Si è tenuto a Santa Maria degli Angeli il V Convegno nazionale dei Cappellani e degli Operatori per la pastorale penitenziaria dal titolo: “Lo vide e ne ebbe compassione (Lc 10,33). Dall’indifferenza alla cura”. Numerosa è stata la partecipazione di coloro che hanno guidato le riflessioni in assemblea e hanno tenuto le relazioni: fra Daniele Moretto, il Dott. Raffaele Cantone, S.E. Rino Fisichella, Dott. Giovanni Russo, Dott. Antonio Sangermano, Dott.ssa Gabriella Tomai, Dott. Massimo Verzaro, Dott. Juri Nervo, Dott. Giorgio Bazzecca e per finire S.Em. Card. Matteo Maria Zuppi Presidente della CEI. Hanno inoltre presieduto le celebrazioni eucaristiche in Basilica S.Em. Card. Augusto Paolo Lojudice Arcivescovo di Siena, S.E. Mons. Ivan Maffeis Arcivescovo di Perugia, S.E. Mons. Domenico Sorrentino vescovo di Assisi.
Tra i partecipanti al convegno, erano presenti anche due nostri frati che svolgono il loro ministero come cappellani per i carcerati: fra Francesco Bonucci, che svolge da diversi anni il suo ministero come cappellano presso il carcere di Perugia e fra Massimo Lelli, impegnato come cappellano presso il carcere di Terni e quest’anno rappresentante dei cappellani per le carceri dell’Umbria. A fra Massimo abbiamo posto alcune domande:
Pastorale carceraria, ovvero la presenza di Cristo Buon Pastore e della Chiesa nelle carceri. Puoi darci qualche numero? Quanti siete all’incirca in Italia tra sacerdoti e laici, stipendiati e volontari. In quante carceri?
Gli istituti presenti sul nostro territorio nazionale sono 189 con la presenza di 54.609 ristretti. All’interno dei quali operano pastoralmente 240 cappellani coadiuvati da volontari e associazioni.
Quali servizi svolgete e come vi accolgono i fratelli e sorelle ristretti? Oltre al popolo dei detenuti c’è accanto un gran numero di persone al loro servizio (polizia, medici, educatori, professionisti di vario genere...); avete modo di incontrarli e di essere anche per loro un aiuto, una parola di speranza?
Attraverso la nostra opera, vediamo e tocchiamo con mano il dolore e la sofferenza dei nostri fratelli ristretti. Il servizio che offriamo nelle carceri, è un servizio prezioso, esso ha come obiettivo umanizzare e rendere più dignitosi questi luoghi di grande solitudine.
Il cappellano si occupa in modo specifico della cura del culto religioso, che comprende la celebrazione della messa e del sacramento della confessione, ma svolge anche compiti di assistenza sociale e materiale in questo aiutato dai tanti volontari.
Attraverso la sinergia tra cappellani e volontari, e grazie alla generosa solidarietà di tanta gente comune, ma anche di enti ed associazioni, come la Caritas, si riesce a provvedere alle esigenze concrete dei detenuti, soprattutto di quelli più bisognosi, attraverso la raccolta e la distribuzione del vestiario e delle sigarette, attraverso modesti aiuti finanziari alle loro famiglie, assistendoli anche per il disbrigo delle comuni pratiche amministrative.
Ovviamente il Cappellano è pastore di tutta la comunità carceraria che comprende polizia, medici, educatori ecc. Anche loro vanno sostenuti nel loro lavoro difficile e poco appagante ma essenziale.
Voi tutti vi presentate a nome della Chiesa cattolica e col mandato del Vescovo; vi rivolgete ai detenuti cattolici o a tutti? E gli altri cristiani, gli atei, i musulmani come vi accolgono?
Negli istituti è assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico. Gli appartenenti a religione diversa da quella cattolica, hanno diritto di ricevere, su loro richiesta, l’assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti. Nonostante questo, il Cappellano è comunque sempre un punto di rifermento per tutti, credenti e non.
Come ci ricorda sempre papa Francesco, nessuno può affrontare la vita da solo, c’è bisogno di una comunità che sostiene e aiuta, una comunità nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Questo vale all’esterno del Carcere come all’interno. Il cappellano si fa presente alla persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza.
Molti sono le difficoltà nelle carceri (spesso ne sentiamo parlare in modo drammatico dai TG, sui giornali o tramite i social)... c’è qualcosa che le comunità cristiane potrebbero fare in concreto per avvicinare questo mondo che, visto da fuori, sembra un mondo a parte, inaccessibile, pericoloso?
È necessario sensibilizzare le chiese particolari sulla realtà carceraria, proprio per questo dal convegno appena finito è emersa l’esigenza di istituire una Giornata diocesana per le carceri dove, attraverso iniziative incontri testimonianze, si possa educare l’opinione pubblica ad uno sguardo più umano, più profondo e più giusto del mondo carcerario.
Occorre che i cristiani siano disposti ad accogliere il detenuto quando, scontata la pena, egli ritorna in libertà, facendosi carico del suo effettivo reinserimento nella società e sostenendolo con opportune iniziative.
Qual è secondo te lo specifico per un frate francescano occuparsi della pastorale delle carceri? Cosa aggiunge secondo te? la ragione per cui vi riunite a convegno e, in specifico, ad Assisi?
Nelle Fonti Francescane, e precisamente nel libro dei Fioretti (FF 1759), San Francesco d’Assisi dà una grande lezione in merito alla redenzione dei “fratelli ladroni” dando linee guida su come accogliere chi ha commesso azioni sbagliate nei confronti dei fratelli. Francesco dimostra come affetto e rispetto, possono riportare sulla retta via anche i più riottosi.
Questo atteggiamento è lo specifico della nostra vita di frati Minori: abbiamo promesso di osservare il santo Vangelo di Gesù Cristo quindi, come il Signore ci insegna, non sono i sani che hanno bisogno di cure, ma i malati e che non è venuto per i giusti, ma per i peccatori. Così anche il cappellano francescano sente viva questa chiamata ad operare là dove c’è più bisogno per annunciare con la propria vita: misericordia, perdono, speranza. Questo è quello che desideriamo fare con tutto il cuore. Il convegno ad Assisi è un forte richiamo per tutti, perchè da qui è partito Francesco per essere testimone dell’umanità sofferente di Cristo e della vita nuova che scaturisce dall’incontro con Lui risorto.
Carcere Domus Pacis Francesco Bonucci Massimo Lelli Porziuncola
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