Nel 1393, mentre imperversano guerra e carestia, fr. Francesco da Sangemini, guardiano del convento della Porziuncola, commissiona al pittore Prete Ilario da Viterbo una tavola da collocare all’interno della piccola chiesa che Francesco aveva tanto amato.
Ancora oggi chi entra nella Porziuncola non può non restare incantato dalla bellezza di questa imponente pala che, come testimonia l’iscrizione in latino visibile al di sotto della scena principale, è stata dipinta grazie ai proventi delle elemosine.
Composta da una tavola di ampia superficie, da una predella che si interrompe al centro per permettere l’accesso all’abside della chiesa e da una cornice piuttosto larga inclinata verso l’interno, l’opera di Prete Ilario è un vero e proprio retablo che riveste la parete di fondo della Porziuncola ed è sagomato seguendone il perimetro ogivale.
Il programma iconografico è estremamente complesso: la scena centrale, con una scelta tematica che ha suscitato molti interrogativi tra gli storici dell’arte, in effetti è dedicata alla Vergine Annunciata dall’Arcangelo Gabriele anziché all’Assunta, vale a dire alla Madonna degli Angeli cui la Porziuncola è intitolata. Come ha acutamente evidenziato Mario Sensi tuttavia, l’annuncio della nascita del Salvatore si lega profondamente a quel concetto di “Francesco Madre” al quale farebbero riferimento gli altri episodi del retablo che narrano l’Indulgenza del Perdono: la scelta di rappresentare l’annunciazione mirerebbe quindi ad esaltare la conformità di San Francesco – la “Pia mater” dell’Ordine minoritico che, per amore degli uomini, chiede la salvezza di tutte le anime dei fedeli in pellegrinaggio alla Porziuncola – con Gesù, che per amore ha liberato l’intera umanità dal peccato.
Vi sarebbe poi un’esaltazione del ruolo della Porziuncola, “particella” di mondo affidata dal Signore a Francesco per servirLo, così come Maria di Nazareth è la “particella” eletta e santa di umanità che è stata scelta da Dio Padre per permettere al Verbo di farsi carne. La purezza della Vergine, prima, durante e dopo il parto, è sottolineata dai tre candidi gigli nel vaso all’interno della scena.
Gli Episodi del Perdono del retablo (termine spagnolo di etimologia latina, dalla locuzione re(tro)tabulum altaris, che indica una grande pala d’altare), sembrano essere derivati principalmente dal racconto della concessione dell’Indulgenza di Michele di Bernardo da Spello. Michele da Spello non solo utilizza in riferimento al Poverello le parole “pia mater nostra”, ma riserva anche al miracolo delle rose un ruolo centrale: questi fiori appena sbocciati, associati a Maria e alla maternità, probabilmente alludono, quando presenti nel numero di dodici, alla missione apostolica dei Minori e, quando presenti in numero di tre, ai voti francescani di povertà, castità ed obbedienza.
Il ciclo delle Storie del Perdono - che i spirerà tutte l e raffigurazioni successive dell’Indulgenza della Porziuncola - può essere letto in senso antiorario, a partire dal riquadro situato in basso a destra.
Gli angeli appaiono a San Francesco vittorioso sulla tentazione: Per fuggire alle lusinghe del demonio (raffigurato in alto mentre si sta allontanando) Francesco si è recato fuori dalla sua cella fatta di stuoie e si è gettato nudo tra le spine di un roveto, tenendo in mano il flagello per fustigarsi. Cristo, in alto a sinistra, si affaccia dal cielo e gli invia due angeli.
Gli angeli accompagnano Francesco alla Porziuncola: Francesco vestito di una tunica si incammina con due creature celesti lungo una strada dritta, coperta da un tappeto dorato ornato di margherite, verso la chiesetta. È pieno inverno, ma il roveto, dopo essere stato pervaso di luce, si è ammantato di rose: Francesco ne reca con sè ventiquattro - dodici rosse e altrettante bianche, in onore di Cristo e della Vergine - mentre l’angelo a destra ne tiene in mano tre, due bianche ed una rossa.
Cristo, per intercessione della Vergine, concede a Francesco l’Indulgenza: Questa scena è più grande ed occupa la parte superiore, cuspidata, del retablo. Francesco, affiancato dai due angeli, è inginocchiato davanti all’altare della Porziuncola ed offre una corona di dodici rose al Redentore e alla Vergine seduti su un trono: all’interno di una mandorla pervasa di luce ed attorniata da una schiera di cinquantadue angeli (ventisei per lato) Cristo e Maria ascoltano Francesco chiedere l’Indulgenza plenaria. La Madonna, avvolta in uno splendente manto dorato, intercede con il Figlio a favore della richiesta del Poverello.
Francesco chiede a Onorio III di approvare l’Indulgenza: Insieme a fr. Masseo, Francesco si reca da papa Onorio III presso il palazzo lateranense per avere la conferma dell’Indulgenza ottenuta durante la visione alla Porziuncola. All’interno di un edificio coperto da volte, il Papa, seduto su un trono e affiancato da altri sei religiosi, sta per ricevere dal Poverello tre rose bianche e tre rose rosse, segno del miracolo avvenuto a Santa Maria degli Angeli.
Francesco alla presenza dei sette vescovi umbri proclama al popolo l’Indulgenza: Quest’ultima scena si svolge davanti alla Porziuncola, visibile sullo sfondo a destra. Francesco si affaccia da un pulpito coperto da stoffa dorata e posto al di sotto di un baldacchino purpureo: il Santo tiene in mano il cartiglio che, annunciando al popolo l’Indulgenza, recita “(Hae)c est portae vitae aeternae”. Accanto a lui i sette vescovi dell’Umbria vorrebbero fissare un limite temporale a questo dono, ma per intervento divino non riescono a fare altro che confermare ciò che dice Francesco: il Perdono della Porziuncola è perpetuo e l’indulgenza plenaria con la remissione completa delle colpe potrà essere ottenuta da chiunque si sia avvicinato al sacramento della Riconciliazione e visiti la chiesa tra i vespri del 1° agosto e il giorno successivo.
Nella cornice esterna del retablo dodici Santi intercessori si intervallano con cherubini e serafini. Nei due campi più in basso altrettanti Oranti genuflessi (uno a destra e uno a sinistra) rappresentano verosimilmente dei donatori.
Nella predella infine si riconoscono sei Episodi miracolosi, quasi tutti legati all’intervento della Vergine degli Angeli o all’icona che la raffigurava e che forse anticamente era presente in Porziuncola.
La pala di Prete Ilario, caratterizzata da uno splendido senso del colore e da materiali preziosi finemente trattati, mostra una tecnica pittorica degna della migliore tradizione senese: non a caso lo schema dell’Annunciazione è derivato dall’opera di Simone Martini realizzata per il Duomo della città toscana nel 1333 (oggi agli Uffizi di Firenze). C. Fratini ha evidenziato la vicinanza degli angeli della scena della concessione dell’Indulgenza durante la visione alla Porziuncola con quelli che compaiono nell’Incoronazione della Vergine del coro ligneo nel Duomo di Orvieto ed ha sottolineato come le accurate e minuziose descrizioni delle stoffe (si veda ad esempio la bellissima resa della tovaglia perugina nel pulpito dal quale si affaccia Francesco) rendano plausibile un rapporto diretto dell’artista con l’ambiente dei miniatori.
Fino al 1916 una lastra d’argento sbalzata ricopriva per intero il retablo, lasciando vedere attraverso due aperture ovali i volti dell’Angelo e della Vergine: in questo modo la tavola era protetta dai fumi delle candele e dalle monete, che i pellegrini gettavano per devozione. Nelle maggiori festività o durante le visite di personaggi illustri l’anta veniva aperta per mostrare l’Annunciazione ai fedeli.
In PARLANO I COLORI, di Silvia Rosati
dal n. 1/2016 della Rivista Porziuncola
Museo della Porziuncola Porziuncola Prete Ilario da Viterbo Rivista Porziuncola Silvia Rosati
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