Questo tempo ha costretto tutti a vivere la Pasqua in modo diverso, aiutando, specie le famiglie, a riscoprire la preziosa dimensione di "Chiesa domestica". A tal proposto vogliamo condividere con voi la testimonianza di Fabrizio e Maria Rita, una coppia che racconta la "loro Pasqua" in famiglia:
Quando p. Luca ci ha inviato il sussidio di preghiera per vivere in famiglia il triduo pasquale abbiamo subito accettato la sua proposta con grande gioia. Vivere la fede, e soprattutto mantenerla viva, in questi giorni di pandemia che ci costringono a rimanere lontani dalla mensa eucaristica e dall'incontro diretto con Gesù presente nel pane e nel vino consacrati, è veramente difficile. Ci rendeva molto tristi il fatto di non poter partecipare alle celebrazioni della settimana santa. Pensavamo che non sarebbe stata veramente Pasqua senza aver visitato l'altare della reposizione del Santissimo Sacramento, senza aver partecipato alla processione del Venerdì Santo o senza aver sentito proclamare il preconio pasquale e aver cantato il Regina Coeli ... invece Cristo è risorto, è veramente risorto... a casa nostra! Alleluia!!!
Avevamo imparato dal catechismo (tanti anni fa...) che la famiglia, fondata sul sacramento del matrimonio, è una piccola chiesa, in cui gli sposi stessi sono i ministri di Dio. Mai però avevamo sperimentato a pieno quanto questa affermazione fosse vera. L'idea, a dire il vero, all'inizio ci spaventava. Che compito immeritato! Povero Gesù, pensavamo, che si deve accontentare della nostra miseria e della nostra povertà. Ma proprio in questo momento, così difficile e drammatico per tutti, ci siamo sentiti chiamati ad essere veramente cristiani, ad essere “sacerdoti, profeti e re” un impegno,una vera e propria investitura, che ci è stata conferita al momento del battesimo. Una responsabilità altissima, da cui però non potevamo tirarci in dietro, specialmente adesso. Una volta in un'omelia avevamo sentito un sacerdote affermare che ogni famiglia è chiamata a collaborare con il Signore per realizzare il regno di Dio in terra. Forse stavolta toccava veramente a noi collaborare ad annunciare la Sua risurrezione.
Ci siamo quindi impegnati a rendere la nostra casa una dimora degna ad ospitare il Signore ed idonea a vivere in famiglia le tre dimensioni della chiesa: l’annuncio, la celebrazione e la testimonianza. Perciò, per vivere correttamente e devotamente questa esperienza, abbiamo innanzitutto cercato di metterci in ascolto della Parola di Dio con docilità, e di vivere le celebrazioni previste nei giorni del triduo facendo della preghiera un appuntamento quotidiano, in luoghi fissi, in cui ritrovarci: la nostra “cappella” personale era il portico di casa, davanti all'immagine della Madonna di Loreto, a noi tanto cara, il nostro altare era la tavola, debitamente apparecchiata, con la tovaglia più bella e il servizio di piatti delle grandi occasioni. I fiori, raccolti in giardino e nei prati intorno casa, ed una candela accesa erano sempre presenti. Abbiamo preparato tutto con cura, attenzione, semplicità e tanto amore, ma soprattutto abbiamo preparato tutto insieme.
In questo modo la nostra vita quotidiana, stravolta dal coronavirus, è stata a sua volta trasformata dalla preghiera comune in un evento di lode e di ringraziamento, di meditazione e di confidenze, quasi una confessione, di perdono e di vera riconciliazione, e la mensa non era più soltanto il luogo conviviale in cui nutrirsi, ma è diventata un vero e proprio spazio sacro di comunione, di accoglienza e di carità reciproca.
Tanti sono stati i momenti intensi e profondi che abbiamo vissuto nella celebrazione familiare del triduo: la cena pasquale, memoriale dell'ultima cena del Signore, con pane azzimo, agnello ed erbe amare del Giovedì Santo, la preghiera tra gli ulivi del giardino ricordando l'agonia di Gesù nell'orto dei Getsemani, la lettura della Passione il Venerdì Santo, la benedizione del fuoco e dell'acqua nella veglia del Sabato, ma in particolar modo due sono state le circostanze che ci hanno veramente fatto emozionare.
La prima è stata la lavanda dei piedi. Questo passo del Vangelo con cui inizia il triduo pasquale ci ha fatto meditare sul fatto che l’amore di Dio è presente nella chiesa quando diventa servizio. Quando ci si china sulle miserie del fratello, sui suoi peccati, sulle sue povertà, sulle sue caratteristiche e sui suoi atteggiamenti “meno amabili”. Questo gesto, fatto prima della cena, davanti alla tavola apparecchiata ed imbandita, ci ha ricordato che il cibo non basta; avere un buon pasto, una casa accogliente, una moglie o un marito fedele ed amorevole non basta, serve la lavanda dei piedi. Serve l’amore vissuto e sperimentato. Il nostro sacerdozio comune di sposi battezzati si concretizza veramente in tutti i nostri gesti d’amore gratuiti dell’uno verso l’altra e viceversa. Così come il sacerdote, attraverso l’Eucarestia dona Cristo alla Chiesa, così noi sposi abbiamo il compito di donare a chi ci è più vicino (il marito, la moglie, i figli) il modo di amare di Cristo, attraverso il servizio, la gratuità, la tenerezza. Solo così riusciremo a rendere visibile l’amore di Cristo e a realizzare il regno di Dio in terra.
Il secondo momento molto forte che abbiamo vissuto è stato il sabato mattina. Il venerdì sera avevamo coperto il crocifisso con un fazzoletto bianco su cui avevamo versato alcune gocce di olio di nardo. Quando l'indomani l'abbiamo tolto, piegato e riposto ai piedi dell'immagine della Madonna di Loreto davanti ad un lume accesso ancora profumava di nardo. Tutto intorno a noi era silenzio. C'era un clima di fervente e mistica attesa, pervasa dall'intenso profumo che veniva dal fazzoletto. Contemplando la croce la mente è andata a quel vasetto di olio profumato rotto ai piedi Gesù... “Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. (Gv 12,3). Nella nostra vita di uomini e donne, di mariti e mogli c'è sempre qualcosa da rompere. C’è da rompere il vaso che trattiene il profumo. C’è da rompere il muro delle nostre fragilità, e le barriere che spesso costruiamo a difesa di noi stessi, che ci proteggono si, ma che ci isolano e impediscono di far uscire il nostro “buon profumo”, il nostro amore, la nostra tenerezza, la nostra parte migliore. Solo chi è capace di usare la tenerezza è capace di arrivare al cuore dell’altro. Solo chi ha il coraggio di rompere il vaso che trattiene il profumo avrà il coraggio di sostare sotto la croce a contemplare il Signore crocifisso, così come ha fatto Maria. Il compito di noi sposi è quello di rompere quel vaso di nardo, soprattutto nei momenti di prova, di sofferenza, nei momenti più duri, davanti alle croci della vita in generale e nello specifico della vita matrimoniale, e lasciar uscire il profumo di quell’amore incondizionato che Gesù dalla croce ci ha insegnato. Solo donandosi reciprocamente e gratuitamente amore puro e prezioso come quell'olio di nardo, tutte le prove potranno essere superate, anche quelle più difficili.
"E tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento” (Gv 12,3) dice il Vangelo, anche la nostra casa è stata pervasa da quel profumo, profumo d'amore, profumo di Gesù, e Gesù era veramente in mezzo a noi.
Per entrambi, vivere in questo modo nuovo il triduo pasquale, è stato veramente significativo, forse un po' insolito, ma di certo questa volta è stata per noi veramente una Santa Pasqua. Questo nuovo modo di pregare insieme ci ha ricordato che la felicità passa attraverso ciò che è semplice, ciò che è umile, ciò che vero, ciò che è puro, in una parola la felicità passa attraverso ciò che è amore. Se la Pasqua è sinonimo di risurrezione questo particolare itinerario che abbiamo percorso ha segnato per noi l'inizio di un nuovo cammino (di santità?) esigente, che richiede impegno e costanza, ma di certo si tratta di un cammino estremamente entusiasmante.
Fabrizio & Maria Rita
Fonte Sito Sacro Spero di Narni
Chiesa Famiglia Pasqua Testimonianza Triduo pasquale
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