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Perché sia davvero un Sinodo dei giovani 21 Giu 2018

We talk togheter

Sento ancora battere fortissimo il cuore se ripenso alla mail che ho ricevuto qualche mese fa dal CIOFS, il Consiglio Internazionale dell’Ordine Francescano Secolare, nella quale mi veniva chiesto di rappresentare la Gioventù Francescana di tutto il mondo alla riunione presinodale che si sarebbe svolta nel mese di marzo a Roma con giovani di tutto il mondo, circa trecento.

Sin dall’annuncio del Sinodo “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” ci aveva colpito molto quella affermazione di papa Francesco nella quale diceva che questo Sinodo non sarebbe stato “sui” giovani, ma “dei” giovani, nel quale i giovani dovevano essere coinvolti in prima linea, ascoltati veramente. Finalmente una Chiesa in ascolto, finalmente una Chiesa che esce dalle strutture e dal “parlare sopra” alle cose!

Già dal recente Sinodo sulla famiglia era stato usato il preziosissimo strumento del questionario, che aveva la funzione di mettersi in ascolto della realtà, ma questa volta si è voluto fare di più e andare oltre gli ovvi limiti di un questionario.

Organizzare un meeting, con giovani di diverse provenienze religiose, culturali e non per ultimo, geografiche, perché si possano incontrare, conoscere, condividere, raccontare e perché questi giovani possano “spezzare” vicendevolmente le storie, condividere i loro sogni e le loro fatiche, le loro paure e i loro desideri di bellezza.

Con grande senso di inadeguatezza ma anche con grande gioia e curiosità sono arrivato nel tardo pomeriggio di domenica 19 marzo alla struttura che ci ha ospitati per tutta la settimana, il Pontificio Collegio Internazionale Maria Mater Ecclesiae dei Legionari di Cristo. Subito è stato un tuffo a capofitto fra suoni e colori da tutto il mondo: bandiere, vestiti sgargianti e ai nostri occhi quantomeno singolari, abbracci e sorrisi in ogni dove. Un’accoglienza generale che mi ha fatto subito sentire a casa!

Lunedì mattina era già il giorno del grande incontro! Papa Francesco ci è venuto a trovare in mattinata per donarci un po’ del suo tempo, per ascoltarci e per dare un po’ lo stile ai lavori che avremmo cominciato nel pomeriggio.

Un discorso veramente profondo nel quale sono stati toccati molti punti: il ruolo dei giovani nella Storia della Salvezza con un richiamo specifico a Samuele, le fatiche del mondo giovanile nel costruire una vita dignitosa, i problemi delle dipendenze, del lavoro, il ruolo prezioso degli anziani e la assoluta necessità di mettersi in ascolto del mondo dei giovani perché troppo spesso le istituzioni si celano in una insufficiente lettura di dati e analisi. La gioventù non esiste - dice il papa -, esistono i volti, gli sguardi e le storie dei giovani. Questo è stato quanto ha mosso l’invito a questa riunione.

Il Santo Padre ci ha invitati a parlare apertamente, senza filtri. Ci ha confermato che spesso non siamo premi Nobel alla prudenza, però va bene così! In questo contesto non servivano - e devo dire che non ci sono stati - l’arte della diplomazia e della prudenza eccessive. L’invito è stato quello di dire tutto quello che volevamo ed esattamente come lo volevamo.

Ci sono state nel corso della stessa mattinata poi cinque relazioni (una per continente) che hanno descritto il mondo giovanile, all’interno della Chiesa e non, nelle diverse parti del mondo seguite poi da cinque domande da diverse realtà: c’è stata una domanda di una ragazza che in passato è stata costretta in Italia a prostituirsi, un’altra domanda da un ragazzo non battezzato francese ma anche domande da parte di un seminarista e di una suora in formazione e da una ragazza argentina che si occupa di educazione e di scuola.

Come dicevo poc’anzi, sono poi iniziati i lavori nei gruppi linguistici, suddivisi in tre parti sulla base della traccia di lavoro elaborata dalla segreteria del Sinodo: una prima parte dedicata alla realtà del mondo giovanile, una seconda sul tema della fede e del discernimento vocazionale ed infine la terza dedicata esclusivamente all’aspetto pastorale ed educativo della Chiesa nell’annuncio del Vangelo nel contesto giovanile.

Lavorare nei gruppi è stata di gran lunga la parte più difficile, più ricca, più bella, più impegnativa. Meriterebbe forse ulteriori aggettivi ma sarà certamente la parte che non potrò dimenticare; ci siamo ritrovati in quindici sconosciuti, di diversi Paesi del mondo - a maggioranza italiani essendo un gruppo di lingua italiana il mio -, molti cristiani cattolici ma non solo, c’era Valentino, un ragazzo ateo di Roma che vive come utente in una comunità di recupero dalle dipendenze, c’era un ragazzo giapponese, Yoshi, che si occupa a Kyoto di formazione in un seminario buddista. Ma anche giovani cristiani d’oriente, cattolici e non, giovani cresciuti in parrocchia ma con grandi dubbi di fede.

C’era anche un prete, don Claudio, che vive il suo ministero in un carcere minorile di Milano e un giovane domenicano in formazione, fra Pietro. Ed è stato proprio don Claudio che ci ha fatto aprire gli occhi sulla parola “incontro”: un incontro è sempre “in” ed è sempre anche “contro”.

Questa affermazione potrebbe essere il sunto di tutta l’esperienza in quanto se è vero che ci siamo scontrati su diversi punti di vista che inevitabilmente sono emersi, è anche vero che ci siamo aperti molto all’accoglienza della diversità, alla ricchezza delle differenze, per trovare poi sempre che era degno di essere ascoltato chiunque pensasse qualcosa, anche se non eravamo in totale accordo. Così ci aveva chiesto il papa.

Il documento è stato redatto in tre momenti, con altrettante revisioni attraverso sia le condivisioni nei gruppi di lavoro che nelle assemblee plenarie, ma alla conclusione di tutto c’era grande soddisfazione. Non sono stati pochi quelli che si sono detti contrari al documento dopo l’approvazione finale; quello che invece per me è stato bello, è stato rilevare proprio il fatto che non mi rappresentasse in pieno, ma perché non doveva rappresentare me, bensì tutto il mondo, con le sue contraddizioni, con le sue sfumature, con i suoi odori e i suoi colori, che rendono veramente questo mondo un dono immenso!

Domenica mattina ci siamo salutati in piazza san Pietro dopo la celebrazione della Messa delle Palme che coincideva con la Giornata Mondiale della Gioventù e in occasione della quale una piccola delegazione dei trecento che avevamo collaborato alla stesura del documento, hanno consegnato a papa Francesco il documento. Colgo l’occasione per ringraziare nuovamente il CIOFS per il grande dono che mi ha fatto di partecipare a questa esperienza e per l’onore che mi ha dato nel rappresentare i giovani francescani durante questo momento epocale per la storia della Chiesa.

di Riccardo Insero, Presidente della Gioventù francescana (Gi.Fra.) Italia
per “San Bonaventura informa“ (Maggio 2018)



GiFra Giovani SBi Sinodo

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