L’autore della voce, il frate cappuccino Daniel Kowalewski, ha individuato quattro punti: 1. Speculum Perfectionis; 2.L’idea dello specchio in san Francesco; 3. Speculum negli Scritti e nel Processo di canonizzazione di santa Chiara; 4. Lo specchio nei Dicta del beato Egidio d’Assisi.
Nel significato figurativo speculum possiede una simbologia molto ricca e complessa, poiché è sinonimo di castità, verità, sapienza, contemplazione, ma anche di vanità e vizio.
Nella spiritualità cristiana la metafora dello specchio riguarda, tra l’altro, l’anima, la somiglianza del mondo al Creatore, la sequela delle persone sante, e illustra inoltre la metamorfosi interiore ed esteriore dei cristiani, che si trasformano dall’uomo vecchio al nuovo nella conformità a Cristo.
Nella letteratura medievale sono rimaste circa 250 opere che avevano nel titolo la parola speculum e che possono essere divise in due categorie: enciclopediche, che raccolgono la conoscenza su una determinata tematica; morali, che presentano gli esempi positivi dei comportamenti per una determinata classe sociale.
Sono stati scritti in prosa o in versi, e rappresentano una delle fondamentali forme della letteratura parenetica.
Nell’agiografia francescana un esempio è lo Speculum Perfectionis, un’opera anonima del 1318, nata nell’ambiente degli Spirituali della Porziuncola. Essa disegna la figura di san Francesco d’Assisi come modello di santità, uno specchio appunto, in cui un frate minore possa verificare la propria vocazione e condotta.
La chiave di lettura dell’opera è la presentazione dell’Assisiate come alter Christus, offrendo, allo stesso momento, un compendio delle virtù e degli ideali francescani.
Il termine speculum non si trova negli Scritti di san Francesco, tuttavia si possono incontrare idee simili. Un esempio è costituito dal Cantico di frate Sole, che presenta nella creazione la manifestazione della bellezza di Dio e l’espressione del suo amore. Un’azione simile si può ritrovare nel Saluto alle virtù, in cui la personificazione dei concetti teologici astratti permette a Francesco di rispecchiare la realtà spirituale che sfugge all’articolazione e percezione umana. Inoltre negli Scritti del Santo si intravedono molti elementi della teologia giovannea, ad esempio quando si incontra la dialettica delle opposizioni: luce-tenebre, fede-incredulità, conoscenza-ignoranza, vedere-non vedere (Rnb 22; 1Lf 1-2; 2Lf 66, 69; Am 1; LOrd 12, 22, 27).
La mancanza della conoscenza di Dio, secondo Francesco, è espressione della debolezza morale dell’uomo, che nello specchio del creato non vede più i valori trascendentali della propria vita. Chi invece conosce Cristo-Luce diventa la sua dimora (Rnb 22,27; 1Lf 1,6), e riflette la sua luce, come in uno specchio, a tutti coloro che non lo conoscono (1Lf 1,10).
Lo espone Tommaso da Celano nel Memoriale: «Il servo di Dio deve avere in se stesso tale ardore di santità di vita, da rimproverare tutti gli empi con la luce dell’esempio e l’eloquenza della sua condotta. Così, ripeto, lo splendore della sua vita e il buon odore della sua fama renderanno manifesta a tutti la loro iniquità» (Mem 103).
Santa Chiara nei suoi Scritti, richiamando il tema dello specchio, trova l’ispirazione nella scuola cistercense, usando il termine dodici volte: 3LAg 12; 4LAg 14-15,18-19,22-24; TestsC 19-21.
Nella Lettera terza ad Agnese scrive: «Poni la tua mente nello specchio dell’eternità, poni la tua anima nello splendore della gloria, poni il tuo cuore nella figura della divina sostanza e trasformati tutta, attraverso la contemplazione, nell’immagine della sua divinità, per sentire anche tu ciò che sentono i suoi amici gustando la dolcezza nascosta che Dio stesso fin dall’inizio ha riservato a coloro che lo amano» (3LAg 12-14).
Nella Lettera quarta santa Chiara invita Agnese alla contemplazione quotidiana: «E poiché egli è lo splendore della gloria, candore della luce eterna e specchio senza macchia, guarda ogni giorno questo specchio […]. Guarda con attenzione […], il principio di questo specchio, la povertà di colui che è posto in una mangiatoia e avvolto in pannicelli. […] Nel mezzo dello specchio poi considera l’umiltà santa, la beata povertà, le fatiche innumerevoli e le sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio contempla l’ineffabile carità, per la quale volle patire sull’albero della croce e su di esso morire della morte più vergognosa». (4LAg 14-15,19-23)
Nel Testamento di santa Chiara la metafora dello speculum riguarda le consorelle che tramite l’esempio di vita diventano lo specchio per le altre persone: «Il Signore stesso infatti ci collocò come forma, in esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, che il Signore chiamerà alla nostra vocazione, affinché esse pure siano specchio ed esempio a quanti vivono nel mondo». (TestsC 19-20).
La responsabilità per il popolo da parte delle sorelle entra nel campo dell’exemplum, che irradia la condotta di vita alle altre comunità e al mondo esterno.
Nel Processo, invece, il racconto della visione di Francesco che allatta Chiara e le lascia la sua mammella, che «le pareva che fusse oro così chiaro e lucido, che ce ne vedeva tutta, come quasi in uno specchio» (Proc 3,29), la simbologia assume un doppio significato.
Da una parte indica la contemplazione del Cristo e del Vangelo, dall’altra richiama il tema della vocazione d’essere l’esempio vivificante per gli altri. Il passaggio da Francesco-madre a Chiara- madre è esplicito e come fu nutrita dal modo evangelico di vita dell’Assisiate, adesso è arrivato il tempo in cui, lei stessa, diventi la nutrice per la vita e crescita delle consorelle.
Il beato Egidio d’Assisi nei Dicta fu molto concreto e lontano da qualsiasi tipo di astrazione, perché volle esortare alla lotta contro il peccato e all’esercizio delle virtù.
Il termine speculum lo troviamo due volte nelle sentenze di Egidio. La prima riguarda la castità: «Ogni vizio offenda la castità, perché essa è come specchio, che il solo alito appanna» (Dicta IX,4).
Qui lo specchio illustra la vita casta, trasparente, innocente, che è il dono di Dio per conservare il cuore puro dai vizi e libero dai legami del peccato.
La seconda, invece, è in rapporto con l’annuncio della Parola di Dio: «Il predicatore della parola di Dio è posto dalla mano del Signore come candela, specchio e vessillifero del Suo popolo» (Dicta XVI,6).
La conformità di vita con la Parola è la missione basilare per un chiamato, poiché porta le persone alla comunione con il Signore, al compimento della loro esistenza.
di Emil Kumka OFMConv, docente di Francescanesimo
per “San Bonaventura informa“ (Maggio 2018)
Emil Kumka Fonti Francescane San Francesco Santità SBi
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