Nella seconda meditazione del Triduo in preparazione alla Solennità di S. Francesco (vedi I meditazione https://www.assisiofm.it/triduo-i-serata.html), S.E. Gualtiero Sigismondi ha introdotto il suo intervento ricordando che siamo accompagnati in questa preparazione da 3 memorie liturgiche, San Girolamo, Santa Teresa di Gesù Bambino e i Santi Angeli Custodi, che manifestano la grande fantasia della santità, cammino che è personale, ma che si compie sempre insieme agli altri e perciò plurale.
Lasciandosi ispirare dal salmo 48, il vescovo ha commentato l’omelia che l’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, futuro Papa san Paolo VI, ha tenuto il 4 ottobre 1958 in occasione del pellegrinaggio delle diocesi lombarde ad Assisi. Questo testo contiene allo stato embrionale i temi che il Papa svilupperà nell’enciclica Popolorum progressio: la condanna del profitto come motore essenziale del progresso economico, della concorrenza come legge suprema dell’economia, della proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto. Per la sua attualità, esso sembra essere una profezia dell’incontro che Papa Francesco ha dato ai giovani economisti nella primavera dell’anno prossimo proprio qui ad Assisi.
Il messaggio centrale dell’omelia può essere riassunto così: il manto della carità non può coprire l’ingiustizia. Può espiarla, ma mai coprirla.
Sono diversi i passaggi interessanti che qui citiamo:
“Francesco, aiutaci a purificare i beni economici dal loro triste potere di perdere Dio, di perdere le nostre anime, di perdere la carità dei nostri concittadini”
“È possibile, Francesco, maneggiare i beni di questo mondo, senza restarne prigionieri e vittime? È possibile conciliare la nostra ansia di vita economica, senza perdere la vita dello spirito e l'amore? È possibile una qualche amicizia con Madonna Economia e Madonna Povertà?”
“La ricchezza toglie la libertà interiore; ci dà il gusto dei beni materiali e dei piaceri che da essi, sperati o goduti, possono derivare; ci attenua prima, ci toglie poi il senso dei beni spirituali, come fossero lontani, difficili, inadeguati alle ispirazioni umane. […] Questo infatti è il primo pericolo della ricchezza economica, di farci inabili alla ricerca di Dio, ed immeritevoli di raggiungerlo.”
“Qui è la nostra preghiera a S. Francesco, che ci faccia grazia a svelenire i beni economici, come dicevamo, d'ogni loro funesto potere contro la carità di Dio e la carità del prossimo.”
“Ecco, allora, Francesco, che la Tua Povertà ci diventa amica e maestra. Ecco che ammonisce coloro che mettono nei beni economici le loro somme speranze a mirare più in alto, a svincolare il cuore dall'amore delle cose terrene, e a saperle considerare come buone solo quando ci sono scala per salire le vie dello spirito e ci sono specchio per riflettere la bellezza, la bontà, la provvidenza di Dio”
“Così insegnaci, così aiutaci, Francesco, ad essere poveri, cioè liberi, staccati e signori, nella ricerca e nell'uso di queste cose terrene, pesanti e fugaci, perché restiamo uomini, restiamo fratelli, restiamo cristiani, noi Lombardi, noi Italiani.”
Il testo integrale dell’omelia si trova in "Rivista diocesana milanese", 1958, pp. 491-493 e in L'Italia pellegrina ad Assisi. 50 anni di incontri con san Francesco patrono d'Italia, 1939-1989, [a cura di Nicola Giandomenico e Mario Collarini], Perugia, Cassa di Risparmio di Perugia, 1990 pp. 99-102.
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