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Meditazione conclusiva del Triduo in preparazione al Transito di San Francesco 03 Ott 2020

Le ferite della fraternità ci insegnano le sofferenze dell’amore

Nella serata conclusiva del Triduo in preparazione al Transito di san Francesco, p. Ferdinando Campana ha offerto la sua meditazione avente come tema le ferite della fraternità, dopo essersi concentrato sulla fraternità come dono nella prima riflessione e sul rapporto tra povertà e fraternità nella seconda.

Negli ultimi anni della sua vita, Francesco d’Assisi incontrò le prove della fraternità: i sapienti all’interno dell’Ordine arrivarono addirittura a consigliargli di lasciare la guida perché non lo consideravano più adeguato per un incarico del genere.

Davanti alla croce, le reazioni possibili possono essere molteplici a partire dalla rabbia, la gelosia, l’invidia, la ritorsione. Il Poverello di Assisi non ha assunto nessuno di questi atteggiamenti, non si è chiuso in un’arcigna difesa della sua prerogativa di fondatore ma ha percorso fino in fondo il cammino della croce.

La povertà di spirito è l’atteggiamento che gli ha consentito di seguire Gesù che ha fallito nel costruire la fraternità e ha sperimentato lui per primo la solitudine e l’abbandono. La reazione di Francesco descritta nell’episodio della Perfetta Letizia potrebbe sembrare stupefacente: non è irato, né deluso, né sconfitto, ma pronto ad abbracciare l’ora della croce così come aveva abbracciato l’ora della gioia e dell’entusiasmo.

Per i cristiani la croce non è una sorpresa ma un passaggio che permette di condividere la vita di Cristo. Le prove più grandi narrate nelle vite dei santi sono due: la notte oscura e l’abbandono dei fratelli. Madre Teresa ha descritto di essere passata attraverso la prima e ha compreso che, dentro quella croce, si celava una vicinanza ancora più grande con quei poveri di cui si prendeva cura ogni giorno per le vie di Calcutta.

Attraverso le prove della fraternità, i frati e le suore sperimentano quelle stesse difficoltà che vivono gli sposi quando ci sono l’abbandono, il tradimento. Senza questa esperienza, non è possibile esortare gli altri a perdonare o aiutarli ad accettare e riempire di senso di fede le loro ferite.

San Francesco ci insegna che la croce non è il negativo della vita ma il positivo dell’amore. In particolare, nella Lettera a un ministro e nella preghiera di La Verna poco prima di ricevere le Stimmate ci indica che la strada è quella della sofferenza e dell’amore per immergerci nella vita di Cristo.

P. Ferdinando ha concluso la riflessione citando il testamento di don Lorenzo Milani: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”. Se anche noi potessimo dire così dei nostri fratelli o del nostro coniuge sarebbe meraviglioso perché significherebbe che abbiamo vissuto appieno la fraternità, che ferisce, ma che ci dona la possibilità di comprendere tutte le sofferenze dell’amore.



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