La reclusione volontaria ha radici antiche nella Cristianità e nel xiii e xiv secolo pervenne ad una dimensione mai vista prima e mai più raggiunta. Questa forma di vita religiosa era, infatti, così diffusa che dobbiamo immaginare città medievali disseminate di celle e carceri.
Mentre l’eremita abbandona il mondo per vivere in solitudine con Cristo, ritirandosi di solito in luoghi inaccessibili, come un bosco o un deserto, nel caso della reclusione, invece, l’isolamento viene cercato nella città, chiudendosi in una cella.
Il noto frate Predicatore Giordano da Pisa (xiv sec.) guardava con sospetto tutti coloro che si chiudevano volontariamente in una cella e li riteneva matti: matti perché vivevano lontani dalla direzione spirituale di predicatori e confessori, matti perché si esponevano ai rischi della solitudine. C’era anche chi dubitava della loro vocazione, perché tutto sommato la reclusione poteva essere vista come una ?condizione di vita privilegiata’ che garantiva un modo dignitoso per sopravvivere, un ricovero per la notte e cibo sicuro.
Mercoledì 13 dicembre 2017, alle ore 17.00, presso l’aula A della Pontificia Università Antonianum si terrà il pomeriggio di studio In cella per amor di Dio?, organizzato dalla Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani in collaborazione con l’Institute of Mediaeval Studies della University of St Andrews.
Nel corso dell’incontro, introdotto dal prof. Marco Guida e coordinato dal prof. Attilio Bartoli Langeli, interverranno le prof.sse Eleonora Rava, La reclusione volontaria: questa sconosciuta, e Anna Esposito, La reclusione volontaria nelle basiliche romane.
Scopo del pomeriggio di studio è quello di offrire ai partecipanti una visione di insieme del fenomeno della reclusione volontaria e il caso inedito delle basiliche romane.
Anna Esposito Attilio Bartoli Langeli Clarisse Clausura Eleonora Rava Marco Guida PUA Vita Consacrata
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