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La visione sociale di san Francesco e le sue profonde radici nel Vangelo 22 Gen 2018

Q come questioni sociali

Agnieszka Kruszynska, autrice della voce, ha diviso la sua esposizione in tre punti: 1. Società medievale; 2. Questioni sociali negli Scritti di san Francesco; 3. Socialità della comunità religiosa e della Chiesa.

Apre questa voce lo sguardo panoramico sulla società medievale con la sua rigida stratificazione, dove l’appartenenza al gruppo sociale determinava la vita del singolo, condizionandone così lo svolgimento. Lo sviluppo e il progresso erano prerogative della nobiltà e del clero, che influivano sulla cultura, gestivano il potere, educavano alla vita morale secondo l’ethos cristiano.

Il feudalismo, nonostante la nascita della borghesia legata al mondo dei mercanti, fu il sistema dominante nelle relazioni sociali ed economiche. I testi dell’epoca, gli exempla, furono testimoni della coscienza sociale legata anzitutto all’aspettativa della giustizia e alla critica degli abusi.

La fede determinava l’ordine sociale, come pure il legame con la natura, le sue leggi e i suoi ritmi, che influivano sulle condizioni di vita, nonché il denaro, fautore dello sviluppo delle città, del mercato, dell’edilizia sacra e profana, delle guerre.

San Francesco con la visione evangelica dell’uomo (amore del prossimo, semplicità, umiltà, povertà, pace e bene), porta la proposta per un radicale mutamento della vita nella società.

L’Assisiate, senza formulare una dottrina sociale, tocca nel suo ammaestramento tanti temi sociali. Vede la collettività nella prospettiva del Vangelo, in forza dell’universale Paternità divina, come un gruppo dove i legami sociali dovrebbero avere il carattere fraterno e dove l’unico padrone dei beni è il Creatore. Secondo san Francesco il lavoro è la grazia, il dono (Rb 5,1-3), evidenziando così la necessità di combattere l’orgoglio e l’ozio, anche quello sociale.

Il Santo applica tale visione della vita sociale sia a livello globale che locale. La Regola non bollata e la Regola bollata sottolineano le norme evangeliche delle relazioni sociali, senza però negare l’ordine esistente, ma informando sulla necessità di rifiutare ogni desiderio legato al potere, autorità e ricchezza, perché il fine ultimo diventi il Regno di Dio realizzatosi nella fraternità universale (Rb 6,2-4; 8-9).

Nessuno è escluso dalla società del popolo di Dio, perciò san Francesco vuole parlare a tutti, come testimoniano le sue lettere: ai chierici, ai laici, ai politici di allora. Per di più la fratellanza universale riporta i poveri, i sofferenti, gli emarginati alla società, che in loro può riconoscere il Cristo vivente e crocifisso. La visione differente sui poveri e gli ammalati canalizzerà l’interessamento e il recupero delle opere di carità sociale, partendo dal Memoriale propositi all’ultima Regola del 1978 per l’Ordine Francescano Secolare, del beato Paolo VI.

San Francesco, memore delle sue vicende giovanili, rifiuta il denaro e lo percepisce come fonte di orgoglio, inimicizia, conflitti e guerre, dunque tutte circostanze e situazioni che distruggono la pace e l’armonia dell’ordine evangelico. Infatti tutte le sue proposte di cambiamento sociale trovano fondamento nel Vangelo e la fraternità francescana è chiamata ad attuare nel mondo l’ideale del Regno di Dio a livello di vita sociale. La sequela di Gesù permette di costruire l’altra realtà sociale, libera dall’egoismo ed egocentrismo, in cui colui che governa è il vero servo di tutti (Lrp).

Fin dall’inizio in san Francesco si nota la relazione dell’individuo con la Chiesa, intesa come una collettività. Infatti rispondendo alla chiamata che sentì a San Damiano, ha iniziato il lavoro a favore della comunità dei fedeli, sia materialmente (ricostruzione delle chiesette nei dintorni d’Assisi), sia spiritualmente (restauro del corpo mistico di Cristo). In tal modo scopre il suo posto nella Chiesa, dove è inviato a proclamare il rinnovo spirituale basato sull’accoglienza e l’osservanza della Buona Novella di Gesù Cristo.

Qui l’ideale del servizio della comunità francescana, specialmente verso gli esclusi (lebbrosi, poveri ed emarginati per qualsiasi motivo sociale), attua la carità che costruisce e muta il popolo dei fedeli, sempre però con il permesso della Chiesa e l’osservanza dell’ordine sociale in cui vive. Ciò lo differenzia fondamentalmente dai movimenti pauperistici ereticali che proclamavano simili ideali sociali.

Non solo l’insegnamento ma anzitutto la vita del Santo dimostrano come per lui la sensibilità religiosa coesisteva con quella sociale. Intendeva la cristianità come un popolo di fedeli, con ruoli di responsabilità per la costruzione del Regno di Dio nei cuori dei singoli e, di conseguenza, in tutta la società.

di Emil Kumka OFMConv, docente di Francescanesimo
per “San Bonaventura informa“ (Novembre 2017)



Agnieszka Kruszynska Emil Kumka Etica San Francesco SBi Società

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