Articolo di SARA FORNARI,
pubblicato su Avvenire del 21 luglio 2017
Cresce in tutto il mondo l’attenzione alla testimonianza della clarissa morta 75 anni fa a Gerusalemme La sua tomba costante meta di preghiera. Il teologo von Balthasar diceva: l’attualità dei suoi scritti è l’ascolto della voce del Signore
«Sii il mio piccolo seme piantato in terra di Gerusalemme, per portare frutti nella mia Chiesa». È la frase incisa sulla pietra tombale di suor Maria della Trinità: una lapide tra molte, nel cimitero del convento in Hanock Albeck street a Gerusalemme. Parole ascoltate dalla voce dal Signore, e risuonate nel cuore della clarissa, che le scrisse nel Colloquio interiore. A 75 anni dalla sua morte, quella frase suona più che mai come profetica, per una donna del secolo scorso, la cui missione è tuttora viva. Dietro il grande muro di clausura del monastero di Santa Chiara, che sorge sulla strada che porta a Betlemme, la sua tomba è sempre più meta di preghiera. «Suor Maria della Trinità si sta facendo tanti amici, nelle parti più diverse del mondo – racconta la badessa suor Mariachiara Bosco – dall’Austria all’Argentina, dal Brasile alla Svizzera, al Giappone, fino al Sudafrica, sua terra natale. Questo non cessa di stupirci e riempirci di gioia».
Maria della Trinità, al secolo Luisa Jaques, non era nata cattolica. La clausura arrivò al culmine di un travagliato cammino alla ricerca di Dio, che ne fa una figura davvero attuale, e quando ormai pensava di aver perso la vocazione. Divenne clarissa solo 4 anni prima di morire, dopo essere entrata in prova in almeno quattro diverseCongregazioni. Nacque a Pretoria il 26 aprile 1901, in una famiglia di calvinisti svizzeri: in Sudafrica il padre aveva fondato la missione di Pretoria e Johannesbourg. Donna di cultura e fine sensibilità artistica, cercò la verità senza stancarsi. Perse la madre a poche ore dalla nascita, fu cresciuta dalla zia in Svizzera. Lavorò presso un avvocato e come istitutrice, passò attraverso esperienze laceranti, fino alla notte, che segnò il punto di svolta. Colpisce la profondità della crisi vissuta da Luisa: «Dio non c’è, tutto quello che se ne dice non è che commedia, e la vita non vale la pena di essere vissuta. Ecco a che mi aveva portato a pensare tutta una lunga catena di sacrifici e lotte inutili: Dio non c’è! Ho conosciuto la disperazione! Morire, morire…». Così suor Maria della Trinità inizia il racconto della sua conversione e vocazione - come lo chiama lei, «delle sue debolezze e della misericordia del Signore» - scritto su richiesta del confessore, affidando «lo sforzo di sincerità alla Vergine Santa, chiedendole di insegnarmi ad essere breve, lei che ha taciuto». Fu quella notte di disperazione tra il 13 e il 14 febbraio 1926 a portarla alla luce della fede: ebbe la visione di una figura vestita da clarissa, e da subito sentì il richiamo del chiostro. Da allora, nel tempo libero dal lavoro a Milano, prese a visitare le chiese cattoliche sentendosi attratta dall’Eucaristia. Due anni dopo, il Battesimo. Infine l’arrivo a Gerusalemme, nel monastero dove 40 anni prima anche il beato Charles de Foucauld trascorse diversi mesi in preghiera, da eremita, nel giardino.
La sua testimonianza continua a conquistare il cuore di tante persone grazie al suoColloquio interiore, scritto a partire dal 1940, oggi alla 10ª edizione. Da due anni le clarisse di Gerusalemme hanno iniziato a pubblicare una newsletter per tenere i contatti con quanti chiedono di lei e far conoscere le testimonianze custodite in archivio, più di 200 le lettere e cartoline, spedite dai 5 continenti. Sollecitate dalle molte richieste hanno chiesto all’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, di approvare la preghiera per chiedere grazie per intercessione di suor Maria della Trinità.
«L’attualità dei suoi scritti, è l’ascolto interiore della voce del Signore», ha rilevato il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar nella prefazione al Colloquio interiore in lingua francese. L’intensità spirituale con cui la voce vi risuona, «deve farci tendere l’orecchio non verso l’esterno ma verso l’interno di noi stessi, in cui essa parla ugualmente». Il seme caduto in terra di Gerusalemme porterà di certo molti frutti.
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