Riportiamo il testo integrale dell'omelia del Ministro provinciale, fr Francesco Piloni, nella Celebrazione della Professione Solenne di fr Rosario Giunta in Porziuncola.
Fra Rosario hai appena consegnato il tuo Eccomi, forte e deciso, alla Chiesa, a noi qui presenti, all’uomo d’oggi, al mondo intero. Hai detto che ci sei, che sei disponibile perché il regno di Dio venga, perché non manchi a questo tempo il segno visibile della vicinanza di Dio all’uomo e della sua paternità. Siamo figli di Dio, abbiamo un Padre che segue la nostra vicenda umana con cura e premura.
Nel 20° anniversario dell’attacco all’America e il clima di paura che il terrorismo ha generato, nell’incertezza di una pandemia che crea sfiducia, distanziamento, violenza verbale e fisica, nella debolezza di un pensiero culturale stanco e senza profezia, la professione solenne di fra Rosario è una speranza, è una provocazione, è un regalo. “…chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Questo stiamo celebrando cari amici; questo i nostri sensi stanno registrando nel partecipare a questa Liturgia in questo luogo santo che è la Porziuncola. Un uomo, Rosario, che sta rispondendo a Dio, convinto che l’unica cosa che conta veramente è, come scrive Papa Francesco nella Christus vivit (248), “collocare tutta la nostra vita di fronte a quel Dio che ci ama e ci permette di capire che nulla è frutto di un caos senza senso, ma al contrario tutto può essere inserito in un cammino di risposta al Signore che ha un progetto stupendo per noi”.
“…chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”; fra Rosario tu oggi e per sempre sei chiamato ad annunciare la salvezza in un mondo che invece chiede sicurezza. Ma comprendiamo bene come è povera e inutile la richiesta di sicurezza, rischiosa perché alimenta attese che saranno certamente disattese.
Abbiamo allora necessità di recuperare in modo chiaro cosa significa la parola salvezza. Per i cristiani, per i battezzati il salvatore ha un nome e un volto: Gesù Cristo benedetto. Non solo è incontrabile ma il nostro Dio si lascia conoscere, ama dialogare con noi intrattenendosi come un amico, non resta una teoria o un’idea nella testa ma si compromette con gli uomini, si sporca le mani, si commuove e piange; non solo, ama fare domande! “La gente, chi dice che io sia?...Ma voi, chi dite che io sia?”. Chi sei Signore per me? Queste domande sono un grido che vuole trovare una destinazione, una preghiera che anela uscire dal vuoto, dalla noia per scoprire di non essere soli. Queste domande sono desiderio di Dio, nostalgia di Lui, di altro da me; accompagnano le ore di verità della nostra vita, i tempi di verifica e di ripartenza. Sono le domande giuste da farsi per arrivare alle risposte vere! Sono le domande che nutrono una fede viva e non spenta e timida; per chi non si accontenta.
Chi sei Signore per me? Fra Rosario è testimone della preziosità di questa domanda che fa tremare e ardere il cuore. Le parole del profeta Isaia “Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro” possono spiegare come, alla scuola delle domande di Dio, si cresce e si forma una confidenza bella, unica, a tratti dura; si perché porsi la domanda “Chi sei Signore per me?” non è per niente facile quando la nostra vita incontra la croce, un dolore inaspettato, una caduta più importante… eppure nei crocevia della storia, negli stretti necessari, Dio chiama ogni battezzato a una risposta di fede; “Tu credi che sono il Salvatore? Tu credi che io opero la salvezza? O cerchi la sicurezza?”. Fra Rosario, questa domanda “Chi sono io per te” ti accompagnerà tutta la vita e per questo il Padre ti manderà ad annunciare il Vangelo, dove il Vangelo non c’è, negli inferi; a portare misericordia dove il peccato rende sterili e vuoti; a continuare a scommettere dove nessuno scommette: chi avrebbe scommesso su Pietro? Oggi Gesù lo chiama Satana perché “non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini!”. Meglio scommettere su Giovanni! Eppure Gesù scommette su Pietro! Questa è la speranza amici: è molto di più della sicurezza che il mondo non ci può dare.
Allora la fede è abbandonare le redini della tua vita nelle mani del Padre. L’abbandono è la fine di ogni paura. Quando tu lasci al Padre le redini scopri che l’incertezza che viene da Dio è preferibile alle certezze che vengono da te; infondo sono solo false sicurezze che placano l’ansia del momento.
Davanti alla risposta di Pietro “Tu sei il Cristo”, Gesù approfondisce la sua missione: “E cominciò ad insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”. Nella fede, come nella vita, occorre imparare a perdere; se vuoi un figlio adulto, lo devi lasciare partire. Grazie Michele e Lidia; grazie Noemi e Luigi, di cuore. Se vuoi che il campo produca frutti, devi rischiare il seme. La nostra vita è imparare a rischiarla, a perderla per ciò che conta. Incontrare Cristo è incontrare e conoscere qualcuno che ti dà la libertà di osare, di rischiare, di prendere iniziativa. Gesù ci libera dalla dittatura della paura per restituirci la libertà dei figli di Dio; ci libera dal bisogno di dimostrare di essere qualcuno, per restituirci la gioia delle piccole cose di ogni giorno; ci libera dalla presunzione di capire tutto, per restituirci la bellezza di cercare i significati profondi del vivere, dell’amare, del servire, fino al significato del morire. La fede non ci promette il possesso delle cose, ma il significato che le abita. E chi ha qualcosa di significativo nella vita non gli importa di cercare altro; semplicemente vuole servire la vita.
Grazie fra Rosario perché con la tua umanità, con la tua vita consegnata a Dio per sempre, per tutto il tempo della tua vita, a servizio della chiesa e degli uomini, manifesti l’umanità di Cristo. Testimoni che il cuore lo riempie solo chi lo ha creato.
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