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Ordinazione sacerdotale e diaconale di 5 frati francescani in Porziuncola 01 Lug 2019

Un tocco speciale, come quello di un vasaio, di conformazione al Signore Gesù

“La vostra unione fa la gioia del cuore della Madre”, così il Vescovo di Assisi-Nocera U.-Gualdo T. S.E. Mons. Domenico Sorrentino ha commentato la decisone di una Ordinazione sacerdotale e diaconale inter-famigliare tra frati Minori e Conventuali.

Raccolti alla Porziuncola dallo Spirito, come in un nuovo Cenacolo, i quattro frati minori hanno ricevuto il “tocco”, come da un vasaio, di Colui che dal battesimo continua a conformarli a sé.
Già venerdì sera ci si era riuniti a pregare assieme, stavolta alla Basilica inferiore di San Francesco. Un bel momento di preghiera presieduto dal Custode del Sacro Convento, p. Mauro Gambetti, che oggi ha concelebrato in Porziuncola.

Alla presenza del Ministro provinciale dei Frati Minori, p. Claudio Durighetto e di oltre 100 sacerdoti, la chiesa accoglie un nuovo diacono e 4 nuovi sacerdoti. Due Ordinazioni diverse caratterizzate – come ha ricordato il Vescovo – da un denominatore comune: il servizio al popolo di Dio per il quale occorre essere santi di una santità da coltivare ogni giorno.

Riportiamo l’omelia integrale di Mons. Sorrentino e affidiamo alla Vergine Maria il cammino di questi cinque fratelli.

Cari Frank, Pietro, Luca, Giovanni, Mauro,
la vostra ordinazione, rispettivamente, diaconale per Frank, e sacerdotale per Pietro, Luca, Giovanni e Mauro, avviene nella forza dello Spirito Santo. Questa forza è come applicata a ciascuno di voi, oltre che attraverso la preghiera consacratoria, dal gesto tradizionale dell’imposizione delle mani. Gesto che, con la sua fisicità, sembra evocare il lavoro del vasaio che plasma il vaso. La vostra umanità, già configurata a Cristo nei sacramenti dell’iniziazione, ed a lui più visibilmente unita nella vita religiosa, riceverà un tocco ulteriore di conformazione a lui, rendendovi atti al ministero diaconale e a quello presbiterale.

Il diaconato porta l’accento del servizio, che evidenzia sacramentalmente una dimensione a cui tutti siamo chiamati. Il presbiterato ha l’accento proprio di un ministero, che – a dispetto di tutte le tentazioni clericali che dobbiamo superare –, resta fondamentalmente servizio, anche se, configurandovi a Cristo capo e pastore, vi dà anche il compito dell’autorità: ma questa rimane servizio, anzi, lo è ad un titolo ancor più radicale, perché non vi impegna solo  ad offrire dei servizi, ma  ad offrire voi stessi, come nell’eucaristia che oggi per la prima volta celebrerete. “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. Le parole di Cristo piegano ormai la vostra vita. L’eucaristia sarà sempre meglio celebrata, nella misura in cui la vostra vita sarà più perfettamente donata.

Di questo grande mistero vorrei consegnarvi brevemente alcune prospettive, partendo non solo dall’odierna solennità dei Santi Pietro e Paolo, ma anche dal contesto di una celebrazione che ha il privilegio d’essere fatta all’ombra della Porziuncola, dove ancora pulsa il cuore di Francesco; e che è impreziosita dal segno di una più evidente fraternità, espressa dal fatto davvero ispirante – non so se dire “storico” ­– che vi trovate qui insieme,  famiglia dei conventuali e famiglia dei minori, sempre più consapevoli che lo Spirito Santo sta gridando alla Chiesa in tutti i modi, passando anche attraverso le vostre storie di famiglia, che è ora di lavorare più efficacemente alla causa dell’unità.

Pietro, dunque, Paolo, e la Porziuncola. Porziuncola che è come dire: Maria.

Quanto a Pietro, la liturgia ci fa risentire le Parole a lui dette da Gesù, parole che ne fanno, in Gesù e per Gesù, la “roccia”. Gli inferi non prevarranno. Come nel racconto della seconda lettura, il Signore avrà sempre un angelo da inviare, quando si tratta di spezzare le catene di Pietro e della Chiesa.

Questa promessa di Gesù a Pietro suppone un impegno di unità che ci lega non soltanto alla la Chiesa delle origini, ma anche al pastore universale di oggi, papa Francesco, qui ad Assisi a noi particolarmente caro. Insieme ci sentiamo legati al collegio degli apostoli e dei loro successori. Non a caso, celebrando la messa, voi quattro che sarete tra poco abilitati a presiederla, dovrete dire, nel cuore del canone, il nome del pastore della Chiesa universale e della Chiesa particolare. Non è evidentemente un fatto di cortesia istituzionale. Nemmeno un’intercessione speciale. È il ribadire e rivivere una struttura fondamentale della Chiesa, senza di cui l’Eucaristia, quand’anche validamente celebrata, perderebbe la sua legittimità e si porrebbe in contraddizione con il suo stesso valore di “sacramentum unitatis”. Ce lo dobbiamo ricordare, in tempi in cui sembrano talvolta ritornare alcune tentazioni che hanno attraversato la Chiesa in altri tempi, generando tensioni e contrapposizioni, che possono talvolta esprimere differenze costruttive, ma non devono mai varcare la soglia vitale dell’obbedienza e della comunione.

Le parole di Cristo a Pietro dicono questo. Prima ancora, ci ricordano il segreto di questo nelle parole che il capo degli apostoli pronuncia quasi a fondamento del suo primato, a custodia della fede della Chiesa di tutti i tempi: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. Il nostro tempo assomiglia sempre di più a quello dei primi tempi. L’interrogativo su Cristo ritorna come un interrogativo cruciale, mentre ciascuno immagina di poter dare una sua risposta. Pietro ci dà la risposta per sempre, sulla quale poggia la Chiesa.

La vostra fede – nel servizio diaconale e soprattutto presbiterale – sia, carissimi, la fede di Piero. Fede “rocciosa”, granitica, non sviluppata solo in qualche angolo mentale della vostra formazione teologica, ma detta con tutta la passione con cui la diceva Francesco, che di Cristo si innamorò al punto da essere configurato come l’alter Christus, e ne ricevette i segni della  passione.

Dell’apostolo Paolo la liturgia ci fa ascoltare la parola da lui scritta al discepolo Timoteo, sul declinare della vita, come un testamento. Una parola che ci intenerisce e insieme ci fa tremare: “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. Soprattutto questo ultimo accento è illuminante. Ha la forza di un monito. Se l’apostolo ringrazia il Signore per aver conservato la fede, è dunque da mettere nel conto, persino per l’apostolo, che la fede si possa perdere. Il Signore non lo permetta mai in ciascuno di noi, in ciascuno di voi ordinandi. In realtà anche la fede, come ogni grazia del Signore, è portata da noi in vasi di creta. Non va data mai per scontata. Dev’essere coltivata e custodita con grande premura. E ciò con tanto maggiore responsabilità, perché la mancanza di fede del pastore, oltre ad essere una disgrazia per lui, diventa una disgrazia per tutto il popolo di Dio che egli deve servire.

Il Signore, carissimi, vi dia davvero lo slancio di Paolo. La forza sempre nuova, audace, creativa, che rende evangelizzatori sempre, e fa risuonare il vangelo nelle nostre vite, prima che nelle nostre parole.

Uno spunto infine da questo luogo di grazia, tanto caro a Francesco e ai suoi figli, come a tutta la nostra Chiesa di Assisi: la “Porziuncola”. Il luogo in cui Francesco, sotto lo sguardo della Madre, si eleva nelle sue ascensioni mistiche, ma anche quello in cui raccoglie la sua fraternità, e quasi plasmandola in piccole cellule la invia nel mondo come seme di fraternità, di unità, di pace.

La fede che voi, in forza del ministero che oggi ricevete, siete tenuti a servire, a professare, ad annunciare, a celebrare, deve, in definitiva, trovare la sua forma più eloquente, direi più evangelica, nella fraternità: sia quella propria del vostro carisma, che non si pone in tensione, ma perfettamente in accordo con il vostro ministero; sia quella che, da diacono e da presbiteri, dovrete promuovere nella comunità cristiana, diventando, più che mai, servitori e generatori di fraternità.

Proprio su questo vorrei insistere in modo speciale qui alla Porziuncola. Essa è un simbolo di prima grandezza, ispiratrice di un cammino di rigenerazione ecclesiale, fondato su due valori che costituiscono i pilastri della vita cristiana, e insieme l’ideale della vita di Francesco che ad essi totalmente si ispirò: vangelo e fraternità. La stessa povertà che tanto caratterizzò la sua scelta di vita è in connessione profonda, direi in dipendenza intima, da questo ideale. Fu il rinunciare a tutto, per fare pienamente spazio a Gesù, al vangelo, alla fraternità, e poter dire questo al mondo con la forza della testimonianza.

Tutto ciò, alla Porziuncola, è detto con lo sguardo tenero della Madre, a cui Gesù affidò dalla croce il discepolo amato, e in lui tutta la Chiesa, ma in particolare quanti, nella Chiesa, sono configurati a Cristo per il servizio ai fratelli.

            Il segno che oggi voi date, con la vostra unità inter-familiare di conventuali e minori, è sicuramente di grande auspicio. Fa la gioia del cuore della Madre. È ispirante per tutta la comunità cristiana.

            Voglia il Signore, che oggi vi unisce a sé in un modo nuovo, confermarvi in questa vocazione e missione, concedendovi la grazia di una vita veramente santa. Sii, caro Frank, un santo diacono. Siate, ­– Pietro, Luca, Giovanni e Mauro –, santi sacerdoti. Il resto verrà dopo, e verrà da sé, per la gioia di Cristo e del popolo di Dio.



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