dentro di me, affinché realmente Cristo, ora, di fronte alla mia situazione che realmente è di dubbio e di disperazione, mi abbracci, ora”.

Nell’ultimo anno della sua breve vita Marco è come avvolto da un raggio di luce che scioglie le nebbie del cuore, la sua ricerca tenace della verità sembra aver trovato la risposta che cercava da anni. “Acquisisce un entusiasmo per la vita sorprendente – dice la sorella Francesca –, non c’è più traccia del timido Marco che magari era titubante […], non teme il giudizio degli altri, anzi inizia letteralmente a fregarsene […]. Parlava con una familiarità del Mistero, questa la parola a lui più cara nell’ultimo periodo”. A Nicola, papà di Jiang e Alexandra, Marco confessa: “devo parlarti, è una cosa nuova, non so bene come dirla, ma è importante e ne devo parlare. È come se avessi capito, capito che devo mettere al centro di tutto Gesù! Non importa di cosa si tratti o con chi tratti, al centro c’è Gesù! Non è facile perché non tutti capiscono, anzi la maggior parte non capisce. Ma non importa, capiranno, almeno lo spero per loro. Io ormai ho deciso e per meno non mi interessa nulla”.

Negli ultimi tempi della sua vita terrena, Marco mostra un’accelerazione, come accade spesso alle anime, soprattutto di giovani, che stanno per tornare al Padre. Qualche giorno prima della sua partenza per il cielo Marco è come travolto dalla visione del film Francesco di L. Cavani, lo guarda a tarda sera, ne rivede le scene principali, mette nel suo desktop l’immagine in cui san Francesco, ricevute le stimmate, dice: “Dio mi ha parlato!”, e pressa quelli di casa dicendo: “Dovete vederlo!” – dice alla sorella maggiore Francesca “con uno sguardo come se mi offrisse il mondo intero” – e girandosi di scatto aggiunge: “Fra’, io sono cambiato, sono diverso, ora posso volerti bene. Tu sei mia sorella”. Francesca testimonia di aver vissuto una conversione immediata nei giorni del passaggio di Marco e di comprendere il senso delle sue parole: “Ogni giorno scegli tu dove guardare”.

Come san Francesco, Marco vede la distanza tra se stesso, creatura, ed il Creatore: “Non lo dico con piacere, ma con forte dolore: io non valgo nulla. Ma il motivo per cui la mia vita ha senso è perché ci sei TU, l’ho capito. Noi non ti meritiamo, non meritiamo una goccia di sangue di te. E invece, Tu ci sei e mi ridesti ogni attimo, senza che io me ne accorga, Tu mi dai la bellezza, le persone, le risposte, Tu mi abbracci e ti dico grazie; un grazie inconsapevole, inconsapevole del tuo infinito amore, del valore che mi dai e dei modi in cui ti manifesti”.

Il giorno prima del suo incidente Marco viene a sapere della morte di Giovanni, 23 anni, amico di Comunione e Liberazione. E dice alla mamma: “Cosa sta succedendo? Cosa ci vuol dire il Signore? Perché vedi mamma a volte il Signore viene e ti prende così”. Il 5 novembre 2011, alle 8 del mattino, mentre si reca a scuola con la sua moto da cross, nell’impatto accidentale con un’auto, così accade anche per lui. La sera precedente, sul muro della sua stanza, a matita, vicino al Crocifisso di san Damiano, aveva scritto: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?”. I suoi cari vedranno quella scritta solo dopo la sua morte, una frase che li scuote profondamente: lui non li ha lasciati orfani, ognuno di loro può testimoniare come Marco, dopo essere scomparso, ha aperto loro occhi e cuore verso il Risorto, l’unico che può dare un senso al dolore e tenere viva la fiamma della fede autentica, nella speranza certa di rivedere coloro che amiamo e ci hanno preceduto.

“Un semplice consiglio: non smettete di credere nell’amore” (Marco Gallo).

In DIRE CRISTO, di Massimo Reschiglian e Maria Letizia Tomassoni
dal n. 4/2021 della Rivista Porziuncola



Massimo Reschiglian Rivista Porziuncola Testimonianza

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