In una foto diffusa da Sos Mediterranée il cadavere di un uomo galleggia in mare, avvinto a un salvagente. Indossa una giacca a vento, il cappuccio nero gli nasconde il volto. Non è annegato: forse ha retto a lungo, nell’attesa di un salvataggio che non è arrivato. L’uomo è morto di ipotermia, cioè di freddo, giovedì scorso, insieme ad altri 130 migranti. In acque Sar, acque internazionali di competenze libica quanto ai soccorsi. Alarm Phone, il centralino civile che raccoglie gli Sos, aveva lanciato l’allarme mercoledì alle 14. In oltre 24 ore né Frontex né la cosiddetta Guardia costiera libica si sono mosse. Nemmeno un mezzo militare italiano.
«Li hanno lasciati morire», dicono dall’Oim, l’Agenzia Onu per i migranti. Le registrazioni di Alarm Phone testimoniano che, avvertita, la Guardia libica non attiva le sue motovedette – donate dall’Italia. Il mare si sta alzando, sul gommone sono nel panico. La batteria del satellitare, gridano, sta per esaurirsi. Al tramonto però vedono sopra di loro un piccolo aereo di Frontex. Chissà che tumulto nel cuore di quegli uomini (e donne, e forse bambini): un aereo ci ha avvistati, siamo salvi. Ma, niente all’orizzonte. E quell’aereo? Frontex in un comunicato afferma di avere lanciato la segnalazione. L’ultimo contatto con il gommone è delle 20. Alle 22 la Guardia costiera libica risponde ai volontari: mare troppo agitato, non usciamo. È calata la notte.
La Ocean Viking, della Sos Mediterranée, fa rotta più rapidamente che può verso le coordinate ricevute, ma il mare è pessimo, le occorreranno dieci ore. All’alba, Alarm Phone risollecita Frontex. Risposta: «Gentile Signore/a, grazie per la vostra e-mail. Si informa che Frontex ha immediatamente inoltrato il messaggio alle autorità italiane e maltesi». Poi, per ore e ore, nessuno interviene. Quando la Ocean Viking e tre mercantili civili arrivano sul posto trovano un gommone sfasciato, e dieci annegati...(continua a leggere su avvenire.it)
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