Mie care Povere Signore di Santa Chiara, il Signore vi dia pace!
“O Signore Dio, ecco che so’ lassata sola ad te in questo loco”. Probabilmente riconoscete che questo profondo grido di desolazione fu pronunciato dalla nostra Madre Santa Chiara nella vigilia di Natale del 1252 quando, costretta all’immobilità per la sua grave malattia, non poté unirsi alle sue sorelle per celebrare la Natività del Signore. Come possiamo non vedere in esso il lamento di Gesù durante la sua agonia nel Giardino degli Ulivi? E quello di tanti nostri fratelli e sorelle che, minacciati dal Covid-19, soffrono di un isolamento così angosciante per il cuore umano? Quella notte, Chiara provò una profonda solitudine: Francesco, che con Dio era la sua unica consolazione, era morto; i frati erano in conflitto; e lei stessa era sola e portava il peso delle sue infermità. È questa solitudine che presenta al Signore e Dio le dà la consolazione di ascoltare gli inni cantati dai frati nella Basilica di San Francesco.
A causa del Covid-19, una comunità di Clarisse è stata costretta ad adottare massime misure di isolamento. Ogni sorella ha dovuto rimanere nella sua cella per facilitare il recupero ed evitare il contagio; è stato, inoltre, impossibile riunirsi in coro e in refettorio. Doloroso e angosciante! Queste sorelle mi hanno condiviso quanto sia stato consolante per loro seguire con piccole radio le liturgie presiedute da papa Francesco, ascoltare le sue omelie divenute base di una forma di vita ridotta ai suoi elementi essenziali. “Verrà l’ora […] in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me”.
Sì, il Signore non ci salva dalla storia ma dentro la storia, non ci salva dal Covid-19, ma nel Covid-19, non ci salva dalla solitudine, ma nella solitudine, non ci salva dalla paura, ma nelle nostre paure.
E la paura non è diventata il nostro destino quotidiano e nostro compagno dall’inizio di questa pandemia? Paura dell’altro da cui dobbiamo proteggerci, paura del lupo che è entrato nell’ovile, paura del male al lavoro dentro di noi, paura di trasmettere la morte all’altro, paura che diventa panico quando il virus fa il suo lavoro mortale sui nostri cari e quando i nostri sintomi improvvisamente danno segnali allarmanti. Come tremiamo davanti alla morte del Crocifisso Povero che, asfissiato, emise il suo spirito nelle mani del Padre! Se il coronavirus ci scuote così tanto, è perché tocca il respiro vitale dentro di noi e lo distrugge … Paura anche della separazione e dell’abbandono che alcune di voi hanno sperimentato, quando avete dovuto affidare una vostra sorella alle cure ospedaliere, quando l’avete vista andare senza poter stare con lei nel momento del grande passaggio.
Ciò che colpisce è che la morte di Santa Chiara sembra aver avuto luogo in un clima di sorprendente presenza celeste: Chiara vide arrivare a lei il Re della Gloria, una sorella vide una moltitudine di vergini avvicinarsi in processione al letto della santa e la Vergine delle vergini chinò il viso maternamente verso quello di Chiara. Parlando alla sua anima, Chiara sussurrò: “Va’ in pace, perché averai bona scorta”. Quando è aperta la porta alla Comunione dei Santi, si può morire da soli?
“Sorelle e figliole mie, non vogliate temere, però che, se Iddio sarà con noi, li inimici non ce potranno offendere. Confidateve nel Signore nostro Iesu Cristo, però che esso ce liberarà”. Dopo diverse settimane nel lungo tunnel del Covid, le sorelle mi hanno detto che il Buon Pastore aveva mantenuto la sua promessa: “Nessuno rapirà le mie pecore dalla mia mano”. Sono grate per tutta la solidarietà che hanno ricevuto, per le cure mediche attente e competenti ricevute, per l’intensa preghiera arrivata da tutte le parti, di giovani e di anziani, che le ha sollevate al cielo liberate dalla malattia.
Raramente risulta un piacere prendere il posto del lebbroso, quello da cui gli altri fuggono. Ma quando ci si lascia amare in quella situazione, che dolcezza nasce, che spazio di accoglienza, comunione e carità si apre!
Ancora, un’altra comunità ha generosamente risposto agli appelli dei poveri alla loro porta, pur essendo preoccupate per le difficoltà finanziarie che hanno dovuto affrontare a causa del confinamento. Con loro stupore, anche i benefattori hanno bussato alla porta del monastero per offrire il loro contributo. Nella sua grande e secolare esperienza, la Chiesa giustamente implora il Signore di liberare l’umanità “dalla peste, dalla carestia e dalla guerra”. Sa che la crisi sanitaria porta a una crisi economica, che purtroppo può portare a una crisi sociale. In effetti, molti di voi condividono questa preoccupazione per il domani, con i propri cari colpiti dalla disoccupazione. Più che mai, siamo invitati a confidare nella Provvidenza, perché finora il Signore non ci ha abbandonato, né ci abbandonerà. Vivere nella semplicità, evitando ogni spreco; vivere in solidarietà, fare del nostro meglio per fare il bene che possiamo fare.
Forse questo evento sarà anche l’occasione per costruire un nuovo mondo basato non più sul paradigma della globalizzazione, a livello commerciale o culturale, ma su un ritorno al locale, alla famiglia, al regionale. Non possiamo sognare una nuova visione del lavoro, degli affari e dell’economia più inclusiva e basata sulla solidarietà, dove l’anima e la vulnerabilità sono le sue fertili fondamenta?
Contiamo su di voi e sulla sapienza del vostro stile di vita per aiutarci a osare ad essere nuovi dopo questa crisi. Inaspettatamente e bruscamente, durante le fasi della quarantena, siamo stati costretti, come voi, ad avere a che fare con spazi ristretti e rimanerci a lungo. Questo è stato in totale contrasto con il normale modo di vivere della nostra società, caratterizzata da spazi ampi (viaggi, social network, ecc.) e ritmi frenetici (“tutto e subito”, velocità sempre maggiore, ecc.). Alcuni, di questa esperienza, ricorderanno solo la limitazione della libertà che comportava, la sfida di trovarsi di fronte alle proprie dinamiche mortali, la violenza relazionale dovuta a mancanza di comunicazione, mancanza di perdono, mancanza di accettazione dell’altro. E percepiamo la ricchezza della vostra testimonianza: la clausura è un piccolo campo di battaglia nel cuore del pianeta, dove non ci insegnate tanto la fuga mundi quanto a fuggire dal mondo, dove ci insegnate a vivere nelle profondità dello spazio, ad entrare nel colore delle diverse ore del giorno e nel kairos di Dio, alternando parole e silenzio per costruire relazioni di comunione con l’aiuto dello Spirito. È commovente che alcune di voi, avendo purtroppo perso la celebrazione eucaristica, il centro della giornata, abbiano accettato questa situazione come un appello a vivere e rafforzare il “sacramento della sorella”.
Il sacramento della sorella, non solo rende presente nostro fratello Gesù, ma è anche portatore di salvezza e salute, perché abbiamo sperimentato che prendendoci cura di noi stessi ci siamo presi cura di nostra sorella. Allo stesso modo, nostra sorella, prendendosi cura di se stessa, si è anche presa cura degli altri.
I vostri monasteri sono riserve di pace, serenità, speranza e compassione per coloro che sono in prima linea nella battaglia. Nell’impotenza che abbiamo sperimentato con voi, perché non siamo stati in grado di uscire per aiutare i malati e i bisognosi, abbiamo osato pregare con voi la preghiera d’intercessione. Pregare non solo per noi stessi o per quelli che sono nella loro solitudine o malattia, ma anche per coloro che rischiano la salute e la vita prendendosi cura degli altri.
Con la nostra Madre Santa Chiara, tenete lo sguardo fisso sul Crocifisso Povero, ascoltatelo gridare: “O voi tutti che passate per via, fermatevi e guardate se c’è un dolore simile al mio dolore; rispondiamo con una sola voce, con un solo spirito, a lui che grida e si lamenta: Non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia”. Possa la compassione, che voi potete mostrare come dal cuore di una madre, diventare profumo fragrante capace di consolare così tante persone afflitte e malate, sostenere il personale sanitario così generoso e devoto, incoraggiare le famiglie e infiammare il cuore dei giovani che il Signore sta chiamando a seguirlo.
Compassione significa “soffrire insieme con”. Questo piccolo virus ci ha insegnato che siamo tutti nella stessa barca; attacca indiscriminatamente ricchi e poveri, potenti e piccoli, giusti e peccatori. In solidarietà con l’umanità sofferente, aiutateci a perseverare nella preghiera per sperare contro ogni speranza: “Il nostro aiuto è nel Nome del Signore!”. Questa solidarietà trasforma i limiti dei confini umani per includere ogni persona umana, ogni essere vivente, permettendoci di abbracciare la nostra vera identità di esseri interconnessi che vivono in una casa comune. Questa consapevolezza ci aiuta ad assumere il ruolo che Dio ci ha dato quali promotori di dignità e custodi della comunità umana e dell’ambiente, Laudato Si’.
Quest’anno commemoriamo la testimonianza dei primi martiri francescani uccisi nel 1220: vissero il martirio del sangue. Non è dato anche a noi, come a Santa Chiara, di vivere il martirio della pazienza, la “passione della pazienza”? Entrambi sono fruttuosi: se Tertulliano può dire che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, non vale lo stesso per la fatica della pazienza?
Mie carissime Povere Signore, Buona Festa di Santa Chiara!
Roma, 25 luglio 2020
Festa di San Giacomo
Fr. Michael A. Perry, OFM
Ministro generale e servo
Clarisse COVID-19 Lettera Michael Perry Ministro generale Santa Chiara
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