Nella terza serata del Settenario in preparazione alla solennità del Natale, p. Danilo Tremolada ci ha aiutato nella meditazione sull’antifona maggiore “O Clavis David”. P. Danilo ha ricordato come nel periodo di Avvento siamo invitati a desiderare cose grandi ad attendere una pienezza sempre maggiore nella nostra vita. Attendiamo Gesù Cristo che celebreremo nella notte dell’incarnazione come complimento ma che poi sempre di più di viene pieno nella nostra vita nel tempo in cui viviamo. E’ proprio in questa dinamica della promessa e del compimento che preghiamo l’antifona maggiore “o Clavis David” così recita:
O Chiave di Davide
e scettro della casa d’Israele
che apri e nessuno può chiudere
chiudi e nessuno può aprire
vieni libera l’uomo prigioniero
che giace nelle tenebre
e nell’ombra di morte
Questa antifona è ripresa dal profeta Isaia dove si parla di questa chiave della casa di Davide che è messa sulle spalle del governatore Eliakim. Questa profezia da sempre è stata prefigurazione del messia. Il simbolo della chiave ci richiama allo spazio in cui si può accedere quando io apro una porta. Nello stesso tempo, tuttavia, il simbolo della chiave ci rimanda ancora più direttamente al padrone di casa, che ha il potere di aprire e di chiudere. Ancora oggi simbolicamente si danno le chiavi della città a una persona autorevole prestigiosa di cui si riconosce l’autorità morale o di altro genere.
La chiave ci porta ad entrare proprio per indicare una uno spazio di vita nuova, legato al regno di Dio. Nei Vangeli sinottici 5 volte troviamo l’espressione “entrare nella vita”, ed ancora 8 volte troviamo l’espressione “entrare nel regno di Dio”. Queste espressioni ci fanno comprendere come grazie a Gesù, è possibile entrare e fare esperienza del regno. Ciò si nota anche in un passaggio del Vangelo di Matteo: “Non chiunque mi dice Signore Signore entrerà nel regno dei cieli ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21-29). Questo ci fa comprendere che per entrare nel regno ci vuole disponibilità, una volontà anche di ricerca. Solitamente, parlando di Regno, noi pensiamo a un luogo, a un territorio dove qualcuno può regnare. Tuttavia, nel Vangelo, il termine greco usato indica soprattutto l’azione del regnare. Potremmo dire che il regno significa l’intervento potente di Dio che viene incontro all’uomo. La parola regno tiene insieme lo spazio nuovo della vita in Dio e l’autorità di chi fa entrare in questo regno. Ci possiamo lasciarci stupire da un Dio che viene incontro a noi con il suo “regnare”, con la sua potenza. Egli vuole regnare in maniera sovrabbondante superando anche tutte le nostre speranze e attese. Gesù con la sua incarnazione, apre la porta del regno.
Egli è il liberatore dell’uomo dalle sue prigioni dalle sue schiavitù. A questo fa riferimento l’ultima parte della antifona. Provocati da questo ci domandiamo se in questo tempo stiamo veramente dando il permesso al Signore Gesù di entrare nella nostra vita, oppure siamo ancora chiusi a chiave sotto il condizionamento delle nostre paure e ferite.
Quell’uomo prigioniero, che ricorda l’antifona, è tutto il genere umano, schiavo dei suoi errori e dei suoi vizi.
Chiediamo allora che il divin Liberatore possa venire a riscattare tutto ciò che si è degnato di rendere libero con la sua grazia.
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