Articolato in quattro capitoli e in un’ampia conclusione, il volume si sofferma anzitutto sul superamento da parte di Bonaventura dell’impianto filosofico greco. Questo, strutturalmente pagano, sorto cioè per esplorare e dire ciò che è da sempre e per sempre - la physis – disciplinata da leggi cui uomini e dèi devono ubbidire, da nessuno creata e a nessuno affidata, viene improvvidamente messo al servizio della Rivelazione divina. Il riferimento è all’orientamento aristotelico-tomista, dal quale Bonaventura prende le distanze. A tale linea ermeneutica, che si esprime in un sapere di carattere potestativo – conoscere come stanno le cose ai fini del loro controllo – il Dottore Serafico oppone un orientamento segnato dal primato della luce della parola rivelata, che mostra la gratuità di tutto ciò che è e si esprime in un sapere di carattere oblativo.
È l’orizzonte del Cantico delle creature, illuminato dalla benevolenza divina, di cui le creature sono orma, vestigio, immagine, somiglianza. È questa benevolenza che Bonaventura riscopre ed esalta, restituendo il creato alla fonte del suo fascino e al vivere quotidiano la misura del suo benessere. I capitoli centrali del volume ne sono l’articolazione, rigorosa e illuminante.
Oltre alla verità scientifica che dice come stanno le cose che sono - adaequatio rei et intellectus -, bisogna ammettere la verità come direzione, interrogazione o come tema che si annuncia da lontano e finalmente si impone liberando la vita a se stessa, di là da qualsiasi ordine chiuso di significati.
Sono due i percorsi, uno segnato dal rigore del sapere scientifico e sorretto dalla dimostrazione, l’altro dalla creatività del pensare filosofico-teologico e illuminato dall’interpretazione; l’uno come adaequatio, l’altro come rectitudo. Il pensiero non è unico ma plurale, alimento della libertà come trascendenza, variamente messo in luce da Bonaventura, per il quale le creature sono res e insieme sono signa.
Per dar forma a questo modo di percepire le creature e di stare al mondo Bonaventura traccia un suggestivo itinerarium ad beatitudinem che corre parallelo all’itinerarium ad paupertatem, segnato da quella libertà creativa che si dispiega nel contesto della gratuità, la cui luce si riversa su tutto ciò che è, dono fragile e divino a un tempo. È l’estetica della ‘grazia’, più che dell’armonia razionale, a qualificare le sue pagine, dal momento che sia Dio che le creature sono in quanto si danno, Dio nel mistero della Trinità, le creature nel recinto della natura, così come è la dimensione oblativa il volto proprio dell’essere, a buon diritto qualificato prioritariamente come bonum.
Al sapere metafisico di matrice greca che, affermandosi per il controllo della physis e delle sue manifestazioni, ha assunto nel tempo i tratti del sapere scientifico-tecnico, subentra con Bonaventura un sapere, umile e sapiente, riflesso di quel regno dove la ragione cede il passo all’amore.
L’indole di siffatto sapere non sarà né teorica né pratica, ma sapienziale, nel senso che il momento pratico è tra le fibre dell’aspetto teorico. È questo il tema del capitolo conclusivo.
Se sei interessato, richiedi Stare bene al mondo. L’arte di essere felici secondo san Bonaventura di Orlando Todisco (Edizioni Porziuncola, Assisi 2017, pp. 230).
Edizioni Porziuncola Orlando Todisco San Bonaventura
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