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Omelia del Vescovo di Terni in occasione della festa di S.Valentino 11 Feb 2019

Siamo il popolo che mette al centro l'amore

È stata celebrata solennemente ieri, domenica 10 febbraio la festa di San Valentino, vescovo e martire del patrono di Terni e copatrono della Diocesi Terni-Narni-Amelia con il pontificale presieduto, in una gremita Cattedrale di Terni dal vescovo mons. Giuseppe Piemontese.

Alla presenza dei sacerdoti della diocesi, del sindaco Leonardo Latini, del prefetto Paolo De Biagi, del presidente della Regione Katiuscia Marini, il presidente della Provincia Giampiero Lattanzi, del Questore Antonino Massineo, delle autorità militari regionali, provinciali e cittadine, dei sindaci dei Comuni della diocesi, dei fedeli ternani e delle associazioni e movimenti della diocesi e animata dal coro diocesano diretto da don Sergio Rossini.

“Il legame di san Valentino con la sua chiesa diocesana di Interamna oggi si rende particolarmente vivo con la presenza delle sue sacre spoglie nella chiesa cattedrale. Tutti noi, qui devotamente raccolti – ha ricordato il Vescovo – vogliamo rafforzare la consapevolezza di essere la Chiesa di Cristo, che ha avuto dalla Provvidenza la grazia di godere in passato e anche oggi, della testimonianza e della guida di san Valentino, vescovo, martire e testimone dell’amore nell’accezione più alta del termine”.

Riportiamo di seguito il testo integrale dell’Omelia.

Se il Signore non costruisce la casa
(Sal 126)

La festa del Santo Patrono, di san Valentino, risveglia in tutti, credo anche nei più tiepidi dal punto di vista religioso, sentimenti ed emozioni particolarmente vivi, legati alla storia personale, alla tradizione cittadina, agli affetti familiari e all’attualità della cronaca e della convivenza civile e sociale. Abbiamo lungamente preparato fin nei dettagli la nostra festa, orientando gli sforzi secondo finalità miranti ad accrescere la gioia della collettività, le celebrazioni civili e religiose, il benessere materiale, il sentimento di identità cittadina. In questo momento vorrei proporre all’attenzione comune alcune considerazioni che, a partire dalla Parola di Dio possano aiutarci a ravvivare la vita spirituale e confermarci nell’adesione al Signore, ma anche a mettere a fuoco obiettivi comuni e attenzioni religiose e civili.

Il brano di Vangelo di san Giovanni, proclamato oggi, è fonte di gioia e di incoraggiamento per questa comunità, radunata nel nome di san Valentino. Gesù rivela la sua identità profonda, presentandosi col nome stesso di Dio “Io sono” (Egó eimi), lo stesso che Dio aveva rivelato a Mosè, quando gli parlava dal roveto ardente.
Nel nostro testo Gesù dichiara per due volte: “Io sono il pastore buono e bello” (kalós). Si, nel testo greco è scritto: “Io sono il pastore quello bello”, la bellezza che ha la sua massima espressione nella bontà: pastore buono e bello, rievocando l’immagine di Dio stesso, invocato come Pastore di Israele (salmo 80, 2).
Il buon pastore è l’opposto del pastore mercenario, che fa questo mestiere solo perché pagato, ma che in verità non ama le pecore: queste non gli appartengono e non contano nulla per lui. Lo dimostra il fatto che, quando arriva il lupo, egli abbandona le pecore e fugge via: vuole salvare se stesso, non le pecore a lui affidate!
Al contrario, l’amore del buon pastore per le sue pecore lo porta addirittura a mettere a rischio la vita per difenderle. Quelle pecore, che Gesù conosce singolarmente e ama (questo significa nella Bibbia il verbo conoscere) in quanto sta in mezzo a loro e le custodisce. La passione per il gregge porta Gesù a cercare anche altre greggi per annunciare la predilezione di Dio e renderle partecipi del suo amore.
Fuori di metafora, i cristiani, tutti noi siamo il gregge del Pastore buono e bello, destinatari del dono della sua vita, anche quando ci allontaniamo dai sentieri indicati dal Pastore e rifiutiamo di incrociare il suo sguardo di conoscenza, di dialogo e di amore. E lo sguardo di amore di Gesù si allarga a tutti gli uomini, per i quali Egli ha offerto la vita.

A prolungare e rappresentare la presenza del Pastore buono e bello, ci è stato inviato Valentino, che per 70 anni ha custodito, difeso il suo popolo, per il quale alla fine, all’età di 97 anni, ha sacrificato la propria vita. L’esperienza della sua vita e il suo martirio hanno consentito di difendere la vita e la fede del popolo a lui affidato. Valentino, fedele a Dio e consapevole che la sua cedevolezza avrebbe tradito Dio e messo a repentaglio la fedeltà e coerenza della sua Chiesa, ha preferito imitare Gesù e dare esempio, testimonianza e forza ai cristiani. Ha dato conferma e autorevolezza al suo insegnamento come custode e guida del popolo, maestro della fede e padre dei giovani, intenti a far crescere e maturare l’amore e la famiglia.
Nella nostra città, nella nostra Chiesa, Valentino indica e propone al Vescovo, ma anche a chi è rivestito di autorità, ai governanti, l’amore per il popolo nello stile del Buon Pastore e non del mercenario, che opera solo per interesse. Anche ai nostri giorni, anche a chi non si riconosce tra i cristiani, il modello del Buon Pastore, di san Valentino è sistema sicuro di successo e di vita. E anche il popolo sa riconoscere la voce dei veri pastori che lo amano, quelli che ne riconoscono i bisogni, le circondano di cure, di calore e di tenerezza.
Siamo il popolo di Valentino, che accoglie la proposta di porre al centro l’amore, quello fatto di sentimenti autentici, di oblatività, di generosità, di promozione della libertà, di rispetto, di servizio alle persone sane e malate, di dono anche della propria vita per favorire e salvare la vita degli altri.
Una consegna nobile e alta per una società gioiosa, pacifica, tollerante e rispettosa di tutti. Che non ha nulla a che vedere con passioni sganciate dalla nobiltà dei sentimenti, amorazzi di stagione, amori imposti, possessivi, maniere violente, femminicidi,

San Valentino quest’anno trova la sua Chiesa diocesana alle prese con la visita pastorale.
Trova la città, con una nuova Amministrazione, animata da nuovi progetti di risanamento del dissesto economico-finanziario e di rilancio. E tuttavia qua e là i cittadini lamentano anche un degrado strisciante, come una malattia in alcune parti del suo territorio e del corpo sociale, che corre il rischio di uno stato di cronicità e di assuefazione irreversibile. Saranno impressioni esagerate? Non so.
Piazza Duomo e la visita pastorale, che da due anni sto compiendo alla Diocesi e alla nostra città di Terni, sono postazioni privilegiate di osservazione e di conoscenza. La processione quasi quotidiana di persone, che pensano di trovare nel vescovo quel santo protettore che li aiuti a venir fuori da condizioni di disoccupazione, indigenza, ingiustizie, insicurezze… mi lascia triste e sconfortato perché impotente a dare sollievo a tanta povertà, sofferenza e disagio.
L’incontro con le Istituzioni civili, militari e giudiziarie, le organizzazioni sindacali e di imprenditori, le cooperative, le associazioni, i centri sociali, i giovani delle scuole, gli insegnanti, i negozianti, le fabbriche, i lavoratori scioperanti, le famiglie, i malati, gli anziani… mi ha dato grande gioia per tanta umanità sana, operosa, desiderosa di progredire nel benessere umano, culturale, civile e spirituale della città. Con tutti cerco di discutere le criticità della città e le possibili vie d’uscita.
Solo a modo di esempio e per condividere con tutti la preoccupazione per tali criticità, accenno ad alcune emergenze della nostra città perché si dia vigore ad una nuova speranza:

– Il sostegno e la cura di una cultura, già patrimonio della nostra gente (bambini, giovani e adulti) della pacifica convivenza, della solidarietà, del rispetto delle persone, della accoglienza, della integrazione civile, sociale della partecipazione di tutti al bene comune, con il riconoscimento di diritti e doveri.
– Vorrei sottolineare la preoccupazione, a livello nazionale e locale, per un inverno demografico foriero di sterilità generalizzata e dell’avvento di una società di vecchi. La disoccupazione, specie quella giovanile tende ad accelerare tale fenomeno perché spinge i giovani ad emigrare. Le statistiche parlano di numeri importanti di giovani che dalla nostra Provincia hanno lasciato la nostra terra. Non possiamo assistere ad un fenomeno migratorio al contrario delle forze più valide e innovatrici dei nostri territori.
– La lentezza, della burocrazia e della macchina amministrativa, che a volte si traduce in vero e proprio ostruzionismo, quasi una persecuzione, che scoraggia, a livello nazionale e locale l’avvio di ogni progetto di impresa e di sviluppo della collettività, con mortificazioni in termini di slancio umano, e di perdite (penalizzazione) di risorse finanziarie, accantonate con immani sacrifici e svanite per la lentezza e la pigrizia burocratica.
– Il problema dell’ambiente nella nostra città, al centro di un dibattito aspro e ricorrente, non può essere trattato con termini prudenti (non considerato come un problema urgente). La qualità dell’aria, la messa in sicurezza delle discariche, il monitoraggio delle malattie respiratorie e tumorali, la cultura ecologica richiedono un supplemento di attenzione da parte di amministratori, politici, forze di polizia, cittadini, imprenditori. Terni è al primo posto in Umbria per la raccolta differenziata, segno di una cittadinanza attenta e virtuosa, ma per la qualità dell’aria? 24a nella classifica delle città italiane più inquinate (Legambiente) (discariche, fumi delle fabbriche, inceneritore…). Nel giro per le parrocchie si è presi dallo sconforto nel vedere giardini e parchi cittadini in stato di abbandono, dove il vandalismo e la stoltezza di gruppi ristretti di nuovi barbari completa la devastazione .

Guardando all’interno della comunità ecclesiale posso dire che c’è tanta gente buona, cristiani che amano il Signore, pregano, partecipano, vivono la carità. Ma si avverte il bisogno di riscoprire la gioia dell’annuncio del Vangelo secondo le linee e lo stile, indicato da Papa Francesco alla Chiesa nella Evangelii Gaudium; superare il clericalismo, più volte stigmatizzato dal Pontefice e riscoprire i filoni di rinnovamento, avviati dal Concilio Vaticano II, in attesa di uno slancio più fruttuoso.
Vorrei suonare la sveglia per un coinvolgimento e impegno dei cristiani laici per svolgere la missione di lievito nella società, di impegno politico. A tale proposito dovrà essere avviata, appena organizzata, una scuola di formazione socio politica, di dialogo civile nella società, sulla scia di cattolici e menti illuminate che in passato hanno contribuito al bene dell’Italia. A cento anni della sua pubblicazione, il manifesto di don Sturzo, “l’appello a tutti gli uomini liberi e forti”, può essere l’ispirazione anche per la realtà odierna.

Ho maturato la convinzione che occorra “osare di più” nell’incontro e nel dialogo con i giovani, “sospesi tra passato e futuro”. Abbandonare la tragica (l’avvilente) rassegnazione, che ha invaso (pervaso) sacerdoti, genitori, comunità parrocchiali a condurre l’esistenza e a trascorrere le domeniche e i giorni senza la presenza allegra, viva, festosa e innovante degli adolescenti e dei giovani.
Il recente Sinodo dei vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, la Giornata mondiale della Gioventù di Panama e da ultimo gli incontri che ho avuto con gli studenti delle scuole superiori durante la visita pastorale sono segni che i giovani possono tornare ad essere protagonisti nelle comunità cristiane se gli adulti rinnovano la loro vita cristiana e se sono disposti a stare con loro e condividere progetti, gioie e speranze e angosce.
Papa Francesco alla domanda sul perché “tanti ragazzi si allontanano dalla Chiesa, o che trovano difficoltà” ha risposto:
“Sono tanti! Alcuni sono personali, ma i più generali! Il primo credo che sia la mancanza di testimonianza dei cristiani, dei preti, dei vescovi! Se un pastore fa l’imprenditore o l’organizzatore di un piano pastorale, o se un pastore non è vicino alla gente, questo pastore non dà testimonianza. Il pastore deve essere con la gente, deve essere davanti al gregge, per marcare il cammino, in mezzo al gregge, per sentire l’odore della gente, e capire cosa sente la gente, di quale cosa ha bisogno, come sente, e dietro al gregge per custodire la retroguardia. Ma se un pastore non vive con passione, la gente si sente abbandonata, orfana”.
Oggi sia la nostra città che la Chiesa hanno davanti un programma particolare e comune non indifferente. E tuttavia il segreto del successo ce lo rivela il salmo 126:
“Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode”.

Il Salmo ci presenta uno spettacolo in movimento: una casa in costruzione, la città con le sue guardie, la vita delle famiglie, le veglie notturne, il lavoro quotidiano, i piccoli e i grandi segreti dell’esistenza. Ma su tutto si leva una presenza decisiva, quella del Signore che aleggia sulle opere dell’uomo.
Una società solida, la stessa Chiesa, nascono, certo, dall’impegno di tutti i membri, ma hanno bisogno della benedizione e del sostegno di quel Dio che, purtroppo, spesso è invece escluso o ignorato. Col Signore, invece, si ha prosperità e fecondità, una famiglia ricca di figli e serena, una città ben munita e difesa, libera da incubi e insicurezze, una Chiesa stabile e ferma.

San Valentino torni in città a distribuire rose, benedizioni, moniti amorevoli e a guarire le ferite di cittadini, Istituzioni, partici, associazioni civili ed ecclesiali vocianti, a volte rissosi, nell’intento di riportare tutti al dialogo, alla pacifica convivenza civile e sociale, al gusto dell’amore e del volersi bene.

Terni, Cattedrale S.Maria Assunta,10 febbraio 2019

+ P. Giuseppe Piemontese OFM Conv
vescovo



Giuseppe Piemontese Omelia San Valentino Terni Vescovo

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