Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. […] Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. […] Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti.
Atti degli Apostoli, 18
Una quotidianità che fa storia Aquila e Priscilla, coniugi cristiani
Aquila e Priscilla sono la coppia di sposi che dà il nome ad uno dei corsi che i Frati Minori dell’Umbria rivolgono ai coniugi che vogliono approfondire il loro cammino matrimoniale alla luce della Parola di Dio.
I due erano giudei divenuti cristiani nei primi anni dopo la Pasqua di Gesù. Aquila, pur portando un nome latino, era un ebreo nativo del Ponto (regione dell’attuale Turchia), da cui era emigrato a Roma; qui aveva sposato Prisca, chiamata col diminutivo di Priscilla. I due coniugi provenivano dunque da contesti culturali e sociali differenti, ma questo non fu d’impedimento per condividere e crescere in una comunione di vita e nella stessa fede.
Nel corso rivolto agli sposi, i frati illustrano le caratteristiche di questa coppia a partire da un’icona.
Pennellate per evangelizzare
Il drappo rosso che campeggia al centro è l’amore, la passione per il Signore, che nella Chiesa viene vissuto principalmente nel matrimonio e nella consacrazione verginale, rappresentati rispettivamente dalla famiglia di Aquila e Priscilla e dall’apostolo Paolo: attraverso queste vocazioni l’amore di Dio si rende visibile, incontrabile nella vita di ciascun uomo e donna, e l’uomo e la donna possono rispondere a quell’amore che li precede e li attrae a sé. Queste vocazioni, ciascuna con i propri doni, hanno bisogno l’una dell’altra per poter manifestare in pienezza la varietà dell’amore di Dio che vuole raggiungere ogni persona.
La famiglia di Aquila e Priscilla ha vissuto le sue difficoltà. Ha sperimentato innanzitutto lo sradicamento dalla propria casa, dai propri affetti, dalle proprie sicurezze, da una stabilità lavorativa. Aquila e Priscilla, infatti, dovettero lasciare Roma durante la persecuzione dell’imperatore Claudio contro i giudei (anno 49 o 50) e si stabilirono a Corinto, in Grecia. Da Corinto andarono poi a Efeso (attuale Turchia), seguendo Paolo con cui nel frattempo avevano stretto un’intensa amicizia. Da qui, cessato il divieto dell’imperatore Claudio, e probabilmente dopo una sommossa scoppiata a Efeso, Aquila e Priscilla ritornarono a Roma. Tuttavia lasciarono nuovamente la città, probabilmente per la persecuzione di Nerone, e si stabilirono un’altra volta a Efeso. Questi ripetuti spostamenti inevitabilmente avranno costretto questa coppia a ritrovare continuamente un equilibrio nella precarietà, in contesti culturali e sociali diversi, ritornando alle priorità, alla loro relazione con Dio e alla loro relazione di sposi e di genitori, da cui ogni volta ripartire per ricostruire tutto il resto.
Nell’icona Aquila ha una mano sulla spalla della moglie e un’altra al telaio, per indicare i due aspetti fondamentali di un uomo maturo e responsabile: la capacità di amare e di lavorare. La presenza del figlio dice la fecondità del loro amore sponsale; la mano di Aquila sulla spalla di Priscilla vuole comunicare protezione e tenerezza, ricordando che la coppia ha continuo bisogno di alimentare e rinnovare la reciproca relazione d’amore, e che questa è prioritaria rispetto al ruolo dell’essere genitori. La presenza dello sposo dietro la sua sposa porta equilibrio anche nel rapporto tra la madre e il figlio, che non è più di possesso, ma rivolto a dare fiducia e creare libertà.
La famiglia di Aquila e Priscilla è aperta e accogliente. Nell’icona questo aspetto è simboleggiato dalla porta aperta dietro di loro. Nel loro soggiorno a Corinto, i due incontrarono e dettero ospitalità all’apostolo Paolo, che per la prima volta visitava questa città, dopo aver sperimentato il fallimento del suo annuncio ad Atene, all’Areòpago. L’ospitalità, l’accoglienza è la prima forma di evangelizzazione: è tipica della famiglia questa apertura, alla vita, all’accoglienza, questo saper “far spazio”, a partire dall’accogliere i figli stessi che il Signore vuole donare. È bello evidenziare come questa coppia in due diverse modalità abbia partecipato attivamente al progresso del Vangelo. In primo luogo, “dietro le quinte”, senza apparire all’esterno, attraverso l’accoglienza di Paolo, garantendogli ciò di cui aveva bisogno materialmente per potersi dedicare alla predicazione (il cibo, un tetto e un letto). E poi “in prima linea”, quando seguirono Paolo nel suo trasferimento a Efeso e lo aiutarono nella sua attività missionaria, dedicandosi alla formazione di un convertito di nome Apollo, che conosceva solo sommariamente la fede cristiana e che sarebbe poi diventato un acclamato predicatore cristiano.
Aquila e Priscilla erano con Paolo quando scrisse da Efeso la prima lettera ai Corinzi. Nel finale della lettera si legge infatti: “Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa” (1Cor 16,19). Comunità traduce il termine greco ekklesìa, in latino ecclesia, che significa convocazione, assemblea, adunanza. I cristiani del luogo, dunque, si incontravano nella casa di Aquila e Priscilla per ascoltare la Parola di Dio e celebrare l’Eucarestia, trasformando quella casa in una “chiesa domestica”. Nell’icona, la casa sullo sfondo è bella e preziosa, per indicarne il valore come “cantiere di santità”, luogo dove si vivono le relazioni più significative e dove si costruisce la santità stessa nella quotidianità della vita.
Ogni giudeo, da piccolo, doveva imparare un lavoro manuale. Un proverbio rabbinico affermava: “Chi non insegna a suo figlio un mestiere gli insegna a diventare ladro”. Gesù stesso dimostrò che è cosa degna d’ogni rispetto lavorare con le proprie mani, imparando da Giuseppe il mestiere di falegname. Così è stato anche per Paolo, che aveva imparato il mestiere di fabbricante di tende, con ogni probabilità nella propria città natale a Tarso in Cilicia, e solo in seguito si era recato a Gerusalemme a studiare la Torah presso il maestro Gamaliele. Nell’icona Paolo è raffigurato in piedi, mentre sta lavorando e meditando nello stesso tempo, a simboleggiare che per l’apostolato sono fondamentali sia l’azione che il rapporto con Dio.
Anche per Aquila e Priscilla il lavoro, simboleggiato dal telaio, è stato l’occasione per conoscere e diffondere il Vangelo. Paolo, infatti, si stabilì a casa loro proprio perché ne condivideva il mestiere di fabbricante di tende. Le tende servivano come coperture in genere e soprattutto per i viaggi; in questo senso hanno quindi un valore simbolico: descrivono la situazione provvisoria del pellegrino, che non ha una dimora stabile e impara così a riporre la sua fiducia in Dio; ed evocano l’Esodo del popolo di Israele dall’Egitto alla Terra Promessa attraverso il deserto; in questo cammino Dio era presente tra il suo popolo, nella Tenda in cui era posta l’arca dell’Alleanza.
Aquila e Priscilla
Aquila e Priscilla rappresentano un modello per i coniugi cristiani, come ricordava papa Benedetto XVI nell’udienza del 7 febbraio 2007: “Grazie alla fede e all’impegno apostolico di fedeli laici, di famiglie, di sposi come Priscilla e Aquila il cristianesimo è giunto alla nostra generazione. Poteva crescere non solo grazie agli Apostoli che lo annunciavano. Per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l’impegno di queste famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l’“humus” alla crescita della fede. E sempre, solo così cresce la Chiesa. In particolare, questa coppia dimostra quanto sia importante l’azione degli sposi cristiani. Quando essi sono sorretti dalla fede e da una forte spiritualità, diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa. […] Onoriamo perciò Aquila e Priscilla come modelli di una vita coniugale responsabilmente impegnata a servizio di tutta la comunità cristiana. E troviamo in loro il modello della Chiesa, famiglia di Dio per tutti i tempi!”.
Mentre preghiamo per il prossimo Sinodo sulla Famiglia (Ottobre 2015), ringraziamo il Signore per la testimonianza luminosa di tanti coniugi cristiani, affidandogli quanti attraversano un tempo di fatica, perché in Lui trovino forza e consolazione!
di Luca Allaria dal n. 3/2015 della Rivista Porziuncola
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