Con la celebrazione eucaristica di oggi pomeriggio, iniziata alle ore 17.00 e introdotta da un pensiero di p. Vittorio Viola, l'assembea riunita nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola ha potuto gioire insieme alla Provincia Serafica dei Frati Minori per la Professione Perpetua di sette confratelli:
- fra Luca Allaria,
- fra Giuseppe Aringoli,
- fra Michele Berardi,
- fra Iuri Cavallero,
- fra Salvatore Cirami,
- fra Gianpaolo Fabaro,
- fra Mattia Negri.
Il Ministro Provinciale, fr Bruno Ottavi, che ha accolto le loro professioni dei voti, ma ancor più gli stessi fratelli che li hanno emessi con gioia per tutta la vita affidandosi alla Fraternità provinciale, ha proposto un'omelia, di seguito riportata integralmente, con l'occhio teso verso l'imminente anno indetto da Benedetto XVI sulla fede.
Auguriamo a questi sette confratelli di far tesoro di questo anno col quale iniziano una nuova fase della loro vita riflettendo sulla consistenza della propria fede, e poi sulla testimonianza e infine sulla perseveranza nella fede.
Dopo la celebrazione i neo professi hanno accolto tutti, amici e parenti presenti, nel chiostro grande e nel refettorio del Convento Porziuncola per un rinfresco e un momento di festa animato dal gruppo musicale Perfetta letizia.
Omelia di fr Bruno Ottavi, Ministro Provinciale
24^ Domenica Tempo Ordinario: Isaia 50, 5-9a; Giacomo 2, 14-18; Marco 8, 27-35
Fratelli carissimi, nel Signore Gesù che ci ha riuniti nel suo nome e alla sua presenza, oggi volete consacrare per sempre la vostra esistenza a Lui, il Dio della Gloria e Signore della vostra vita e della storia!
Oggi, insieme a voi, anche noi vogliamo affermare la nostra vocazione, vogliamo fare un atto di fede vera, certa, in quella chiamata che il Signore ha fatto nella nostra vita, qualunque essa sia, o nella vita religiosa, o nel sacerdozio, o nella vita matrimoniale e nella famiglia.
Il Signore ha dato a ciascuno di noi una vocazione da realizzare, vogliamo ringraziare Dio per questo dono, ma dobbiamo anche verificare la nostra vita e se questa vocazione è vissuta nella fede vera, se è vissuta con il cuore, come il Signore ci chiede.
Per voi fratelli soprattutto, che state compiendo la vostra consacrazione nell’impegno totale e definitivo della Professione Solenne, vi invito a verificare se questo impegno viene fatto nella fede vera e sincera di chi si abbandona totalmente in Dio.
Il Vangelo di questa Domenica XXIV del Tempo Ordinario, ci aiuta a verificare questa fede. Pietro stesso ci aiuta a fare questo percorso di fede, questo cammino incontro al Signore, perché ci svela il nostro cuore e la fatica che facciamo a dire si a Dio e alle esigenze del suo Amore.
A Pietro infatti Gesù chiede un atto di fede: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro a nome suo e di tutti gli apostoli risponde: Tu sei il Cristo. Una bella risposta da catechismo, ma che è già un inizio della fede che Gesù chiede ai suoi discepoli! E’ il contenuto della fede che inizia a maturare nella loro coscienza, ma che non è sufficiente per vivere in pienezza come veri discepoli del Cristo.
Infatti a questo punto Gesù spiega che cosa significa essere il Cristo, il Messia atteso per la salvezza dell’uomo e dice che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ; cioè, per realizzare le promesse che Dio aveva fatto al suo popolo, Egli stesso, nella persona di Gesù è venuto nel mondo per soffrire e morire, mostrando così il vero amore di Dio verso l’uomo, per poi risorgere nella gloria. Qui non si tratta più di catechismo o di formule imparate a memoria, qui si tratta di vita e di morte, di esistenza donata, di sacrificio: Non c’è amore più grande di questo dare la vita per i propri amici. Questo è quello che vuole insegnare Gesù a Pietro e agli altri discepoli!
Ma Pietro non è ancora pronto ad un tale insegnamento e si ribella, addirittura rimprovera Gesù, perché per lui non è possibile che il Cristo possa soffrire e morire, ma a sua volta Gesù rimprovera Pietro e dice Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini.
C’è quindi un pensare secondo Dio, che è diverso da un pensare secondo gli uomini.
Il pensiero degli uomini lo conosciamo bene, è il nostro pensiero, sono le nostre idee, i nostri progetti, la nostra realizzazione personale, il nostro successo; ma, la Parola di Gesù ci dice che il nostro pensiero è diverso dal pensiero di Dio. Noi pensiamo spesso nelle ristrettezze del nostro orgoglio e nel tunnel del nostro egoismo. Spesso questo nostro pensare, esclude Dio o lo chiude nell’apparenza di una vita religiosa, perché non dia fastidio, a volte esclude anche gli altri, anzi essi diventano nostri nemici e avversari, quando ostacolano il nostro pensiero e i nostri progetti, quando non pensano come noi.
Per questo Pietro viene rimproverato da Gesù, eppure poco prima lo aveva lodato perché lo aveva riconosciuto come il Cristo! Ma il pensiero di Pietro sul modo in cui Gesù è il Cristo, il Messia, il prescelto per salvare l’uomo, non corrisponde con il pensiero di Dio. Pietro viene chiamato addirittura Satana, l’Avversario di Dio, colui che si mette contro la volontà di Dio.
Ed ecco allora che Gesù deve spiegare qual è il progetto di Dio per vincere il male e la morte: è morire sulla croce, è donare la vita, mostrando in questo modo l’amore di Dio per l’uomo! Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Questa parola di Gesù ha colpito fin dall’inizio della sua conversione Francesco d’Assisi, l’ha ascoltata nella chiesa di San Nicolò di piazza e l’ha voluta inserire nella Regola non bollata, come Parola ispiratrice del suo carisma.
E’ la Parola della “sequela Christi”, del modo di seguire Cristo sulla via della Croce. E’ la Parola che dètta le condizioni per seguirlo, per essere vero discepolo di un Maestro esigente, che chiede di rinnegare se stessi per andare dietro di lui, ma che ha realizzato Lui per primo questa Parola, prendendo la croce e morendo per noi.
Francesco ha seguito il Cristo perché ha visto la bellezza del suo volto, la maestà della sua presenza, la forza della sua promessa e per questo non ha avuto paura di rinnegare i suoi progetti, le sue idee, per accogliere la croce della sofferenza fisica e morale e seguire il suo Maestro verso il Calvario. Attraverso la sofferenza del Crocifisso, che ha amato dal suo primo incontro a San Damiano fino a portare i segni della Passione sul suo corpo alla Verna, ha sentito la dolcezza della Pasqua e l’ha vissuta fin qui, alla Porziuncola nel momento del suo Transito verso la casa del Padre.
Infatti Gesù dice che chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Qui c’è il pensiero di Dio, così lontano dal nostro modo di pensare, qui c’è il vero atto di fede, che non è fatto soltanto con un’adesione a delle norme o a delle leggi ben costituite, ma che è fatto con il cuore, cioè con l’intimo di se stessi, che dice “sì” alla volontà di Dio, così sofferta e faticosa.
Anche per voi, fratelli carissimi c’è questo “sì” da dire, non solo con le labbra, ma soprattutto con il cuore, pronunciando i tre voti di obbedienza, povertà e castità.
Dire “sì” a Dio oggi, per voi, significa vivere nell’obbedienza del cuore, che accoglie nell’intimo il volere di Dio che viene mediato dall’obbedienza ai superiori, anche quando questa sembra così lontana dal vostro volere, e che accoglie con disponibilità anche ciò che sembra amaro in un primo momento, ma che nell’obbedienza si fa dolce nel cuore e nelle opere che si compiono.
Significa vivere senza nulla di proprio, anche se ci sembra difficile rinunciare alle nostre sicurezze, alla nostra autonomia e alle nostre piccole o grandi comodità, lasciandoci interrogare anche dai poveri, come faceva il nostro Padre San Francesco.
Significa vivere in castità, rinunciando ad avere una propria famiglia e ad impegnare il proprio cuore soltanto nell’amore per il Signore e per i fratelli, senza sotterfugi o compromessi: significa avere un cuore indiviso.
Significa anche donarsi agli altri, soprattutto ai più poveri, con tutto se stessi, ricordando che l’uomo di oggi è fondamentalmente povero, perché è senza Dio, quindi senza speranza, una vita che si fa dono portando il Vangelo al mondo.
Fratelli carissimi, oggi, con le parole di Gesù vi invito a prendere su di voi la croce, cioè i voti di obbedienza, povertà e castità, che state per professare e portarli ogni giorno, nella bellezza e pienezza della vocazione francescana, ma anche nella fatica e qualche volta nella fragilità della vita di tutti i giorni.
Infatti se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà, dice il Signore.
Amen.
Basilica di Santa Maria degli Angeli Bruno Ottavi Frati Gianpaolo Fabaro Iuri Cavallero Luca Allaria Michele Berardi Omelia Professione Salvatore Cirami Vittorio Viola
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