Opera lirica in un atto, musica di Padre Giuseppe Magrino e testo liberamente tratto da Oscar Wilde, regia Dario Argento.
Questa sera, sabato 14 ottobre ore 21 alla Basilica Superiore di San Francesco in Assisi si presenterà in prima assoluta con interpreti d’eccezione un’opera musicale che sicuramente farà “discutere” ma non “dissentire”. La regia in forma semiscenica è nelle mani di Dario Argento, artista famoso per i suoi film e non nuovo a rappresentazioni di melodrammi di repertorio. Dunque a prima lettura sembrerebbe condita come si deve la storia di sangue di Salomè, personaggio storico ben conosciuto nei Vangeli di Marco e Matteo per la sua perversione necrofila.
Il libretto Oscar Wilde lo pubblicò nel 1896 in lingua francese, vietatissimo nella sua Patria, per la grande Sarah Bernardt, che rifiutò d’interpretarlo in teatro a causa della vita scandalosa dell’autore. Non altrettanto fece Richard Strauss che lo musicò e rappresentò con enorme successo nel 1905. Dunque ora il francescano Padre Giuseppe Magrino che, liberamente, mette la sua arte musicale a servizio di una storia sicuramente stimolante di… edificanti e spirituali riflessioni.
In sunto il racconto di Salomé, avvenente fanciulla poco più che adolescente, figlia di Erodiate, una madre che peggiore non si può, e figliastra del tetrarca Erode, che ne subisce l’attrazione. Fin qui si direbbe niente di nuovo sotto questo sole. Quante volte emergono alla cronaca dei nostri giorni storiacce di questo genere! Una fanciulla che vive la ricerca del piacere senza alcun freno inibitore. Lo chiameremmo con l’espressione d’uso: lo sballo. Salomè è ossessivamente attratta da quanto non può avere: il profeta Iokanaan, San Giovanni Battista. E sappiamo come andrà a finire, Salomè si denuda nella danza dei 7 veli e otterrà da Erode la testa del profeta, nella soddisfazione della madre Erodiade che finalmente chiuderà la bocca a colui che grida i suoi peccati. In questo libretto si conclude con l’uccisione anche di Salomè, che nella storia vera non accade. Ma il sangue vuole sangue.
Così per lo spettatore che guarda e ascolta senza “vedere” il messaggio religioso… diremmo cioè la predicazione francescana del Padre Magrino contenuta in questa sua opera di Teatro Sacro realizzato con una scrittura musicale ancorata alle origini del recitar cantando e attuata con modalità squisitamente di stile contemporaneo, accenni di recitativo-arditi ariosi-rapidi concertati-orchestrazione di melodiose dissonanze… I personaggi, cantanti-attori, si succedono in rapida declamazione nella tragica azione che non richiede visualizzazioni né sottolineature sceniche perché le espressioni sono di per sé azione dell’animo e non del corpo. Ma questo ci porta inevitabilmente alla domanda clou: come sarà rappresentata la danza dei 7 veli?! La risposta è affidata ovviamente al regista e ne sapremo venendo all’esecuzione di sabato prossimo… Ma intanto a noi, nell’attesa della nostra piccola curiosità, viene legittima una personale riflessione: sappiamo che nell’Antico e Nuovo Testamento il numero ha un significato allegorico e dunque va interpretato teologicamente. Nel nostro discorso dunque non dovremmo aspettarci che la danza di Salomè sia morboso denudarsi, ma ben altro: Dio creò in 6 giorni e il settimo godette della bellezza realizzata. Salomè velo dopo velo bestemmia la genesi della creazione e nel settimo velo che cade fa cadere la testa di Iokanaann, che col suo sangue di martirio annuncia il sangue del Cristo, sangue di redenzione di un’umanità corrotta e caduta nella dannazione.
Infine, per rispondere anche all’altra domanda: perché in Basilica Superiore di San Francesco? Basterà a questo punto volgere lo sguardo al riquadro giottesco della spogliazione del Santo coperto dal mantello di Madre Chiesa: Salomè si spoglia per l’affermazione di sé… Francesco per la rinuncia di sé!
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