Chi arriva in Terra Santa e visita i Santuari, inizialmente può sorprendersi – o perfino spaventarsi – per la pluralità religiosa e i diversi modi di espressione della fede. Nella Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme diverse confessioni dividono lo stesso spazio e si alternano in orari precisi per pregare.
Fra Atanasio Macora, ofm Responsabile StatusQuo – Custodia di Terra Santa ricorda che “esistono molte chiese differenti, tre religioni, molte le religioni presenti e a volte ci sono forme di rivalità o competizioni per ciò che riguarda i luoghi santi. Questo è causato da questioni relative alla rivendicazione di essere arrivati per primi qui, in questo luogo in cui ognuno ha avuto la sua origine”.
Ma cos’è lo Status Quo? Lo stesso fra Atanasio spiega che “Status Quo significa essenzialmente l’esistenza dello stato di giustizia. Quindi le cose restano uguali là dove infatti devono esserlo, senza cambiare. Non è un codice, un codice legale, ma una situazione in cui ognuno deve vedere realizzati i propri diritti”.
La questione non coinvolge solo i luoghi appartenenti ai cristiani. É possibile comprendere la pluralità religiosa nella Mostra intitolata Statu Quo, nel Museo d’Arte di Tel Aviv. Tania Coen-Uzzielli, Direttrice Museo d’Arte di Tel Aviv afferma che “la mostra esplora cinque luoghi sacri e li esplora attraverso lo Status Quo. Cos’è lo Status Quo? È l’equilibrio che si crea nei luoghi sacri tra comunità o tra persone o tra differenti religioni in conflitto tra loro”.
Uno degli elementi di rilievo della mostra è proprio la Chiesa del Santo Sepolcro. Continua la Direttrice: “Sappiamo che la formulazione dello Status Quo nella Chiesa del Santo Sepolcro risale ai tempi antichi, forse la prima volta risale con esattezza a metà del XIX secolo dopo lo scoppio della guerra di Crimea, sorta proprio come conflitto tra le varie chiese Cristiane. Ora sappiamo che lo status quo dentro la Chiesa del Santo Sepolcro è regolato dal protocollo del tempo, da come si alternano le chiese nella fruizione dello spazio comune”.
Sono stati ricordati anche altri luoghi sacri per le religioni monoteiste come la tomba dei Patriarchi, frequentata da arabi musulmani ed ebrei, il Muro Occidentale e la Tomba di Rachele. Gli spazi della mostra hanno titoli suggestivi: “Coreografia”, riferito alla Basilica del Santo Sepolcro, dato che, come in una coreografia, le diverse religioni si alternano al suo interno e “Scenografia”, riferito alla Tomba dei profeti, dato che il suo spazio è definito e diviso da tappeti, armadi e libri sacri. Per il muro occidentale è stato scelto il titolo di “Progetto”, dato che non è stata ancora trovata la formula per realizzare lo “status quo” in questo spazio. La tomba di Rachele porta il nome di “Paesaggio” perché, come spiega la direttrice: “il muro costruito per consentire solo agli ebrei di entrare nella tomba crea una interferenza impattante nel paesaggio”.
“La mostra – ha concluso Direttrice Museo d’Arte di Tel Aviv – vuole dire che la coesistenza è possibile se viene formulata nel modo giusto, esattamente come questo spazio che, pur essendo contestato, può essere condiviso e regolamentato”.
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