Continua – guidati dalle meditazioni di p. Ferdinando Campana – il cammino spirituale in preparazione della festa del Transito di san Francesco.
Nella prima meditazione di ieri, p. Ferdinando ci ha aiutati a comprendere quali “peccati” possono far si che la fraternità e i fratelli non vengano più visti come un dono bensì un possesso, un diritto, ecc…Peccati e antidoti sono stati quindi alla base della Riflessione di ieri sulla fraternità.
La seconda meditazione, ha invece avuto come centro il rapporto tra la povertà e la fraternità.
Padre Ferdinando ha prima aperto una parentesi sulla vita monastica e sullo specifico della fraternità vissuta in questo stile di vita, ovvero basata sullo stile della prima comunità cristiana: condivisione dei beni, varietà dei servizi, ecc…Il Monachesimo – ha aggiunto – pur essendo una delle forme più alte di vita comune, è però caratterizzata da relazioni verticali, non prevede tempi di rapporto interpersonale tra i monaci, ecc…
Francesco, nella fase iniziale della sua ricerca vocazionale, ha fatto diverse esperienze in realtà di questo tipo, senza però ritrovarsi in nessuna di queste. Diceva infatti “il Signore ha voluto che io fossi un pazzo in questo mondo”.
Mentre il monaco è sicuro, tranquillo, ha tutto ciò che gli serve, tutto donato dal monastero e dalla vita della comunità, Francesco viene dall’esperienza di una scelta di povertà.
“Come la vita monastica sta alla comunità, la vita povera sta alla fraternità”, con questa formula, padre Ferdinando ha voluto indicare che lo specifico, il fondamento della vita fraterna nata e vissuta da Francesco e i primi frati in Porziuncola, sia la povertà.
Francesco si è ispirato allo stile di vita dei discepoli con Gesù e alla loro vita povera. “Quando uno non ha niente, viene meno la sicurezza, anche quella minima auspicabile. Francesco vuole rinunciare anche a quella”. Essere poveri ci rende radicalmente bisognosi degli altri! Nella povertà allora, la bellezza, la ricchezza è la fraternità, il fratello!
Con quale stile si deve essere fratelli? Padre Ferdinando l’ha spiegato a partire dall’espressione di san Francesco nella Regola: “ovunque si trovino, i frati si mostrino famigliari tra di loro e ciascuno manifesti all’altro con sicurezza le proprie necessità”. Ecco la specificità delle relazioni fraterne, la famigliarità. È la famiglia con le sue relazioni d’amore, il modello.
Come devono volersi bene i frati? “sicut mater”, come una madre, con quello stile materno di cura che custodisce, che si sacrifica, si dona e lo fa perché il fratello è parte di te.
Per Francesco solo il fratello ti può appartenere, ti deve appartenere. “Se fossimo poveri – ha concluso p. Ferdinando - anche se lavoriamo e siamo indipendenti, dovremmo dire: ‘io senza di te non posso vivere’”.
Oggi l’ultima serata del Triduo che ricordiamo è possibile seguire in diretta sui Canali social Facebook e YouTube “Frati Assisi” e sulla Web TV del sito www.porziuncola.org e App Frati Assisi.
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