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La collina di Montefalco e un panorama d’incanto 02 Dic 2017

La ringhiera dell'Umbria

La collina di Montefalco, che s’affaccia splendida su Spoleto e su Assisi e Perugia, anche solo dal punto di vista panoramico, è uno dei luoghi da preferire per avere una precisa idea ed una chiara visione dell’Umbria. Montefalco è stata definita «Ringhiera dell’Umbria».

Una descrizione di sole e d’incanto è quella che ce ne ha lasciato Benozzo Gozzoli, nell’abside di «S. Francesco», nella «Predica agli uccelli e benedizione di Montefalco»: vi sono da ammirare non solo la cittadina arroccata dentro le mura, su cui campeggia il falco, e le belle chiese e le torri; ma la posizione dominante l’intera vallata, da Assisi a Foligno a Spoleto.

Per alcuni secoli, sembra quasi che questo borgo arroccato e vigilante sulla valle spoletana abbia voluto gareggiare addirittura con Assisi, nel tributare venerazione a san Francesco; nel suo nome, attorno ai conventi, sotto la guida dei suoi figli, sorgono le chiese e perfino le fortificazioni civili, e fioriscono - come per incanto - le opere d’arte.

Ma per le memorie francescane, bisogna rifarsi all’anno 1215. La tradizione - appoggiata del resto su documenti di poco posteriori - fa salire quassù san Francesco, a stabilire un «luogo» per i suoi figli, nella zona legata alle prime glorie religiose di Montefalco o, come allora si chiamava, di Coccorone: presso la chiesina rurale di Santa Maria della Selvetta (attuale S. Rocco), in «campo Agelli». Qui è anche una sorgente di acqua magnesiaca, ribattezzata di recente «fonte di S. Francesco», che ha virtù curative e che si dice sgorgata miracolosamente all’ombra dell’elce prodigioso che vi avrebbe piantato san Fortunato: sicché anche nel duplice miracolo si collegano i due santi.

I Frati Minori vi stettero poco, fino al 1275 circa; ma verso il 1295 vi giunsero i frati del Terz’Ordine della Penitenza, qui chiamati da Santa Chiara da Montefalco, che ci darebbe con questo un documento di più di appartenere lei stessa al Terzo Ordine francescano. I Terziari Regolari, combattuti in quel tempo perché confusi con i fraticelli, ebbero la comprensione e l’approvazione del papa Giovanni XXII, dopo che avevano stabilito la loro dimora in Montefalco, e per questo la solitaria chiesetta di S. Maria in S. Rocco è stata da essi esaltata come «la Porziuncola del Terz’Ordine Regolare», poiché fu questa la culla del loro movimento, sotto la protezione e con la benedizione del papa.

Nel sec. XVI, dopo una breve sosta di Clarisse, il convento fu abbandonato ed è andato in rovina; resta ancora la chiesina, fatiscente nonostante le riparazioni di questi ultimi tempi, e tornata nuovamente nell’abbandono immeritato. Nessuna traccia rimane più della seconda chiesa né del convento costruito dai Frati Minori presso le mura della città in onore dei santi apostoli Filippo e Giacomo. Le peregrinazioni dei figli del Poverello sembrano aver sosta finalmente quando, nel 1338, ebbero il permesso di edificare la bella chiesa di S. Francesco, entro le mura cittadine.

Mentre crescevano i muri e prendevano forma chiesa e convento, i Minori s’impegnarono a farli decorare; i frammenti di scuola giottesca che ancora è dato rintracciare qua e là, documentano il buon gusto dei committenti e la devozione dei fedeli. Ma il momento più bello dei francescani a Montefalco fu senz’altro il periodo che abbraccia gli anni 1450-1600. E vale la pena di arrivare lassù, anche solo per ammirare il ciclo di Benozzo Gozzoli (1451-1452), che narra nell’abside di questa chiesa la vita di san Francesco, e lungo le navate la vita di san Bernardino e varie altre scene agiografiche. Attorno a Benozzo, fioriscono Ottaviano Nelli di Gubbio ed altri minori della scuola pittorica umbra, che qui si formano alla luce del Rinascimento italiano; finché Francesco Melanzio di Montefalco, Tiberio Diotallevi di Assisi, Ascensidonio Spacca di Bevagna ed il Pintoricchio, attorno al Perugino, danno prova della loro bravura, della devozione per il Santo serafico e dell’affetto che li lega ai suoi figli, con opere diffuse qua e là nelle tante chiese del luogo.

Montefalco è una delle cittadine umbre dove maggiormente si sono conservate le tradizioni artistico-culturali del nostro Rinascimento. Ma mentre presso la chiesa ed il convento di san Francesco i francescani, senz’altro coadiuvati dai migliori figli di Montefalco, davano prova nello stesso tempo di pietà, di cultura e di mecenatismo, in tutt’Italia veniva accentuandosi la differenza tra varie correnti interne dell’Ordine. A Brogliano sopra Foligno, a Monteluco di Spoleto, alle Carceri del monte Subasio oltre che in tutti gli altri piccoli romitori testimoni del primitivo Francescanesimo, si erano formati centinaia di Osservanti, che volevano riportare l’Ordine allo spirito primitivo.

Gia nel 1426, a Montefalco aveva predicato san Bernardino da Siena, chiamatovi da Spoleto: e le fazioni si erano rappacificate. Nel 1443 era vicario provinciale degli Osservanti dell’Umbria frate Antonio da Montefalco e fu lui che chiese al papa Eugenio IV la facoltà di erigere un convento per la sua famiglia religiosa, i cui membri - come dice un manoscritto coevo conservato a Montefalco - «allora erano appresso i Popoli di gran frutto, perché in gran concetto di bontà e d’integrità di costumi». Insieme a frate Antonio da Montefalco, tra i primi Osservanti che abitarono il nuovo convento, furono frate Giovanni da Efford e frate Francesco da Stroncone, morti in concetto di santità e il cui sepolcro è restato ancora in onore.

Ma dove si stanziarono i Frati Minori dell’Osservanza? Accanto al più noto e venerato santuario cittadino, presso le tombe gloriose dei Santi Fortunato e Severo: il Santuario di S. Fortunato. Qui era sorta la prima parrocchia di Coccorone (diventata Montefalco a metà del sec. XIII); ma poi vi era stata edificata accanto, sulle modeste costruzioni che dovevano servire da ospizio a pellegrini e devoti, una fortezza, che aveva ospitato la corte vescovile e i rappresentanti dei Duchi di Spoleto.

Conservate e venerate erano, nel folto bosco di faggi, le Grotte di S. Fortunato, santuario del primitivo cristianesimo (secoli III-IV); ma ben poco era restato della basilica edificata da S. Severo nel sec. V e di quella che era stata ampliata successivamente nei secoli VIII-IX. I Rettori papali avevano trasformato con volte ogivali e con abside gotica la basilica romanica; ma la furia del popolo, dopo che la fortezza e la chiesa erano state abbandonate, aveva manomesso tutto, perché non vi si rifugiassero i banditi. Frate Antonio e i suoi confratelli dovettero quindi impegnarsi in un lungo lavoro per riportare il tutto allo stato di possibile abitazione.

Ma nel frattempo, qualcosa di molto più importante era capitato proprio al p. Antonio. Nel 1449 era stato incaricato di riformare il monastero di Clarisse di Monteluce di Perugia; nel 1453 era stato inviato paciere all’Aquila in Abruzzo. E queste mansioni, che già dimostravano la grande fiducia che in lui riponeva la Sede Apostolica gli valsero l’unanimità dei voti dei cardinali, riuniti in conclave nel 1455, dopo morto Nicolò V; tanto che fu eletto papa, al secondo scrutinio. Qualcuno postulò ancora una votazione, dalla quale uscì invece eletto Callisto III.

Il fatto è documentato da tutti i testi coevi e dagli storici successivi, né si riesce a capire il cambiamento repentino dei cardinali, che in un primo momento si erano dichiarati tutti favorevoli a frate Antonio, nonostante che non facesse parte del Sacro Collegio. Callisto III continuò a servirsi di frate Antonio per missioni straordinarie, e lo incaricò di predicare una crociata contro i Turchi. Anche nell’interno dell’Ordine francescano si volle per due volte questo religioso eminente a capo dell’Osservanza, di cui due volte fu eletto vicario generale. Resta quindi uno degli uomini più rappresentantivi del primo secolo dell’Osservanza francescana.

Nel sec. XVI ormai tutti e tre gli Ordini francescani sono rappresentati a Montefalco, e così anche le tre famiglie del Primo Ordine: i Frati Minori (Osservanti) a S. Fortunato, i Minori Conventuali a S. Francesco, i Minori Cappuccini a S. Maria delle Grazie; le Clarisse a S. Leonardo; le Terziarie Regolari a S. Maria della Selvetta; i Terziari Regolari a S. Rocco. Abbiamo già parlato del mecenatismo dei religiosi nei riguardi degli artisti, che giunsero a Montefalco e vi sostarono a lungo, arricchendo il paese delle loro opere. Dopo quello di Benozzo Gozzoli a S. Francesco, il ciclo di pitture più ampio è quello che nel 1512 affrescò Tiberio d’Assisi a S. Fortunato, narrando i vari episodi della Indulgenza della Porziuncola in una cappella esterna alla chiesa (da ricordare che di quei cartoni Tiberio si servì poi, nel 1516, per gli stessi affreschi nella Cappella delle Rose alla Porziuncola).

Ma il Gozzoli aveva dipinto anche una tavola con l’Assunzione della Madonna tra angeli e santi francescani. Tale quadro, erroneamente attribuito al Beato Angelico, restò sull’altare maggiore della chiesa di S. Fortunato per vari secoli, finché fu posto sulla parete «in cornu Evangeli». Ma nel 1848 fu sottratto alla chiesa dal Comune, per farne dono al papa Pio IX, per riceverne in cambio il titolo di «città».

Trasformata in peggio nel sec. XVIII, dal 1930 in poi le strutture originarie furono restituite in parte. Cosicché oggi si presenta nelle sue forme almeno quattrocentesche, con l’abside riportata alla sua linea gotica, la facciata riscoperta nelle forme volute da frate Antonio, ed il chiostrino antistante la chiesa nella sua sobrietà elegantissima del Quattrocento. Non si può omettere una sosta nella chiesa di Santa Chiara di Montefalco, che ne conserva intatto il corpo; né al monastero di S. Leonardo, dove si ricorda una recente continuata apparizione delle anime del Purgatorio.



Arte Montefalco Osservanza TOR

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