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Intervista a fr. Fabio Nardelli, autore del volume edito da Cittadella Editrice 30 Ott 2024

Un popolo missionario e sinodale. Il cammino della Chiesa nel terzo millennio

Fr. Angelo Salvia intervista fr. Fabio Nardelli a proposito della sua ultima pubblicazione Un popolo missionario e sinodale. Il cammino della Chiesa nel terzo millennio. Il volume si presenta come uno strumento di natura teologico-pastorale ed evidenzia un accostamento “sistematico” tra missione e sinodalità, particolarmente significativo nell’attuale contesto ecclesiale.

Fabio Nardelli è un frate minore e sacerdote della Provincia Serafica di Umbria e Sardegna, ha conseguito il dottorato in Teologia alla Pontificia Università Lateranense e attualmente insegna Ecclesiologia in diversi istituti teologici. Vive a Roma dove ricopre l’incarico di viceparroco nella comunità di San Gregorio VII.

Si riportano alcuni passi dell’intervista, visibile integralmente nel video.

Il Sinodo: un tema quanto mai attuale. Come frate minore e attento osservatore di quello che la Chiesa sta vivendo in questo periodo, puoi indicarci quali sono i contenuti fondamentali di questo tuo lavoro?

Il testo è frutto di un'analisi, di una ricerca, di un approfondimento che hanno come tesi fondamentale proprio quello che esprimo nel titolo: ovvero come la missione e la sinodalità siano due facce della stessa medaglia. Un popolo di Dio che non è sinodale e che non vive in comunione non può esercitare fino in fondo la missione della Chiesa - e allo stesso modo un popolo missionario è chiamato a viverlo in uno stile fraterno, in uno stile comunionale.

Partendo anche dalla mia esperienza di frate minore, metto in evidenza come il cuore è la dimensione della fraternità missionaria. La tesi fondamentalmente è che la radice comune che è il battesimo. Ogni battezzato è chiamato a vivere da discepolo missionario, come ama ripetere più volte Papa Francesco.

Lo stile con il quale vivere questo annuncio è quello sinodale, quello dell'ascolto, della reciprocità, del discernimento, nell'ottica della fraternità universale. Questo studio è un aiuto a riflettere su che cosa vuol dire vivere da missionari e con quale stile. E nel testo proprio mostro come tutti i singoli soggetti della missione, secondo la prospettiva della piramide capovolta, cioè i fedeli laici, i pastori, i religiosi, i vescovi e il Papa, possono vivere continuamente e costantemente da missionari.

Il libro vuole essere un manuale specialistico rivolto soltanto agli addetti ai lavori  (per l’insegnamento, o la pastorale dei sacerdoti) oppure può essere affrontato anche da molte categorie di lettori?

È stato mio desiderio renderlo uno studio di natura pastorale. Non è solamente rivolto agli specialisti - che pur possono servirsene per approfondire da un punto di vista teologico, letterario, o magisteriale - perché quando ho scritto questo testo avevo in mente l'immagine di ogni cristiano che potesse leggere e approfondire questi contenuti che hanno come filo rosso la storia.

Ci sono diversi capitoli che mettono in evidenza con un metodo storico teologico il divenire, lo sviluppo di quanto questo popolo di Dio sia missionario e allo stesso tempo sinodale.

Attingi molto al Decreto Ad gentes del Concilio Vaticano II e adoperi un'immagine molto bella: Ecclesia tota missionaria, cioè che la Chiesa per il fatto stesso di esistere è tutta missionaria. Oggi, 60 anni da quell'illuminata stagione, può ancora essere significante questo modo di parlare della Chiesa?

Sì, secondo me sì. Questa è stata un'intuizione di Papa Paolo VI: una Chiesa o è missionaria o non è. E a 60 anni da quella espressione del Decreto Ad Gentes di Paolo VI ci ritornano in mente le parole di Papa Francesco quando parla di una Chiesa missionaria, nella sua urgenza, nella sua necessità, nella sua importanza, altrimenti rischia di essere una Chiesa dimissionaria.

A 60 anni da quella espressione noi possiamo raccogliere proprio l'eredità del Concilio. Ma oggi noi la accogliamo come popolo di Dio, che non è solamente la somma di tutti i battezzati, ma è l'espressione del noi, della vita della Chiesa, che continuamente vive da missionaria. Quindi è un'espressione, a mio parere, quanto mai attuale, è un'espressione che continuamente ci rilancia in avanti e diventa un orizzonte per la Chiesa del terzo millennio, come riporto nel sottotitolo del volume.

Le espressioni popolo, popolo di Dio, popolo missionario, popolo partecipe, ricorrono molto: che cosa rivela tale epistemologia di Chiesa?

Nel corso della storia, tante sono state le immagini di carattere ecclesiologico. All'inizio della stesura di questo volume ho scelto di utilizzare questa categoria di “popolo di Dio” con il genitivo di Dio, perché ci aiuta ad uscire da una serie di deformazioni e di interpretazioni distorte, quali quelle legate esclusivamente al populismo, di ogni carattere, di ogni natura.

E all'interno del volume provo a declinare queste sottolineature. In modo particolare penso al "popolo partecipe" che ci riconduce a quel termine che è il secondo termine chiave del Sinodo: la partecipazione. Ecco, questa espressione racchiude l'idea della comunione, della comunità, e questo rimanda necessariamente alla mia vocazione francescana, ma al contempo, a quel popolo, quella comunione di credenti in Cristo che vive in uscita, che vive al margine, che vive alla soglia e che è attento ai segni dei tempi.

Quali sono quelle novità che, dal tuo osservatorio, potremmo vedere nella conclusione di questo sinodo?

Il sinodo che si sta concludendo in questi giorni in Vaticano ha aperto innanzitutto una era nuova: c'è un nuovo modo di pensare, di riflettere, di ragionare.

Pensiamo alle due sessioni che sono state celebrate l'anno scorso, in ottobre e quella di questo anno. Uno stile che è universale, fraterno, ma uno stile fortemente di preghiera. Il Santo Padre ha voluto che in questa sessione ci fossero diversi momenti di preghiera, di invocazione allo Spirito, anche in vista della pubblicazione del documento finale. Certamente in quest'ultimo un focus riguarderà gli organismi di partecipazione all'interno della Chiesa e la loro centralità, perché non sono solamente formule, istituzioni o pratiche da mettere in atto, ma diventano la via preferenziale attraverso la quale la Chiesa può vivere la sua missione.



Angelo Salvia Fabio Nardelli Libro Sinodalità Sinodo

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